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Editoria: una chiaccherata con Giorgio Mameli e il suo Riparatore di Libri

Giorgio Mameli, dopo qualche decina di racconti e due romanzi ecco arrivare il terzo. Come ti senti?
“A metà dell’opera. Ho consegnato da qualche mese all’editore un altro romanzo e sto attendendo il responso: pollice alto o pollice verso.”
Ovviamente nessuna anticipazione?
“Ovviamente.”
Parliamo di questo terzo romanzo, che ha come titolo “Il Riparatore di Libri” rispetto ai precedenti ha una grossa novità: protagonista è un uomo, mentre nei primi due ti sei calato nei panni di due donne.
“Beh, non sono io che mi sono calato nei panni di due donne, sono loro che sono uscite e si sono imposte. Le storie modellano i personaggi e i personaggi creano le storie. Le due precedenti: una persona che racconta alla figlia in coma di non averla mai desiderata e un’altra che finalmente riesce a mettere, per così dire, in squadra, psiche e corpo non potevano essere che due donne…”

Perchè ‘Il Riparatore di Libri’

Mentre Il Riparatore di Libri?
“Il Riparatore di Libri (qui la recensione con sinossi) poteva essere sia una donna sia un uomo, indifferentemente, ma…i personaggi li concepisci come concepisci i figli: sai che li desideri, che li vuoi, ma non sai come saranno fino a che non nascono. Solo allora scopri il loro sesso e con il tempo il loro carattere. Così succede a me. I personaggi sono sempre in cerca di un autore.”
Il tuo nuovo romanzo si regge per una novantina di pagine su una serie di allegorie, che sono dipendenti l’una dall’altra, anzi interdipendenti: la morte, l’amore, la vita, il senso del viaggio, il lavoro, la nascita, la scoperta continua di sé. Mi pare di capire che questa sia una sequenza circolare. E non lineare.
“Io penso alla storia, o meglio al concetto che voglio raccontare con la storia. E ci penso per tanto tempo. Spendo molta più energia a pensare che non a scrivere. E quando finalmente ho focalizzato ben bene il senso del testo ecco che questo scivola sul foglio e assume la forma più congeniale al senso dato.”
E il protagonista?
“Il o la protagonista viene fuori, per così dire, da sé. E con lui o lei anche tutti gli altri comprimari. Comprimari e non semplici spalle, perché ciascuno, come nella vita apparentemente reale, quella che si vive fuori dai libri, deve far valere la sua dignità. Non credo nei personaggi di collegamento o di passaggio. E comunque, non mi piacciono.”

La scelta di concentrare un libro in pochi secondi

Ruggero, il calzolaio pugliese, è uno dei personaggi
“Dei comprimari.”
Sì, scusa, è un comprimario decisamente interessante: l’allegoria del lavoro, dell’amore per il lavoro. Perché l’uomo nasce per lavorare, fai intendere.
“Più per fare cose, per costruire qualcosa, che per lavorare secondo l’accezione corrente. La differenza può apparire sottile, ma è sostanziale. Comunque, lo fa Ruggero, lo fa il pescatore Salvatore, lo fa il basco Jurtzi… lo fa il riparatore di libri… insomma in qualche modo lo fanno tutti.”
Ecco, bene, cosa fa il riparatore di libri?
“Risistema il senso dei ricordi. Di un ricordo non puoi cambiare i fatti, quelli sono e quelli restano, ciò che hai detto è detto, ciò che hai fatto è fatto. Però puoi rivedere, ripensare, capire meglio, alla luce delle esperienze di vita, la loro interpretazione-spiegazione… Non tanto il come, quanto il perché. È quello che succede nel ricordo della relazione tra il riparatore e Claudia-Venere.”
Un altro aspetto che mi ha colpito nei tuoi romanzi è la durata scenica: circa tre ore in Mia madre mi ha abortita quando avevo 56 anni, dieci sedute psicoanalitiche per Io sono Bianca e una manciata di secondi per Il riparatore di Libri
“Il tempo non esiste: Parmenide, Nietzsche, Einstein…Quello che conta non è il tempo cronometrico, ma quello relativo e dentro quello relativo ci può stare una vita e molto più di una vita.”

L’attuale situazione dell’editoria italiana

Voltiamo pagina per un momento: cosa pensi della attuale situazione dell’editoria?
“È un discorso lungo e complesso. In estrema sintesi: si pubblica tanto, probabilmente troppo, la vita di un libro sullo scaffale dura, se va bene, un paio di mesi e poi lo si considera vecchio e lo si rende all’editore. Non voglio generalizzare, ma ho impressione che molti editori anziché cercare l’opera su cui puntare ne buttino in pasto al mercato più che possono e aspettano che dalla grande offerta emerga il jolly fortunato. E poi c’è l’abbinata editore-distributore, quando non è anche proprietario di media di massa. Forse questa ricetta non fa bene alla letteratura. Ma così è. Per fortuna ci sono editori indipendenti che lottano tutti i giorni con le unghie e coi denti. E molti, fanno selezioni severe e puntano sulla qualità.”
Infine ancora due domande, la prima: perché non ha nome il riparatore di libri e chi è?
“Ti rispondo in senso inverso: tu sei il tuo riparatore di libri, come lo sono io, come lo sono tutti. Ecco perché non ha nome. Sarebbe stato riduttivo dargliene uno.
Quanto c’è di autobiografico nel Riparatore di Libri?
“A parte la Volkswagen grigio topo? Nient’altro”.

Pubblicato in Interviste

Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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