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Privatizzazione Poste: una operazione all’italiana

Un’operazione sbandierata da tempo e che adesso diventa reale; se avrà benefici e quali e quanti questi potranno essere è tutto da vedere.
Certo è che adesso l’operazione privatizzazione di Poste Italiane, che pochi mesi fa a fine 2013 era stata chiamata a partecipare al salvataggio Alitalia sottoscrivendo 75 milioni di euro dell’aumento di capitale da 300 milioni totali, è reale a seguito dell’ ok arrivato dal Consiglio dei ministri con l’approvazione di due decreti ministeriali che, oltre alle Poste, riguarderanno anche la privatizzazione dell’ Enav, l’ Ente nazionale per l’aviazione civile.
Una privatizzazione, quella delle Poste Italiane, che vedrà un percorso articolato per giungere alla fine ad un risultato già delineato nelle intenzioni del governo: una dismissione parziale, una vendita del 40% del capitale dell’ azienda attualmente controllata dal Ministero dell’Economia.
Un’ operazione secondo molti all’italiana, nell’ accezione di dubbio e sospetto, che dovrebbe portare entro l’anno circa 4 miliardi nelle casse dello Stato (la valutazione totale di Poste Italiane è quindi indicata tra i 10 ed i 12 miliardi di euro).

La privatizzazione di Poste Italiane:

Finalità dell’operazione, come ovvio, incassare qualche miliardo di euro per consentire al nostro paese di ridurre parzialmente il debito pubblico. È il caso di sottolineare il ’parzialmente’ perchè il debito pubblico italiano è di tutt’altra consistenza e 4 miliardi o anche poco più sarebbero una goccia nel mare.
Questo è dunque il valore stimato per il 40% del gruppo Poste Italiane e l’operazione dismissione dovrebbe richiedere al massimo sei mesi di tempo. Un percorso di privatizzazione che prevede, come anche per il caso della suddetta Enav, una cessione di quote parziali e non quindi del controllo dell’azienda. Che resterà saldamente nelle mani dello Stato il quale continuerà a detenere il 60%, quota ampiamente maggioritaria.
Tra l’altro il progetto di privatizzazione delle Poste Italiane prevede anche di destinare una parte delle azioni quotate in borsa (e quindi una parte del 40% che finirà nelle mai dei privati) ai dipendente dell’azienda stessa; tale quota, minoritaria, dovrebbe essere intorno al 5%.

Le privatizzazioni in Italia:

Una privatizzazione parziale che consentirebbe allo Stato, al tempo stesso, di incassare qualche soldo e di mantenere il controllo della azienda; una sorta di compromesso ma d’altra parte non certo nuovo per chi conosce le cose del nostro paese. Si perché la storia delle privatizzazioni in Italia è piuttosto recente ma comunque ricca di esempi simili a quello in progetto per Poste Italiane.
È negli anni ’90 che si assiste al boom di questa pratica con una serie di dismissioni di aziende di Stato: Iri, Eni, Enel ed Ina, tanto per citarne alcune. Aziende privatizzare il cui pacchetto azionario resta saldamente nelle mani del Tesoro che ne è azionista di riferimento. Esattamente come le Poste Italiane, che sempre negli anni ’90 vengono privatizzate e trasformate in società per azioni il cui pacchetto azionario è controllato al 100% dal Tesoro. Una privatizzazione a metà o quantomeno sui generis.

Servizi postali all’estero:

Il collocamento graduale di quote di Poste Italiane ricalca quanto avvenuto in alcune realtà estere con privatizzazioni di servizi postali: in Germania le poste tedesche, Deutsche Post, sono state privatizzate nel 2000 e lo Stato ha man mano dismesso la propria percentuale fino a scendere all’attuale 21%. Così come in Inghilterra, dove le note poste britanniche nota Royal Mail sono state di recente parzialmente privatizzate; il 33% è per l’esattezza la quota dismessa che ha fruttato al governo inglese una cifra stimabile all’incirca in 3 miliardi di sterline.
Casi esteri di dismissioni parziali e graduali dei servizi postali di Stato che hanno portato soldi nelle casse governative; ma l’operazione che dovrebbe avvenire qui in Italia sembra non convincere tutti. Per una serie  di motivi.

Businness di Poste Italiane e rami d’azienda:

Detto già dell’impatto economico non certamente eclatante che potrebbe avere sul debito pubblico italiano, vi è un altro aspetto sempre economico che ha suscitato dubbi e perplessità; le Poste Italiane sono una azienda che, attualmente, produce profitti. E nemmeno pochi. Per l’anno 2012 ad esempio, si è arrivati ad una soglia di utili netti pari a 1.032 milioni di euro, per un totale di ricavi pari a 24 miliardi (1).
Cifre importanti e che, da quando l’azienda verrà parzialmente dismessa a privati, lo Stato italiano dovrà iniziare a dividere con i futuri azionisti. Come le Poste riescano ad ottenere questi importanti risultati economici è cosa risaputa; il gruppo negli anni si è differenziato ed oggi è presente in diversi campi. Si va dalla classica consegna delle lettere, il servizio di posta per l’appunto, che viene svolto in regime di monopolio e per il quale le Poste Italiane ricevono contributi dallo Stato. E che è un business attualmente in perdita (2).
Altri campi nei quali il gruppo è presente, e dove ottiene risultati decisamente più incoraggianti, sono quello finanziario (Bancoposta), nel quale il gruppo Poste Italiane gestisce per conto dello Stato la raccolta di buoni fruttiferi e dei conti correnti postali, ricevendo anche qui finanziamenti pubblici. Tra l’altro i buoni risultati economici in questo settore sono dovuti anche al fatto che il gruppo esercita attività bancaria senza dover riconoscere ai dipendenti stipendi da lavoratore di banca. Che, come facilmente intuibile, sarebbero più dispendiosi (3).
Altra area nella quale il gruppo è presente è quella relativa ai servizi assicurativi; che oltre ad essere quella che produce maggiori ricavi è anche l’unica a non ricevere aiuti di Stato.

Perplessità sull’ operazione privatizzazione Poste Italiane:

Un’azienda che produce utili quindi, e che adesso dovrà dividere questi con i nuovi azionisti privati che acquisteranno le quote. Ma d’altra parte questa è la regola del mercato. Anche perché, come detto, Poste Italiane resterà comunque una azienda non contendibile per i privati visto che il 60% continuerà ad essere saldamente nelle mani dello Stato che avrà ancora vantaggi garantiti; quali ad esempio quello di detenere il monopolio sul settore delle poste (e qui sorge un atro dubbio: può una azienda che detiene un monopolio vedere al suo interno la presenza di privati?) e continuare a ricevere contributi dallo Stato.
Insomma, una posizione dominante forte quando invece in molti avrebbero visto meglio una deregulation per quello che riguarda il servizio di corrispondenza (che come detto attualmente le Poste detengono in esclusiva) al fine di aprirsi al libero mercato a tutto vantaggio dei consumatori. Che poi questo dovrebbe essere il senso e la finalità di tutto. Una privatizzazione, quella di Poste Italiane, in perfetto stile italico.


Fonti:

  1. http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-03-27/poste-italiane-utili-oltre-162650.shtml?uuid=AbuQU7hH)
  2. http://economia.panorama.it/aziende/poste-italiane-privatizzazione
  3. http://economia.panorama.it/aziende/poste-italiane-privatizzazione
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