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Misteri di Cronaca Nera

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La Strage del Cermis e la giustizia mancata

Se una grande potenza si sentisse messa in pericolo dalla verità di ciò che è accaduto a Cavalese, verrebbe da dubitare che si tratti di una grande potenza” (Claudio Magris). La grande potenza è l’America, la verità è quella sui fatti della strage del Cermis.
Grovigli internazionali inestricabili, pena la caduta dei sistemi, inciuci militari e politici, manie di grandezza, necessarie impunità, leggerezze, aggressivi giochi di guerra per difendere la pace costrinsero nell’ombra la verità obiettiva sui drammatici fatti del 3 febbraio 1998.

L’aereo Usa e l’ altezza minima dei voli da rispettare

Alle 14:35, il Grumman Prowler EA-6B, detto Easy 01, della marina militare americana, decolla dalla base di Aviano. A bordo ci sono quattro marines, i due alla guida sono il capitano Richard Ashby, che pilota l’aereo, e il capitano Joseph Schweitzer, il navigatore. Seduti dietro, si trovano i due addetti ai sistemi di guerra elettronica, William Rancy e Chandler Seagraves.
Il volo è di routine, un volo di addestramento, facente parte delle esercitazioni che si svolgono durante la guerra in Kosovo. Nessun impegno particolare, solo rispettare il piano di volo e tenersi sopra la quota minima stabilita, che è di circa 305 m dal suolo. E sulla quota minima c’è la prima annotazione: il 21 aprile 1997, infatti, l’Aeronautica militare italiana aveva emanato una direttiva chiara, che obbligava i voli addestrativi degli aerei di paesi stranieri, attivi nelle basi italiane, a rispettare una quota di volo diversa, mai inferiore ai 650 metri.
Allora, perché l’Easy 01 non la stava rispettando? Secondo il col. Tom Blikensderfer del Corpo dei Marines, che intervenne per la difesa, le nuove regole del volo a bassa quota, emanate dalla direttiva, erano cambiate solo poco prima del volo Easy 01 e gli equipaggi non ne erano ancora stati informati. Per Blikensderfer, i piloti americani di stazza ad Aviano non sapevano del divieto a volare sotto i 650 metri.

Le violazioni dell’aereo americano

Torniamo ai fatti, nel corso del volo di addestramento, in due delle sei tratte concordate, il Prowler scende sotto i 1000 piedi (poco più di 300 metri), arrivando anche a superare di 180 km orari la velocità massima consentita.
Due violazioni, quindi, volo a quota troppo bassa e velocità oltre i limiti stabiliti. Il navigatore Schweitzer giustificò l’errata quota di volo al probabile malfunzionamento del radar altimetro: “Era bloccato, la normale procedura era spegnerlo e riavviarlo. Se riprende a funzionare continui, altrimenti lasci la rotta a bassa quota. Abbiamo fatto così, ha ripreso a tracciare, sembrava tutto a posto e abbiamo deciso di andare avanti”.
Ma la conclusione delle prime indagini, condotte congiuntamente dalla commissione tecnica istituita dallo Stato maggiore dell’aeronautica militare italiana e da quella istituita dal Comando militare degli Stati Uniti, fu altra: nessun guasto meccanico, nessuna insufficienza dei mezzi, nessun evento imprevisto che potrebbero aver indotto l’Easy 01 a volare a una quota troppo bassa e decisamente incompatibile con le norme previste, con le caratteristiche morfologiche e con le strutture ubicate sul territorio.
Poi, se anche l’altimetro fosse stato in avaria, tutti i piloti sono addestrati al volo a vista, cioè a valutare la distanza del velivolo dal suolo guardando in basso.

La funivia sul monte Cermis

Ancora i fatti, mentre l’Easy 01, come detto dal navigatore, va avanti, a Cavalese, sul monte Cermis, 19 sciatori stanno entrando nella cabina della funivia per raggiungere le piste da sci. Il manovratore, il ventesimo uomo, è pronto per sganciare il freno di stazionamento, aspetta solo l’ok alla partenza.
Il Prowler, che fino a Riva del Garda ha rispettato il piano di volo, in direzione Marmolada devìa di 9 km, passa sopra Mattarello, sopra l’autostrada del Brennero ed entra in Val di Fiemme a 1000 chilometri orari.
La funivia del Cermis è partita da quasi 30 secondi, la sua velocità è di 10 m al secondo, si trova ora a 300 m dalla stazione di partenza. Anche il Prowler è arrivato lì, a 300 m dalla stazione di partenza e a 113 metri da terra, altezza cui avviene la collisione con il cavo della funivia.
Perché il cap. Richard Ashby era sceso così in basso, ancora più in basso di quei 305 metri già vietati? Impossibile credere che non si sia reso conto di quanto fosse troppo vicino al suolo. Viene da pensare che l’azzardo di quel maledetto volo a bassa quota sia stato causato da una voluta acrobazia, da una bravata.

L’aereo trancia il cavo della funivia: nessun sopravvissuto

L’aereo trancia il cavo della funivia alle 15:12:32 e, otto secondi dopo, il sismografo registra una forte, violenta scossa tellurica. La telecabina del Cermis, con venti persone a bordo, si è schiantata a terra, dopo una caduta nel vuoto durata otto secondi.
Nessun sopravvissuto. Segue un silenzio radar, poi arriva un comunicato, parla di un aereo caduto in Val di Fiemme. No, nessun aereo è caduto, l’Easy 01, in avaria per la collisione con il cavo d’acciaio, sta tornando alla base di Aviano. L’analisi di quanto accaduto in Val di Fiemme va fatto partendo dalle origini, dal perché i militari americani sono sul nostro territorio.

Perché i militari americani sono sul nostro territorio

La loro presenza deriva dal Trattato di Washington del 1949, successivamente integrato con l’Accordo bilaterale italo/americano del 1954 e con il Memorandum d’Intesa del 1995. In particolare, le due integrazioni regolano l’attività delle forze militari straniere in Italia e disciplinano l’uso delle infrastrutture loro concesse.
Quindi, per volare sopra l’Italia, è necessario rispettare delle precise regole, oggi conosciute ma tenute segrete fino al febbraio 1998; il Governo le desegretò solo dopo la strage, mettendole a disposizione del Parlamento e della giustizia.
Lo Shell Agreement, come fu denominato il Memorandum, con i suoi ultimi aggiornamenti sui modi di funzionamento delle basi USA in Italia, era sconosciuto. Valdo Spini, presidente della commissione difesa, lo ammise, confermando di non averne mai saputo nulla e aggiunse: “… Nemmeno Andreatta (che era ministro della Difesa), all’indomani della tragedia del Cermis, nel riferirne alla Camera, fece cenno all’accordo esistente”.

Chi deve controllare i voli degli aerei americani sull’Italia?

Nello Shell Agreement si legge che “Il controllo del traffico aereo è posto sotto la diretta responsabilità dell’Italia, in osservanza delle disposizioni di legge vigenti in materia e secondo i pertinenti accordi di cooperazione reciproca …” ,
poi, il Comando italiano deve essere informato, preventivamente, “… In merito a tutte le attività USA di rilievo, con particolare riferimento alle attività operative e di addestramento nonché agli avvenimenti o inconvenienti che dovessero verificarsi …”,
e “… La pianificazione e l’esecuzione di tutte le attività addestrative/operative devono svolgersi nel rispetto della normativa civile e militare della nazione ospitante. Il Comandante USA deve inoltre comunicare al Comandante italiano il calendario annuale delle esercitazioni”.
Tutto molto chiaro, ogni volo degli aerei americani sull’Italia deve attuarsi secondo le nostre regole, fermo restando che il comando operativo rimane del comandante americano della base.

Memorandum reso pubblico solo dopo la strage del Cermis

Premesso quanto sopra, viene da chiedersi: perché il Memorandum fu reso pubblico solo dopo la strage del Cermis? Il Comando italiano era a conoscenza del volo Easy 01 o gli americani fecero a modo loro?
Primo, il Memorandum fu reso pubblico perché, nella prevedibile possibilità, come poi fu, di assoluzione dei due piloti, il cap. Richard Ashby e il cap. Joseph Schweitzer, la responsabilità di quanto accaduto si sarebbe dovuta spostare su altri, su chi era ai comandi. Qualcuno, insomma, a portare quell’aereo a Cavalese, a impattare e tranciare i cavi della funivia, doveva essere stato, non si poteva negarlo.
Secondo, il piano di volo in cui fu inserito l’Easy 01, che avrebbe dovuto comprendere solo F16, unici velivoli da guerra autorizzati al volo di addestramento a bassa quota, stando agli accordi Nato, fu vistato dal Comando italiano di Aviano e inviato al centro di controllo di Martina Franca.

Un errore commesso dai marines

Nessuno si accorse della violazione, dell’errore commesso dai Marines per aver inserito l’Easy 01 in un piano di volo in cui quel tipo di aereo non era ammesso. Il telegramma del 1997, inviato dall’Aeronautica militare italiana ai comandi dell’Alleanza atlantica, comunicava la limitazione del volo a bassa quota sul territorio italiano “Solo ai velivoli del trentunesimo stormo Usa di base ad Aviano”, cioè agli F16.
Agli aerei in transito, come il Prowler, il volo di addestramento a bassa quota era proibito. E qui c’è la seconda annotazione: il Grumman Prowler EA-6B non poteva volare a bassa quota sui cieli italiani, non poteva scendere a 600 metri, ciononostante arrivò in Val di Fiemme a 1000 km orari, sfiorando i 100 m da terra.
I pm Granero e Giardina posero l’accento sulla responsabilità dei Marines ma anche su quella degli italiani, che avrebbero dovuto controllare le attività aeree degli americani.
I magistrati dissero una cosa importantissima, che spiega molti comportamenti, anche attuali, denunciarono senza giri di parole il clima di “Tendenziale soggezione rispetto alle condotte dei militari Usa …”, evidenziato dalla “… Consapevolezza della frequenza delle violazioni alla disciplina di volo commesse dai piloti degli squadroni americani, stanziati o rischierati”.

Le inchieste sulla strage del Cermis

Negli atti delle inchieste delle procure di Trento e Padova si leggono numerose segnalazioni relative a voli militari pericolosi, “… Segnalazioni spesso seguite da indagini per individuare i colpevoli, ma quasi sempre concluse senza alcun provvedimento né italiano né americano”.
Tutte le ricerche e le inchieste sul Cermis, inoltre, convinsero gli investigatori americani che l’errore era, esclusivamente, dell’equipaggio. Nessuna anomalia all’altimetro, nessuna scusante per la mancata conoscenza delle nuove norme di volo a bassa quota, nessuna documentazione valida che spostasse la colpa alla mancata segnalazione, sulle mappe, del cavo tranciato.
La stazione operativa americana, infatti, aveva le mappe che riportavano la segnalazione di tutte le funivie distribuite sulle aree di sorvolo, mappe trasmesse con tanto di ricevute di consegna. Anche le indicazioni riguardanti i modi di volo e i limiti imposti erano contenute e visibili nei documenti a disposizione del personale americano.

Responsabilità individuali e umane

I marines tentarono tutte le possibili giustificazioni, per trovare una qualsiasi via di fuga. Ma non si poteva parlare di fatalità, le responsabilità erano individuali, umane. Lo affermò chiaramente il tenente colonnello Stuart Couch:
Noi dell’accusa lo chiamiamo il gioco della colpa. Volevano dare la colpa all’illusione ottica, volevano dare la colpa al velivolo, volevano dare la colpa allo squadrone, per la mancata distribuzione di informazioni, la difesa cerca di incolpare tutto e tutti, ma la vera colpa è dell’equipaggio del capitano Ashby e del capitano Schweitzer”.
Ne era convinto pure Mark Fallon, investigatore NCIS: “L’equipaggio, con il capitano Ashby, ha cercato di pilotare quel jet più veloce che poteva, più basso possibile e purtroppo ci sono state conseguenze catastrofiche … Non c’erano anomalie nelle letture del radar altimetro, era completamente nella norma”.
Fu proprio l’investigatore Fallon a trovare il pezzo di cellophane nella cabina di pilotaggio, appartenente all’involucro di una videocassetta, che portò alla luce l’uso di una videocamera durante il volo a bassa quota e altissima velocità dell’Easy 01. I marines avevano registrato il loro volo.

I mistero della distruzione del nastro con le riprese del volo

Il nastro, che avrebbe potuto documentare, senza troppe scuse, l’operato effettivo dell’equipaggio, era stato prima sostituito con uno vuoto, poi distrutto, bruciato. Il navigatore Schweitzer lo ammise apertamente: “… Non volevo che alla Cnn andasse in onda il mio sorriso e poi il sangue delle vittime”.
Il disastro del Cermis fu causato da un comportamento di volo aggressivo, che aveva violato tutte le regole e procedure. Anche la parallela indagine sulla strage, condotta dalla commissione italiana, rilevò la responsabilità dei marines e come questi, violando norme e disposizioni, avessero potuto adottare una rotta e una navigazione a una quota molto distante dagli standard minimi di sicurezza previsti. Colpevoli.
Eppure, tutto il Corpo dei Marines riuscì a imboccare una sconcertante via di fuga, che li sottrasse alla colpa e alle evidenti responsabilità. Appellandosi alle disposizioni contenute nella Convenzione sullo Statuto delle Forze, firmata a Londra nel 1951, per cui i reati commessi nell’esercizio delle funzioni ufficiali sono di competenza dello Stato che invia le proprie forze militari sui territori dei Paesi membri della Nato, le autorità americane poterono esercitare la giurisdizione nei confronti dell’equipaggio nel proprio paese e questo capovolse il giudizio, non ufficializzato, di colpevolezza in ufficializzata assoluzione.

L’assoluzione da parte della Corte Marziale

Il 4 marzo 1999, la corte marziale assolse il pilota Richard Ashby: “Non colpevole per tutte le imputazioni”, se fosse stato riconosciuto colpevole, avrebbe dovuto scontare 206 anni di prigione, e il navigatore, l’ex cap. Joseph Schweitzer. La giuria diede ragione alla difesa, prendendo per buone tutte quelle giustificazioni che i marines avevano portato a loro discolpa.
I due finirono nuovamente sotto il giudizio della corte marziale, nel maggio 1999, per intralcio alla giustizia, avendo distrutto il nastro che documentava la loro manovra spericolata. Riconosciuti colpevoli, furono degradati e rimossi dal servizio.
Ashby fu anche condannato a sei mesi di carcere, ne scontò solo quattro, fu liberato prima per buona condotta. Raney e Seagraves neanche furono processati, erano stati giudicati non colpevoli perché non pilotavano l’aereo e avevano scarsa visibilità delle manovre.

Il ruolo degli Usa

L’allora presidente americano Bill Clinton, cercando di affievolire i toni di quello che sarebbe potuto divenire un incidente diplomatico internazionale, in un comunicato ufficiale sostenne che avrebbe fatto tutto il possibile: “… Per scoprire cosa è successo, per assicurare al popolo italiano che abbiamo fatto la cosa giusta”.
Ma la cosa giusta non fu fatta e della giustizia assicurata non se ne vide traccia. I parenti delle vittime furono risarciti, ci pensarono le amministrazioni della provincia autonoma di Trento e lo Stato italiano, poi rimborsati dagli USA ma solo per il 75%.

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