Nel 1928 S.S. Van Dine, celebre scrittore di romanzi gialli, pubblicò sul numero di settembre del The American Magazine un articolo intitolato Venti regole per scrivere romanzi polizieschi. La prima norma elencata recita
Il lettore deve avere le stesse possibilità del detective di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
Nel caso dell’omicidio di Antonella Falcidia, uccisa sul divano di casa il 04 dicembre del 1993, gli elementi propri del giallo all’inglese, razionale e intellettuale, sembrano esserci tutti: l’alta borghesia, un delitto nella stanza chiusa, lettere minatorie, telefonate mute, casseforti serrate, missive anonime, strane impronte che non portano da nessuna parte, morti misteriose forse collegate al delitto, una scritta con il sangue che indicherebbe l’assassino. Eppure se qualcuno lo avesse scritto, questo giallo, non avrebbe rispettato la prima regola di S.S.Van Dine, perché sono passati più di trent’anni e nessuno lo ha risolto.
In questo articolo parliamo di:
- 1 Catania, dicembre 1993: Antonella Falcidia
- 2 4 dicembre. Il corpo senza vita di Antonella
- 3 Primi sospetti: il domestico dello Sri Lanka
- 4 Vincenzo Morici, marito di Antonella
- 5 Carlo Lucarelli e l’importanza della Rai in questa vicenda
- 6 Colpo di scena a 13 anni dall’archiviazione: indagato il marito
- 7 L’apparizione in tv da Franca Leosini
- 8 Cosa ha spinto a indagare Morici
- 9 Assolto per non aver commesso il fatto
- 10 Epilogo e dubbi
Catania, dicembre 1993: Antonella Falcidia
Catania è una città piena di contraddizioni, direbbe Manuel Fantoni, stretta fra il barocco di bellezza accecante, le piazze nere, le chiese maestose, e i casermoni di una delle periferie più degradate d’Italia, in cui secondo Giorgio Bocca centinaia di bambini hanno il padre in prigione e la madre prostituta, come è stretta fra il mare e l’Etna. È anche una città giovane e vivace, piena di locali e ristoranti, tanto da essere chiamata La Milano del Sud.
La famiglia Falcidia, da decenni, occupa un posto di rilievo sul palcoscenico dell’alta borghesia cittadina. Stirpe di medici, di baroni universitari, di proprietari di cliniche. Nel 1993 Antonella ha 43 anni, è una bella donna dall’eleganza un po’ démodé che la fa sembrare più vecchia di quanto non sia, ed insegna Statistica applicata alla Medicina all’Università etnea. È la nipote di Enrico, fondatore della clinica privata di famiglia e luminare della medicina catanese.
Da diciannove anni è sposata con Vincenzo Morici, chirurgo generale, aiuto di Patologia Chirurgica al Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, assistente e poi professore all’Università, che lavora anche nella Clinica Falcidia e ha due studi, uno in città e uno a Nicosia, centro noto, fra le altre cose, per aver dato i natali al Mago Forest. I due stanno insieme dai tempi dell’Università ed hanno un figlio, Riccardo, di 17 anni.
4 dicembre. Il corpo senza vita di Antonella
Sono circa le 23,30 del 04 dicembre quando Morici rientra nell’appartamento al terzo piano in via Rosso di San Secondo, trovando la porta chiusa e la tv accesa nel salotto. Soprattutto, trova la moglie a terra, fra i cuscini del divano, coperta solo della camicia da notte e da una vestaglia, in un lago di sangue. Comincia ad urlare, si getta sul corpo esanime di Antonella prendendolo fra le braccia, baciandolo e urlando Bastardi. Accorrono i vicini che allertano i carabinieri.
La scena del delitto è tutto sommato ordinata, non ci sono segni di effrazione alla porta e sono pochi anche quelli di lotta, circoscritti alla zona del divano. Sul muro, subito sopra la spalliera, qualche macchia di sangue, sulla seduta gli occhiali della Professoressa Falcidia, rotti. A terra, vicino al cadavere, tre impronte insanguinate, di una scarpa da tennis numero 36. Tutte del piede sinistro.
Colpita con 26 coltellate su tutto il corpo
Quella sera, era un sabato, il figlio Riccardo doveva partecipare ad una festa e, impaziente, aspettava gli amici che gli avrebbero dato un passaggio sotto casa. Alle 21,45 aveva citofonato alla madre per informarla che questi erano arrivati. Il marito era rientrato, si è detto, intorno alle 23,30. L’omicidio, dunque, era stato commesso all’interno di questo intervallo di tempo.
Il Medico Legale Biagio Guardabasso, oltretutto conoscente della Professoressa, effettua un primo esame esterno intorno all’una di notte, trovando il corpo ancora caldo e non riscontrando rigidità cadaverica. Antonella è stata colpita con 26 coltellate al petto, al collo, all’inguine, sul mento e in testa. Sono inoltre presenti ferite da difesa sulla mano destra, come se la vittima avesse tentato di afferrare la lama. Secondo il Prof Guardabasso, le coltellate sarebbero state inferte in un lasso di tempo che va dai cinque ai dieci minuti. A suo giudizio la vittima è stata attaccata improvvisamente alle spalle. Le lesioni presenti sul mento sono quelle che tecnicamente vengono definite di assaggio, come delle punzecchiature: il medico legale ritiene che la Professoressa sia stata neutralizzata, minacciata e interrogata.
Soprattutto, nella stessa mano destra della Falcidia, sono stretti alcuni capelli biondi. La Professoressa ha i capelli di quel colore, ma sono tinti, mentre quelli che stringe sono color biondo naturale. I primi esami li attribuiscono a un profilo femminile.
Indizi: capelli biondi e un’impronta di scarpa 36
Capelli ed impronte di una scarpa 36 spingono gli inquirenti verso l’ipotesi dell’omicidio commesso da una donna. Non sono, fra l’altro, gli unici elementi a suggerire questa soluzione. All’emittente privata Tele Etna arriva la telefonata di un testimone, naturalmente anonimo – del resto l’Italia è Terra di santi, poeti, navigatori e testimoni anonimi – che racconta di essere stato quasi investito quella sera intorno alle 23.00 da una station wagon bianca che sgommava via da Via Rosso di San Secondo, alla guida giura di aver visto una donna bionda in evidente stato di agitazione. Una chiamata anonima arriva immancabilmente anche ai Carabinieri. Il misterioso telefonista suggerisce di indagare nell’ambiente lavorativo della povera Antonella, in particolare su una Professoressa che aveva in odio la vittima per ragioni professionali e che, guarda caso, era bionda e portava il 36. I Carabinieri ricevono anche una lettera anonima, che nei gialli all’inglese non manca mai. Il mittente afferma che a commettere l’omicidio è stata la compagna del padre di Antonella, perché i due volevano sposarsi e la Falcidia era contraria.
Telefonate mute e la lettera minatoria
Non sono le uniche telefonate e lettere che compaiono in questa storia. Vincenzo Morici racconta che negli ultimi mesi era capitato più volte di ricevere a casa delle telefonate mute, particolarmente nell’ultimissimo periodo. Inoltre, pochi giorni prima, era arrivata alla famiglia una strana lettera, che recitava
Attenta a tuo figlio conosco tutti gli orari motorino scuola palestra il ritorno del sabato sera.
I giornali titolano L’epilogo è vicino. Spoiler: decisamente no.
Primi sospetti: il domestico dello Sri Lanka
La procura dispone una contro – perizia sui capelli, che vengono stavolta attribuiti alla vittima. Le testimonianze non vengono ritenute attendibili. Per quanto riguarda le impronte, vedremo poi. La cosiddetta Pista dei capelli non porta a nulla.
Viene a questo punto attenzionato un ex domestico del padre di Antonella. L’uomo, nativo dello Sri Lanka, abita nel palazzo di fronte ed è un dipendente della famiglia Falcidia nel senso più ampio del termine. Ha lavorato da Antonella, dal padre, dallo zio, ora fa le pulizie in clinica. Finisce sotto la lente degli inquirenti per via di una particolare situazione familiare.
Ha spesso litigi con la moglie, che è molto legata alla Professoressa, la quale non esita a prendere apertamente e vigorosamente le sue difese. L’uomo vuole lasciare Catania e tornare nel suo Paese con la figlia, che è però segnata sul passaporto della madre. L’uomo, secondo i carabinieri, è convinto che il documento della moglie venga conservato da Antonella, in cassaforte. Per questo motivo avrebbe aggredito la donna. Quando la sera dell’omicidio i carabinieri chiedono a Vincenzo Morici se in casa manchi qualcosa questi sostiene che non ci sia il borsello della moglie, all’interno del quale era conservata anche la chiave della cassaforte.
Il singalese esce presto dall’inchiesta
Il singalese riferisce per filo e per segno i suoi spostamenti della giornata, concludendo che in serata, fra le 22.00 e le 23.00 stava ancora lavorando, per la precisione puliva le scale del palazzo in cui abita. È stato anche visto, ed esce presto dall’inchiesta. Rimane da capire come l’assassino sia entrato in casa, se gli abbia aperto Antonella o se avesse le chiavi. Il marito, interpellato sul punto, dichiara che la porta di casa, se non chiusa a chiave, si sarebbe potuta agevolmente aprire anche con una scheda telefonica. Era sembrato strano che Antonella avesse potuto aprire ad un estraneo in vestaglia, Morici spiega però che la moglie spesso si addormentava sul divano. Se l’assassino fosse entrato usando la scheda, l’avrebbe potuta sorprendere nel sonno.
Vincenzo Morici, marito di Antonella
A proposito del marito. Contrariamente a quanto solitamente accade in questi casi non è stato lui il primo sospettato. Del resto, al di là delle prime tracce che avevano portato a ipotizzare il coinvolgimento di una donna, Morici ha un alibi. Come tutti i sabati mattina si era recato a Nicosia, per esercitare nel suo secondo studio. Era salita con lui in macchina la storica domestica di famiglia, che nel centro distante un centinaio di chilometri da Catania aveva alcuni parenti da cui passava il fine settimana. Ad Agira, piccolo comune sulla via per Nicosia, aveva prelevato un suo assistente, il Dottor Salvatore Campagna. I due avevano visitato in studio fino alle 20.00, per poi effettuare due visite domiciliari che li avevano impegnati fino alle 21.30. Si erano infine trattenuti una mezz’ora in una Trattoria della zona, ingolositi da una minestra di ceci. Morici lascia l’assistente ad Agira alle 22,30 e riparte per Catania, che dista 80 km. Il chirurgo arriva a Catania dopo le 23,15. Il suocero, che abita nel palazzo di fronte, lo vede arrivare e scendere con l’auto in garage. Dopodiché sale in casa e rinviene il cadavere della moglie.
I carabinieri incaricano il Criminologo Francesco Bruno di tracciare il Profilo Psicologico dell’assassino. Il Professore, interpellato nel 1998 da Carlo Lucarelli per Mistero in blu ritiene che l’omicida sia Un maschio di età media, di cultura medio – alta, freddo.
Carlo Lucarelli e l’importanza della Rai in questa vicenda
La trasmissione della Rai giocherà un ruolo fondamentale in questa vicenda. Nel corso dello stesso programma Lucarelli si confronta, come di consueto, anche con il Commissario Silio Bozzi della Polizia Scientifica di Bologna, la cui ricostruzione non coincide con quella del Medico Legale intervenuto sulla scena. A suo giudizio, infatti, l’aggressore si sarebbe trovato seduto alla sinistra della vittima, e questo verrebbe confermato dall’assenza di macchie di sangue su quella parte di divano e di muro. In parole povere, lì non c’è sangue perché c’era un ostacolo, una persona, che si è quindi sporcata.
Aggiunge Questo tipo di divano è stato il miglior complice dell’assassino. Ha infatti i braccioli molto alti e i cuscini molto morbidi. Di conseguenza, senza l’aiuto delle mani – che Antonella aveva impegnate nel tentativo di difendersi – era estremamente complicato alzarsi e fuggire. Era dentro una gabbia, commenta Lucarelli. La prima coltellata attinge la Falcidia al torace, ma non è letale. A quel punto l’assassino attacca le gambe, cerca l’arteria femorale. Infine sale verso il collo e le recide la carotide. In preda agli spasmi e con il sangue che le sgorga copioso dal collo, Antonella rovina al suolo portandosi dietro un paio di cuscini. Sembra un film di Tarantino, eppure sarà proprio questa ricostruzione, dopo che il procedimento era stato archiviato, a portare ad una riapertura dell’inchiesta che ha del clamoroso.
Colpo di scena a 13 anni dall’archiviazione: indagato il marito
Nel febbraio del 2006, tredici anni dopo i fatti e otto dopo l’archiviazione cui il marito si era opposto, la Procura di Catania indaga Vincenzo Morici per l’omicidio della moglie. Lo fa sulla base di un presupposto: nell’appartamento, che per la cronaca anche qui non fu sequestrato e dunque ripulito nell’immediatezza dei fatti, era stato attuato il cosiddetto Staging. Inoltre le telefonate e le lettere anonime erano un depistaggio.
Le cose sarebbero andate così: rientrato in casa Morici si sarebbe cambiato, indossando una tuta e scarpe da ginnastica. In tenuta casalinga avrebbe aggredito la moglie imbrattandosi di sangue. Si sarebbe spogliato, avrebbe occultato i panni in cassaforte – per questo aveva immediatamente denunciato la sparizione della chiave – e poi si sarebbe rimesso gli abiti che indossava quel giorno, aprendo la porta di casa a simulare il proprio rientro in quel momento e cominciando ad urlare per attirare l’attenzione dei vicini. Prima di ciò avrebbe preso una scarpa da tennis da donna e avrebbe fabbricato le impronte del piede sinistro facendo pressione con la mano all’interno della tomaia, forse avrebbe messo anche dei capelli in mano alla moglie.
Oltretutto stando alla ricostruzione di Bozzi l’assassino aveva cercato prima la femorale e poi la carotide con chirurgica precisione. Che lavoro fa Morici?
Per la serie Agatha Christie ci fa un baffo.
La ricostruzione della procura
C’è poi il tema della lettera minatoria, anch’essa analizzata da Bozzi. Effettivamente qualcosa di strano c’è. Sulla busta il destinatario è Riccardo Morici, anche se poi fin dalla prima parola, Attenta, è evidente che chi scrive si rivolge alla madre. Ancor più strano è come sia stato scritto quel RICCARDO MORICI. È scritto due volte: la prima, parzialmente cancellata, con una macchina da scrivere. Sotto, più in grande, con un normografo. Anche questo secondo gli inquirenti è un depistaggio. Chi ha scritto la lettera è l’assassino, c’è anche riferimento al sabato sera, quando Antonella morirà.
Il killer ha prima scritto il nome del destinatario con una macchina da scrivere non sua, ma della persona su cui vuole fare ricadere la colpa, perché sa che ogni macchina da scrivere lascia sulle stampe un proprio segno distintivo. Dopodiché ha finto una grossolana correzione utilizzando il normografo.
Per farla breve secondo il Pm Morici ha premeditato l’omicidio della moglie, ha fatto le telefonate mute o forse se le è inventate, ha scritto la lettera minatoria, ha ucciso Antonella il 04 dicembre e ha poi alterato la scena del crimine per far ricadere la colpa su qualcun altro. Su chi? Non è dato saperlo.
La scritta ‘ENZ’ con il sangue
Secondo una perizia, poi, una della macchie di sangue presenti sulla balza del divano sarebbe derivata dal tentativo della Professoressa di scrivere in punto di morte col proprio sangue, come in un giallo inglese, il nome dell’assassino. È riuscita però a vergare solo tre lettere: ENZ, ossia Enzo, suo marito. Ma come l’hanno fatta questa perizia, visto che il divano non c’è più? Attraverso una fotografia. La traccia di sangue verrà poi considerata da strisciamento.
C’è di più. Cinque mesi dopo Antonella muore anche suo padre, a causa di un misterioso malessere, non viene disposta l’autopsia. Lo zio, proprietario della clinica, morirà proprio nella sua Casa di cura, laddove si stava sottoponendo a un intervento di routine. In sala operatoria era presente anche Morici. A giudizio di Francesco Bruno anche i due anziani fratelli Falcidia sono stati uccisi, dalla stessa mano che ha eliminato Antonella.
Insomma, da che non c’entrava niente, Vincenzo Morici è diventato un serial killer.
L’apparizione in tv da Franca Leosini
Il 12 marzo 2007 lo arrestano e si fa 25 giorni di carcere a Catania. Nel 2009 sarà rinviato a giudizio e dovrà difendersi in Primo Grado, in Appello e anche di fronte alla Divina Franca Leosini, che lo metterà sotto torchio in Tv dopo i processi e la piena assoluzione.
Si mostra di fronte alla giornalista teso, ingobbito, sempre proteso in avanti, con le occhiaie e uno strano ghigno che di certo non lo rende simpatico. Lo guardi e ti sembra che assomigli a qualcuno, dopo un po’ capisci che in realtà è semplicemente un uomo dall’aspetto molto comune.
Per l’intera durata del colloquio apparirà freddo, talvolta falsamente accondiscendente nei confronti delle opinioni dei suoi detrattori (è la loro opinione, ripete), l’unico momento in cui perde il controllo è quando la Leosini gli chiede di raccontare la scena del ritrovamento del cadavere. Lì sembra cedere al pianto, quasi all’orrore, e chiede di interrompere.
Coppia unita o in crisi?
La Divina parte in quarta ricordando al medico, nel frattempo divenuto primario a Taormina, come a suo tempo abbondassero le insinuazioni sul prestigio che gli derivasse dall’essere entrato a far parte della famiglia Falcidia. Morici, come è giusto che sia, difende i propri studi, la propria professionalità e la propria esperienza. La Leosini gli fa anche notare come all’epoca del delitto tutti gli amici interpellati avessero parlato di coppia unita, affiatata, mentre quando il Professore era stato iscritto nel registro degli indagati le stesse persone si erano prodigate a raccontare una coppia stanca ed in crisi. Filosoficamente, Morici risponde che come sia una coppia solo quella coppia lo sa. E le labbra si schiacciano in un ghigno.
C’è poi uno scambio in pieno Leosini Style. La giornalista fa presente al medico come all’epoca del delitto questi avesse un amante e che la donna, sentita dagli inquirenti, avesse parlato di vera e propria storia. Morici derubrica la questione a semplici scappatelle, magari reiterate, ma assolutamente senza futuro, rimarcando come questa situazione sia ben diversa dall’avere un amante.
L’epica chiosa della Leosini ancora oggi furoreggia sui social: Comunque, avere un’amante o avere scappatelle non fa di un uomo un assassino. Tutt’al più in certi casi ne fa uno stronzo.
Novantadue minuti di applausi.
Cosa ha spinto a indagare Morici
A portare all’iscrizione di Morici nel registro degli indagati è stato anche il tardivo ripensamento di Campagna, il quale, con 13 anni di ritardo, sostiene di essersi reso conto che quella sera i due medici non si erano lasciati alle 22,30 ma prima, forse alle 22.00. Interrogato sul perché avesse all’epoca della prima inchiesta fornito un’informazione falsa risponde che non lo sa spiegare. In compenso aggiunge di essere convinto che l’omicidio era l’omicidio di un chirurgo. La pubblica accusa coglie la palla al balzo sostenendo come ai tempi del delitto il Dottor Campagna pagasse una certa sudditanza psicologica nei confronti del Professore di cui era assistente, sottoposto, e come spesso accade nel mondo della Medicina Delfino: mai avrebbe voluto quindi mettere nei guai il proprio mentore del quale oltretutto anelava essere l’erede al trono.
Purtroppo per lui e per i Pm sarà il nipote della coppia di osti della trattoria di Nicosia a dare una vigorosa spallata alla sua retromarcia sugli orari. Il ragazzo, infatti, era sceso nel locale per informare i nonni di essere in procinto di uscire quella sera, ed erano le 22,00. I due medici erano beatamente seduti al tavolo, a mezz’ora da Agira, a cento chilometri da Catania. Anche per questo in sentenza Salvatore Campagna verrà ritenuto non attendibile.
L’Accusa aveva fatto anche affidato al Dottor Ragazzi una nuova perizia medico legale, secondo il professionista l’ora della morte andava spostata in avanti, fra le 23,15 e le 23,30. La perizia di Ragazzi, per ragioni intuibili, si basa però soltanto su foto e atti risalenti a tredici anni prima.
L’amante e la cassaforte
È fatto accertato che alle 23,28 Morici avesse effettuato una telefonata, della durata di soli due secondi, dal proprio cellulare alla Clinica Falcidia. Il chirurgo fornisce una spiegazione tutto sommato lineare. L’avrebbe fatta sotto casa, con il solo fine di lasciare sul registro del telefonino un’ultima chiamata ad un numero pulito, che andava a sostituire l’ultima vera telefonata, che Morici aveva fatto alla sua amante. Nel 2007 questo fatto, al contrario, assurge secondo l’Accusa a causa scatenante del delitto: mentre il marito era affaccendato in altro Antonella avrebbe sbirciato nel suo cellulare, trovando la chiamata all’amante, ne sarebbe conseguito l’omicidio e i successivi depistaggi. Questa ricostruzione non sembra però fare scopa con l’idea di delitto premeditato.
C’è poi tutta la questione della cassaforte, su cui Morici è costretto a tornare anche dalla Leosini, la quale gli fa notare come durante il Processo due cugini di Antonella e un amico di famiglia fossero concordi nel raccontare come una settimana dopo il delitto il chirurgo avesse serenamente aperto davanti a loro la cassaforte con la chiave di cui aveva denunciato il furto. A smentita di questo racconto il Professore sostiene, razionalmente, che un gesto del genere sarebbe stato semplicemente assurdo.
Quella cassaforte, dice lui, fu aperta da un fabbro davanti ai carabinieri. E poi di casseforti in casa ce ne erano due. Pure questo fatto aveva creato problemi a Morici, accusato di non averlo dichiarato. Anche qui il medico ha una spiegazione logica: della seconda cassaforte lui aveva immediatamente consegnato la chiave al Capitano dei Carabinieri che l’aveva subito aperta, che bisogno c’era di dichiararne l’esistenza?
Assolto per non aver commesso il fatto
Durante la requisitoria il Pm ci va giù pesante, sostenendo che Morici aveva subito per anni il carattere fortemente dominante della moglie, mentre lui era una specie di parvenu ultimo in ordine di importanza nella gerarchia della famiglia di appartenenza e che Antonella potesse fare di lui ciò che volesse, ergerlo ad inattese vette professionali e umane o ricacciarlo in un solo istante nel grigio anonimato da cui proviene. In sostanza lui l’avrebbe uccisa per sfogare questa ormai annosa frustrazione, questo risentimento covato per una vita intera. Morici sarebbe un piccolo – fisicamente e non – uomo ghignante e dalla voce acuta che da decenni alimenta un profondo risentimento verso la donna che, di fatto, lo ha però reso quello che è. E la odia proprio per questo.
In Italia, per ricevere una condanna penale, bisogna essere ritenuti colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio, ed è innegabile che in questo giallo all’inglese il dubbio sia l’unica cosa che non manca. Anche per questo motivo Vincenzo Morici fu assolto per non aver commesso il fatto sia in Primo Grado che in Appello.
Chi ha ucciso Antonella Falcidia?
I dubbi quindi ci sono, e valgono anche in senso opposto. Chi poteva avere l’interesse ad uccidere una donna stimata e benvoluta come Antonella? Chi poteva entrare in casa senza forzare la porta, sorprenderla, ucciderla e fuggire senza che nessuno se ne accorgesse? In casi come questi quasi sempre si pensa al marito, ma il marito il tempo per commettere l’omicidio non ce lo aveva. Almeno sembra. Ha forse indotto il nipote dei ristoratori di Nicosia a fornirgli un alibi? Aveva assoldato un killer? Non ci sono evidenze né dell’una né dell’altra cosa. Va invece rimarcato come all’epoca della prima inchiesta si era battuto insieme ai suoi avvocati per impedirne l’archiviazione.
Alla Leosini che a chiusura dell’incontro gli chiede se rifarebbe tutto risponde, con quel ghigno che non può fare a meno di instillare in chi lo guarda il dubbio che in lui ci sia qualcosa di continuamente sfuggente risponde con una frase che si apre a diverse interpretazioni: Per difendermi, certo sì.
Epilogo e dubbi
Il Professore è morto nel marzo 2024 presso l’Ospedale di cui era Primario. Si era nel frattempo risposato ed aveva avuto un altro figlio.
Restano i dubbi, le ipotesi e le supposizioni. Resta il timore che questo delitto che ha sporcato di sangue l’alta società catanese, che ha strappato agli affetti una donna giovane, intelligente e stimata, che ha privato un figlio ancora ragazzo di sua madre, sia ormai da considerarsi definitivamente irrisolto.