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Decreto Milleproroghe: cos’è e a cosa serve

Il voto di fiducia chiesto dal governo sul Decreto Milleproroghe ha destato notevoli polemiche che hanno visto le opposizioni accusare il Governo di aver dato luogo ad una vera e propria forzatura regolamentare. Accusa prontamente rigettata dall’esecutivo che ha del resto ricordato i precedenti in tal senso.
Alla fine, comunque, la Camera dei Deputati ha approvato la conversione in legge del decreto, approvato sin dal mese di luglio dal Consiglio dei Ministri, rispettando quella che è ormai una consuetudine.
Va infatti sottolineato come il decreto in questione rappresenti una norma che si ripete di anno in anno, con lo scopo dichiarato di impedire che vengano a scadere leggi ormai vicine al loro termine naturale e di cui si ritiene necessario salvare la convenienza. In tale veste va quindi a costituire una sorta di contenitore in grado di mettere insieme le norme più disparate.

Le misure contenute nel Milleproroghe

Tra quelle che hanno destato le maggiori polemiche in questa occasione c’è ad esempio la disposizione con la quale viene sostanzialmente eliminato il divieto di iscrizione ad asilo e scuola dell’obbligo, per l’anno scolastico in corso, ai bambini che non siano stati sottoposti a vaccinazione. Una questione che tornerà sicuramente ad agitare il quadro politico, ma che per ora passa in secondo piano grazie al Decreto Milleproroghe.
Va ricordato come il primo della serie risalga ormai al 2005, quando l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi ideò questo espediente poi diventato tradizionale, anche in caso di mutamento dei governi. Proprio il ripetersi ciclico del decreto obbliga quindi molti osservatori esterni a chiedersi quale sia la sua effettiva utilità.
La risposta è abbastanza intuitiva: con un solo voto vengono infatti ad essere risolti problemi molto diversi tra di loro che altrimenti, ove affrontati separatamente, porterebbero via molto tempo ai lavori parlamentari, rischiando peraltro il decadere delle norme.

Qual è l’iter del decreto Milleproroghe

L’approvazione deve naturalmente avvenire entro il canonico termine di 60 giorni dal momento in cui è stato approvato dal CdM, dopo il suo ulteriore esame da parte dei gruppi parlamentari, i quali provvedono ad inserire altre disposizioni che possono interessare un gruppo o un particolare politico legato al suo territorio.
Il risultato di tutto ciò si concretizza solitamente in un testo estremamente articolato, che ha spinto peraltro anche la Consulta ad intervenire, nel corso del 2012, quando la Corte Costituzionale ha infine deciso di annullare alcune delle norme contenute nel decreto di due anni prima. La motivazione che ha portato a questa decisione è stata proprio l’evidente “estraneità alla materia e alle finalità del medesimo decreto”.

Milleproroghe e interventi dei Presidenti della Repubblica

Una decisione abbastanza clamorosa e tale da spingere Giorgio Napolitano, all’epoca Presidente della Repubblica ad inoltrare una comunicazione parlamentare sia nel 2011 che nell’anno successivo, estesa anche ai Premier Silvio Berlusconi e Mario Monti per cercare di evitare un andazzo ormai generalizzato.
Se in effetti la comunicazione in questione sembra aver sortito gli effetti desiderati, stavolta le polemiche si sono andate a concentrare sul voto di fiducia annunciato dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. Anche questo passaggio, teso ad affrettare i tempi, è in effetti diventato una consuetudine ogni volta che il Decreto Milleproproghe approda in Parlamento.

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