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Misteri di Cronaca Nera

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Terry Broome e omicidio D’Alessio: storia di un delitto nella Milano bene

Quando un giornalista le chiese se avesse ucciso per amore, lei rispose: “Sta scherzando?”. Il movente non era la gelosia. Terry Broome sparò sotto l’effetto di sostanze alcoliche e stupefacenti, spinta dall’esasperazione.
Lui, Francesco D’Alessio, playboy quarantenne, ricco per nascita, giocatore d’azzardo, ex marito della modella Cheryl Stevens, fisico imponente da rugbista, appassionato di belle donne e bella vita, voleva a tutti i costi la modellina, come chiamavano Terry nell’ambiente patinato delle notti brave milanesi.
Ma lei non sopportava quell’uomo, lo scansava, ricevendo per questo pesanti e continue ingiurie; “Non volevo fare del male a Francesco – Dichiarò Terry – Volevo che la smettesse di darmi fastidio”, (Ansa 21-5-1987).

La fotomodella Terry Broome e la Milano dei vizi

Il fatto accadde la mattina del 26 giugno 1984, periodo in cui Milano era il centro internazionale della moda e del jet set. Terry, americana, originaria della Carolina del Sud, era arrivata in Italia qualche mese prima, seguendo le orme della sorella maggiore, Donna Broome, già fotomodella affermata.
Cercava una vita migliore, la possibilità di un nuovo inizio, lasciandosi alle spalle un matrimonio fallito, frequenti episodi di nevrosi e una drammatica violenza sessuale subita all’età di 16 anni, quando fu stuprata da un gruppo di uomini ubriachi.
A Milano, entrò subito a fare parte degli ambienti più esclusivi. Moda, spettacolo, gente famosa e danarosa, ville, feste, bottiglie di champagne millesimato a 600.000 lire l’una, lusso, vizi, sesso, cocaina a 150/200 mila lire a dose entrarono nella nuova luccicante vita da modella di Terry Broome. Era bella, americana, giovane, aveva 26 anni, e non le ci volle molto per attirare su di sé le attenzioni di molti.

Cocaina a fiumi e rapporti sessuali promiscui

Terry Broome e Francesco D’Alessio si erano incontrati qualche tempo prima del delitto a Casorezzo, nella villa di Carlo Cabassi (fratello del finanziere Giuseppe Cabassi), dove, secondo quanto riferì la Broome in sede processuale, la cocaina “… Veniva offerta a tutti”.
E dove, secondo le morbose fantasie di D’Alessio, la donna sarebbe stata oggetto di un’orgia con sei uomini. Terry ammise di avere avuto, in quella circostanza, un rapporto sessuale con il padrone di casa, ma negò indignata la storia dell’orgia. Terry, complici gli effetti della cocaina e dell’alcol, aveva probabilmente avuto rapporti sessuali promiscui, mai però con Francesco D’Alessio, che proprio per questo la tormentava (https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_ottobre_11/terry-broome-francesco-d-alessio-omicidio-milano-da-bere-7fb80cce-aeaf-11e7-b0c4-b8561c2586e6.shtml).
Così, non riuscendo ad avere la modellina, la riempiva d’insulti ogni volta che ne aveva l’occasione, meglio se pubblicamente.

Le offese del playboy D’Alessio perché lei lo respingeva

Poche ore prima di uccidere il playboy con due colpi di Smith & Wesson calibro 38 special, Terry, la sorella Donna e il gioielliere Giorgio Rotti, con il quale la ragazza aveva iniziato ad avere un rapporto stabile, tanto che Rotti aveva promesso di sposarla, andarono in un locale notturno, dove era anche D’Alessio.
Questo, vedendo la donna, iniziò a rivolgerle le solite ingiurie, tirando fuori la storia dell’orgia di Casorezzo: “A te un uomo solo non basta, mi disse la sera del 26 giugno …, quando lo vidi in un locale notturno dove ero andata con Giorgio Rotti e con mia sorella. Poi, via col solito gesto scurrile, un accenno di masturbazione” (Ansa, 11-6-1986).
Carlo Cabassi, nel corso dell’interrogatorio a cui fu sottoposto, confermò i modi arroganti dell’amico Francesco: “Verso sera diventava difficile da sopportare. Glielo dissi più volte, ne parlai anche alla moglie, che io stesso avevo presentato a Francesco, ma non cambiò nulla. Una ventina di giorni prima del delitto sfuggì per poco a una coltellata che un cliente di un locale notturno milanese gli aveva indirizzato per un pesante complimento a una donna. A Roma venne anche arrestato, una notte, in seguito a una lite con un poliziotto”, (Ansa, 12-6-1986).

Respinse più di 20 volte le avances di D’Alessio

Terry dichiarò di aver respinto per almeno 25 volte le volgari proposte del playboy e che la notte del 26 giugno tornò a casa molto depressa. Il fidanzato, Giorgio Rotti, le rinfacciò la storia dell’orgia, i due litigarono, e lei dovette restituirgli un anello e una catenina.
Nella testa di Terry, D’Alessio era un reale pericolo per il suo futuro, per quello spiraglio di serenità in cui si vedeva futura moglie del gioielliere. Dopo la lite, Rotti andò a dormire. Rimasta sola, Terry iniziò a bere e a fare abbondante uso di cocaina.
Non riusciva a tranquillizzarsi, cercò di passare il tempo facendo parole crociate, si stufò presto e andò a frugare in un armadio, in cerca di qualche gioco elettronico. Proprio lì, insieme ai giochi, trovò la pistola.
La vista di quell’arma mi diede una carica nuova, la forza di affrontare quell’uomo che mi faceva tanta paura. Gli telefonai, poi lo raggiunsi. Lui mi offrì della coca. Ne ho anch’io, risposi, e ne fiutai subito un po’”, (dalla dichiarazione di Terry Broome, Ansa, 11-6-1986).

Notte di alcol, cocaina e morte

A casa di D’Alessio, in via Magenta, i due cominciarono a bere e a tirare cocaina, poi il playboy ricominciò a insultarla con la solita storia: “… Ma forse a te un uomo solo non basta”, frase che spinse Terry, già preda della rabbia, a tirare fuori la pistola e a sparare due colpi contro un muro (https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_ottobre_11/terry-broome-francesco-d-alessio-omicidio-milano-da-bere-7fb80cce-aeaf-11e7-b0c4-b8561c2586e6.shtml).
Da qui, la dichiarazione è confusa, l’imputata disse di non ricordare con esattezza quanto accadde, probabilmente stordita da alcol e droga. L’ipotesi è che i due vennero alle mani, l’uomo la afferrò per un braccio, lei si divincolò e sparò altri colpi che colpirono D’Alessio al petto e a una tempia, facendolo cadere a terra.
La ragazza scappò, tornò nella casa che divideva con Giorgio Rotti e chiese a questo di accompagnarla all’aeroporto perché voleva tornare negli Stati Uniti. “Mi svegliai verso le 7:30, quando Terry mi disse che era andata a sparare a casa di Francesco. La accompagnai all’aeroporto da dove partì per Zurigo”, (dalla dichiarazione resa da Giorgio Rotti, Ansa, 12-6-1986).
Terry Broome prese il volo Swiss Air delle 10:35, arrivò a Zurigo e poche ore dopo fu arrestata e assicurata alla giustizia italiana.

Due colpi di pistola al petto e alla tempia

La notte del 26 giugno, nell’appartamento di D’Alessio si trovava anche Laurie Marie Roiko, altra fotomodella americana di 21 anni, la quale raccontò e confermò agli investigatori che quella notte telefonò una donna (Terry) per avvisare che sarebbe passata.
Verso le 6:30 arrivò la Broome, ascoltò prima della musica, poi andò in stanza da letto con D’Alessio. La Roiko dichiarò di aver sentito i due discutere e subito dopo due spari. Vide D’Alessio all’ingresso che cercava di disarmare la donna.
Ebbe paura e si andò a nascondere, sentendo altri tre colpi. Quando tornò a vedere cosa era successo, trovò l’uomo a terra sanguinante, mentre la ragazza era scappata.

Omicidio volontario sotto gli effetti della droga

La Corte riconobbe la Broome colpevole di omicidio volontario, concedendo le attenuanti generiche ed escludendo l’aggravante della premeditazione (https://www.vanillamagazine.it/la-vendetta-di-terry-broome-l-omicidio-che-sconvolse-la-milano-da-bere/).
Quindici anni di reclusione che in secondo grado, riconoscendo all’imputata di aver agito sotto gli effetti della droga e concedendo l’attenuante del vizio parziale di mente, i giudici ridussero di un anno e mezzo; un altro anno le fu poi condonato.
In carcere Terry Broome si affrancò dalla cocaina, seguì un corso di ceramica e ottenne un permesso per andare a lavorare in un laboratorio a Bergamo. A ottobre del 1987 ottenne una licenza premio e nel febbraio 1989 le fu concessa la semilibertà.

Uscita nel 1992,tornò a vivere negliUsa

Per buona condotta, uscì dal carcere nel 1992 e tornò a vivere in America. “Sono cambiata, ma non potrò mai dimenticare che ho ucciso un uomo. Sono un’assassina e lo ricorderò per tutta la vita … Vorrei un uomo accanto, tanti figli e un lavoro serio. Con la droga ho chiuso, non cadrò mai più in quell’errore … Mi auguro di poter tornare nell’ombra e di restare una cittadina anonima, come tante”, Oggi, 21-2-1992. Ma c’è un’ultima cosa di cui scrivere, un dubbio che avanzò all’epoca il padre della vittima.

Per il padre della vittima il vero assassino fu un altro

Secondo l’Avv. Carlo D’Alessio, a uccidere il figlio non fu Terry Broome ma uno degli amici presenti alla serata del 26 giugno:
Non fu un delitto premeditato, ma la reazione a un gesto violento di Francesco, che forse aveva bevuto troppo … Non è possibile che due dei cinque colpi esplosi siano stati sparati con precisione e abbiano raggiunto alla faccia e al petto mio figlio, e che la stessa mano abbia poi mancato così clamorosamente il bersaglio con gli altri tre”, (Chi armò Terry Broome?, Rete A, 18-4-1989).
Secondo il padre della vittima il vero assassino sarebbe stato un uomo che usò la modella come capro espiatorio. Carlo D’Alessio era convinto che una ragazza drogata e fragile come Terry non avrebbe potuto forzare il polso al figlio, un uomo che aveva un fisico imponente da ex rugbista, facendogli rivoltare l’arma contro se stesso:
“… Non è pensabile che una ragazza potesse immobilizzargli il braccio”. Un dubbio legittimo che rimase però irrisolto. Il caso, infatti, non fu mai riaperto.

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