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Il ministro Orlando vuol chiudere il carcere di San Vittore

Al ministero della Giustizia su suggerimento di Napolitano. Racconta a Cazzullo che per la riforma intende coinvolgere l’opposizione. San Vittore va chiuso e bisogna costruire nuove carceri. Interessato a cogliere“l’occasione urbanistica” piuttosto che considerarne le conseguenze.
Domenica epocale quella del 19 ottobre per Andrea Orlando: ha ottenuto la prima pagina del Corriere della Sera. Andrea Orlando 45 anni, spezzino, maturità scientifica e nulla più, una vita passata a correre nei corridoi di partito, Pci prima poi Ds e adesso Pd, in altri tempi lo si sarebbe detto un apparatiniko, ha la spiccata tendenza a stare sempre dalla parte della maggioranza, magari pure con qualche mal di pancia.
Attualmente aderisce alla corrente dei “giovani turchi”, è alla terza legislatura e alla seconda esperienza come ministro. La prima la fece con Enrico Letta al Ministero (senza portafoglio) dell’Ambiente mentre adesso è a quello della Giustizia. Su suggerimento, si dice, del Presidente Napolitano.
In entrambi i casi competenze tutte da verificare. Renzi infatti gli avrebbe preferito Nicola Gratteri che di lavoro fa, per l’appunto, il magistrato e qualcosa ne mastica. Soprattutto Gratteri mai si sarebbe sognato di far eleggere al Csm una candidata senza i necessari requisiti. Come Teresa Bene. Ma tant’è.

Chiudere il carcere di San Vittore:

Per raggiungere la prima pagina del Corsera occorrono due condizioni: una necessaria e una sufficiente. Quella necessaria è la capacità di spararle grosse senza necessariamente dire qualcosa di sensato mentre quella sufficiente è di avere come sponsor un giornalista di peso. D’Alema per esempio sul dire non ha mai avuto problemi e si avvale della collaborazione ormai antica di Dario Di Vico.
Sulla prima condizione Andrea Orlando si sta allenando mentre come sponsor ha l’aspirante vicedirettore Aldo Cazzullo. Che però è in prestito essendo questi abituato a ben altri calibri e Renzi ne è il benchmark. Per sparata si intende una affermazione che colpisca l’immaginario e al tempo stesso dimostri quanto sia, al minimo, disinformato sul senso e sulle conseguenze chi la pronuncia. E questo è il caso. Emblematico. Già il titolo in prima pagina: «Cambio la giustizia con l’opposizione E San Vittore va chiuso», promette bene e molto spiega.
Trovare accordi con chi s’è votato leggi ad personam verrà facile solo se si starà su quella china. Alternativamente più che difficile sarà altamente improbabile, anche a mettere in campo qualità dorotee di cui, a sentir Renzi «l’Orlando pacioso» è ben dotato.

Spostare il carcere all’esterno della città:

L’idea poi di chiudere San Vittore senz’altro a molti piacerà sul piano simbolico ancor prima che su quello fattuale. Vorrebbe, il giovane ministro, rimodulare «il piano carceri, anche per cogliere l’occasione urbanistica legata a immobili di grande valore. Io sono per chiudere le carceri ottocentesche con i raggi, come San Vittore, non per riaprirlo altrove ma per sostituirlo con un carcere più piccolo e fuori Milano.»
Bell’idea quella ridurre le dimensioni visto che si parla di carceri super affollate. Nel merito: spostare il carcere storico all’esterno della città ha valenza simbolica, che è come dire nascondere la pena, ancorché civile ed umana, agli occhi dei cittadini. Che poi disquisire sulla localizzazione centrale dei simboli del vivere sociale è intuitivo ancor prima che banale.
Quindi c’è un aspetto logistico: il carcere deve essere facilmente raggiungibile soprattutto con comodi mezzi pubblici da tutti coloro che intorno alla figura del carcerato ruotano. In prima battuta i parenti: genitori anziani e famiglie con scarsi mezzi che non sempre possiedono automobili o hanno soldi da buttare in viaggi.
E poi di coloro che prestano la loro opera nell’ambito del volontariato e spesso si tratta di pensionati. Senza voler dire degli avvocati e dei giudici che è meglio se spendono più tempo nello studio delle carte piuttosto che in auto e nel traffico.

Nuove carceri o ristrutturare quelle esistenti?

Se poi il giovane signor ministro volesse informarsi sulla struttura di San Vittore potrebbe scoprire che dei sei raggi che lo compongono ne sono attivi solo quattro e che ogni braccio è dotato di cento celle e quindi se tutti i raggi fossero operativi si avrebbero a disposizione almeno seicento celle e non le attuali quattrocento.
E che, almeno in parte, il sovraffollamento è dato proprio dal deficitario rapporto tra il numero dei detenuti e quello degli spazi a disposizione. Quindi se si orlando-ministro-giustiziaponesse mano alle opere di ristrutturazione magari utilizzando i detenuti stessi molto si risolverebbe. A beneficio del ministro l’informazione che il lavoro per tutti i detenuti è un bene prezioso assai desiderato e ricercato. Una chiacchierata, anche breve, con gli operatori gli disvelerebbe il segreto.
Peraltro durante il Consiglio Comunale straordinario tenutosi nel carcere il 5 ottobre del 2012 Luigi Pagano, attuale vicecapo del Dap, annunciò che il ministero aveva sbloccato i fondi per far ripartire i lavori di ristrutturazione del IV raggio. Mentre è notizia recente che già si sia allineato al pensiero del ministro.
Capita. Non c’è alcuna necessità di consumare altro territorio con nuove costruzioni quando basta rammendare (per dirla con Renzo Piano) quanto già esistente. Senza contare che il Piano di governo del territorio varato nel maggio 2012 dalla giunta Pisapia ha definitivamente sancito che San Vittore non verrà spostato, bloccando così ogni ipotesi di speculazione edilizia.

Due domande su San Vittore:

Pare inoltre che la Sovrintendenza ai beni culturali abbia posto un vincolo e che ci sia pure l’interesse del FAI. Non ultima la considerazione che il numero degli appartamenti invenduti o non affittati a Milano è in continuo aumento. Come dire quindi che non si sente la necessità di altre costruzioni. Infine giusto un paio di domande.

  1. La prima: per la edificazione di San Vittore sono stati impiegati poco meno di sette anni, dal giugno 1872 al maggio 1879, ritiene il signor ministro di poter garantire la costruzione di un nuovo carcere in analogo spazio di tempo? O addirittura inferiore se ipotizza una struttura più piccola..
  2. La seconda: il costo dell’opera a moneta corrente è stato di 11.573.000€. Crede di poter rispettare un simile budget?

Quindi magari, a beneficio di ministri e giornalisti, varrebbe la pena prendere qualche informazione prima dell’intervista e magari essere adeguati alla bisogna, che a dire che gli asini volano più o meno son capaci tutti. E comunque è storia vecchia.

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Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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