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Legge Fornero e imbrogli di Stato: storia di chi dovrà lavorare 49 anni

Il lavoro precario esiste in Italia dagli anni ’70. La protagonista di questa storia (purtroppo) vera ha perso sette anni di contributi non versati da un Comune dell’hinterland milanese. Dovrà lavorare sette anni di più per raggiungere il diritto alla pensione. Per la Fornero un caso comprensibile e rispettabile, ma non considerato.
Si dice che il tempo lenisca tutti gli affanni e poco alla volta ci si abitui a tutto. Elsa Fornero ne è un tangibile esempio. Dopo lo scioglimento dell’esecutivo Monti di cui faceva parte è sparita sia dai mezzi di informazione più frivoli – dove discettava di abiti firmati mentre la sua legge metteva sul lastrico migliaia di famiglie – sia da quelli ritenuti autorevoli.
Da qualche mese invece diverse trasmissioni televisive e radio hanno ripreso ad intervistarla sia sulla sua legge sia su futuri scenari economici. Elsa Fornero risponde ad ogni domanda compitamente scandendo ogni singola parola e con la pedanteria che gli italici hanno imparato a conoscere – ahiloro – ripete la giaculatoria di sempre.

Perché fu fatta la legge Fornero

La legge Fornero andava fatta perché: lo chiedeva l’Europa, perché i mercati, perché il deficit, perché la spesa pubblica e via giaculatorando. Naturalmente omette di dire l’unica cosa vera e sensata: lei, e l’intero governo Monti, è andata a prendere i denari non dov’erano ma dov’era più facile arraffarli. Non mettendo nella vicenda alcuno sforzo di ragionamento, inventiva e, meno che mai, di creatività.
Durante le trasmissioni La Fornero ascolta con visibile pazienza gli interventi degli ascoltatori che presentano casi drammatici e di evidente ingiustizia. A questi risponde con arrogante sufficienza qualcosa del tipo: «tutti i singoli casi sono comprensibili e rispettabili, ma bisogna tener conto del dato generale
Dimenticando che, come diceva il principe De Curtis: «è la somma che fa il totale.» Fosse andata più spesso al cinema avrebbe causato meno danni.
Quello che segue è uno dei tanti casi personali, «comprensibili e rispettabili», sui quali la Fornero, che è un tantinello choosy, è passata sopra come un carro armato tanto lei dalla legge che porta il suo nome non è minimamente toccata. Quando l’ha scoperto ha senz’altro tirato un sospiro di sollievo.

Testimonianza reale: assunta, ma precaria, da un Comune nel milanese

La storia che segue è vera come la sua protagonista. Tutto cominciò nel 1978 quando la signora Diotima (nome di fantasia che tanto piaceva a Robert Musil) aveva 21 anni. Dopo aver ottenuto un diploma parauniversitario, che oggi equivale ad una laurea triennale, ed aver spedito molte lettere, viene assunta da un Comune dell’hinterland milanese. Assunzione precaria. Già perché anche allora esisteva il precariato.
La signora Diotima è costretta ad aprire la partita IVA che dopo qualche tempo le verrà fatta chiudere per essere assunta con un altro contratto, bizzarro il giusto, per poi planare su un contratto a progetto.
In tutti i contratti firmati si dice che “ è stato deliberato l’incarico d’opera professionale” e che “i limiti temporali del rapporto, dato il carattere precario dell’incarico, non comportante subordinazione gerarchica da parte della S.V. e che quindi non instaura un rapporto di dipendenza con questo Ente”.

Dopo 7 anni assunta in regola: ma non può riscattare i contributi

Inutile dire che la signora Diotima firmava atti ufficiali che obbligavano “questo Ente” ad erogare prestazioni e servizi. Un non-sense, per non dire buffonata, che neanche nelle comiche di Stanlio ed Olio.
Comunque com’e come non è questa storia va avanti per ben sette anni, con rinnovi annuali, quando finalmente il Comune decide di indire un concorso. Diotima partecipa e lo vince, d’altra parte aveva maturato una bella esperienza settennale. Alleluja.
A quel punto Diotima chiede di poter riscattare i sette anni pregressi e di versare all’Inps i contributi dovuti. Per intenderci quelli che avrebbe dovuto versare l’ente pubblico. Naturalmente, come nei migliori melodrammi l’ente pubblico risponde indignato che la cosa non si può fare.
E così sette anni di lavoro e di mancati contributi passano in cavalleria, ovvero sono buttati. Non ci sono mai stati. E l’Inps ha perso sette anni di contributi.

Tipologia di lavoro svolta presso il Comune

Quello svolto dalla signora Diotima in quel Comune non era un lavoro da scrivania, troppo facile, ma di territorio. Si doveva confrontare quotidianamente con situazioni socialmente complesse, spesso con famiglie emarginate e maggiormente bisognose di aiuto nelle zone degradate del territorio.
Uno di quei bei lavori che mettono l’operatore a contatto con le miserie della vita, anche le più turpi, che caricano di angoscia e richiedono grande forza d’animo per non lasciarsi scoraggiare ed abbattere.
Lo si può definire un lavoro usurante non tanto nel fisico quanto nella mente. Ma far capire questo sottile passaggio ad una professoressa di economia politica con un diploma di ragioneria è un’impresa disperata. E non lo stanno considerando neanche oggi quei simpatici parlamentari e sindacalisti che stanno stendendo la lista dei lavori usuranti.

Per l’Inps ha lavorato 35 anni e non 42

Si arriva ai giorni nostri e la signora Diotima constata che per l’Inps lei ha lavorato solo 35 anni e non 42 come in effetti è successo e che per raggiungere la pensione – che un parlamentare raccoglie a 60 anni e dopo solo 5 anni di versamenti – dovrà lavorare ancora un bel po’ di annetti.
Risultato finale, la signora Diotima lavorerà fino a sessantasette anni, come prescrive la legge, figurando di averne lavorati solo per 42 quando in realtà saranno stati invece 49. Questa è una delle somme che compongono il totale della legge Fornero. Naturalmente sul versante Inps si tace.
Ultima chicca: essendo la Signora Diotima una dipendente pubblica quando finalmente, dopo 49 anni di lavoro, andrà in pensione dovrà attendere altri due anni per ricevere la liquidazione o Tfr. E neanche tutta intera.
Non come un qualsiasi deputato che, se non rieletto o non ripresentato, riceve in tempo pressoché reale, una bella liquidazione: pari all’80% dell’indennità parlamentare per ogni anno passato in parlamento. Evviva.

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Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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