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La lingua italiana sta morendo dietro ai nuovi slang della rete

Un minuto di silenzio per le parole scomparse. Quelle di un italiano sbiadito che giace sotto una mole di scarni sms, emoticons, forestierismi e sbrigativi slang fatti di codici e sigle. L’eccesso di semplificazione è ciò che più affligge la nostra lingua scritta, stringata al punto che perfino al più classico dei ciao, come stai? fa da replica l’emoji di un pollice in su o un tt ok tnx, (tutto ok, thanks) ai limiti dell’extraterrestre.
Avanti tutta con le stilizzazioni, meglio se inglesizzate (ily2, ti amo anch’io, i love you too) e per l’acca nessuna pietà, sostituita dal più veloce k: ke fai? T kiamo? Xkè nn risp? Si potrebbe erigere proprio l’abuso del k come simbolo della deturpante innovazione dell’italiano telematico, se non fosse che, ironia della sorte, la lettera incriminata è un involontario e inconsapevole recupero di oltre mille anni fa, quando era tipica della scrittura medievale riservata ai colti, depositari del sapere.

La lingua italiana sarà sempre più povera

Per i puristi della lingua, un sacrilegio ancora più frustrante. L’uso del congiuntivo è in punto di morte, al pari del tempo futuro sostituito ormai dal presente (domani vengo da te, invece di verrò) e anche il punto e virgola non se la passa affatto bene.
La previsione per gli anni a venire è pressoché lapidaria: l’italiano sarà più povero, ridotto all’osso, pieno di termini inglesi e decisamente meno colto. A dare il triste verdetto sono gli scienziati della lingua, attraverso attente analisi sui cambiamenti in atto.
Come Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, che fa luce su un particolare aspetto, in un futuro nemmeno troppo lontano, in grado, plausibilmente, di far scomparire del tutto la lingua scritta: l’avvento dei messaggi vocali e dei programmi di dettatura.
Sono specialmente i più giovani a utilizzarli, iperconnessi e online anche nelle ore notturne. Dopotutto, le indagini di mercato non fanno che rivelare una crescita esponenziale dell’uso degli smartphone già a 10-11 anni, insieme all’insonnia da like.

Anche la calligrafia ne risente

Una tendenza che, non a caso, sempre più spesso è messa in relazione con i risultati dei test Invalsi, atti a monitorare il livello di apprendimento degli studenti del nostro Paese. Ne è emerso che, a maggio 2019, in italiano il 35% dei ragazzi è drasticamente insufficiente già in terza media, per la marcata difficoltà nell’interpretazione e scrittura di un testo anche breve.
Per non parlare della calligrafia, questa sconosciuta, e pazienza se scrivere rappresenta un fondamentale atto cognitivo e sensoriale in cui è coinvolto tutto il corpo, da cui dipende perfino la guarigione dell’anima come insegnano psicologi e psicoterapeuti.

Messaggi vocali e ricerche audio: addio scrittura

Alla dittatura degli audio che riempiono le chat dei nostri telefoni, spiega Marazzini, si aggiunge quella più recente della ricerca vocale: impartire comandi a voce per trovare informazioni o comporre un SMS senza digitare manualmente i caratteri.
Un’abitudine che non fa che aumentare quel rischio di veder scomparire l’italiano scritto, una fine dolorosa per tutti coloro che conoscono e amano la storia meravigliosa di questa lingua. Già perché prima è nato l’italiano, e solo molto dopo è venuta l’Italia, grazie alla cultura e alla letteratura che hanno creato e veicolato un’idea forte di nazione.
Ma nell’era di internet, che impone ai siti rigide regole di scrittura per apparire ai primi posti nei motori di ricerca, non c’è più posto per i virtuosismi linguistici: basta bombardare un testo con la cosiddetta parola chiave e il gioco è fatto. Una modo brutale di trattare la lingua. E per fortuna che Google, negli ultimi anni, ha deciso di invertire questa tendenza andando a premiare i contenuti di qualità.

Uso smodato di parole inglesi: l’italiano scompare

Il grande scrittore Camilleri negli ultimi anni di vita lo ha detto spesso “la nostra lingua sta scomparendo”, riferendosi a un italiano sempre più vilipeso e assoggettato all’uso di parole inglesi: una scelta giudicata dallo scrittore come pregna di provincialismo.
L’italiano è una lingua viva, e come tale in continua evoluzione: si creano nuovi termini, alcuni trionfano e altri declinano e poi scompaiono. La paura è che, levando sempre più linfa vitale alle parole, anche le radici della nostra identità cominceranno presto a rinsecchire.

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Nata a Roma nel 1984. Laureata in Lettere. Blogger e collaboratrice giornalistica

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