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Satira

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Il sobrio Mario Monti se ne va. Barcollando

Una tra le tante cose tristi che ci sono al mondo è vedere chi è stato di qualcosa fondatore affondare lontano dalla sua creatura. E questo è lo spettacolo che Mario Monti sta regalando con la sua (pen)ultima azione politica. Anche se con ogni probabilità non sarà né l’ultima e forse neanche la penultima.
Il grande girone della politica, si sa, è animato da una potente accelerazione centripeta che, come ha ben spiegato Isacco Newton (guarda un po’ chi tocca scomodare per simili bagatelle), fa sì che i corpi tendano verso il centro.
Di questo genere è anche la forza di gravità per cui tutti i corpi tendono verso il centro e la città di Roma, segnatamente Palazzo Madama, sede del Senato, e Palazzo Montecitorio, sede della camera dei deputati, debbono essere stati dotati di una sovradimensionata forza di gravità. Attirano. Attirano i sedicenti politici tanto e forse più di quanto le carte moschicide (per essere urbani) attirino le mosche.
Il sobrio Mario Monti non è sfuggito alla regola nonostante abbia raccontato a tutti e fino allo sfinimento che la sua mamma non voleva che lui si occupasse di politica. E che anche sua moglie paventava che «lo si chiamasse a Roma.»

La scelta di scendere in politica:

Con ogni probabilità la signora Elsa aveva ben capito il tipo di contesto e con certezza anche com’è fatto Marione suo. Ché un conto è fare il professore o l’algido commissario europeo, in entrambi i casi il rischio è nullo e soprattutto si è ben spalleggiati dalle istituzioni (che sono ambedue un po’ totali) e un conto è giocare in proprio e senza rete. Che per quest’ultima esperienza ci vuole un bel po’ di fegato oltre che di creatività e lungimiranza. E certo, a ben vedere, nessuna delle due è proprio dote da professore.
Ma a compenso c’è l’aspirazione un po’ piccolo borghese di essere in cattedra e ben sotto agli occhi di tutti. E se Dante, per un tragico personaggio, scrisse che più che l’amor poté il digiuno per chi di tragico ha solo il desiderio dell’apparire si può ben dire che più che la ragion poté l’ambizione. Che come noto obnubila anche le menti eccelse ammesso e non concesso che sostantivo e aggettivo possano viaggiare a braccetto.
Già all’inizio ci fu la stucchevole manfrina del “vengo non vengo” poi quell’opaco passaggio della nomina a senatore a vita che non pochi giudicarono più come un prezzo, un po’ salato, da pagare che come omaggio a chissà quali meriti.
E ancora la noiosa ripetizione nel chiedere «come posso essere utile al Paese» che faceva venir voglia di rispondere col motto dei carabinieri «aduso obbedir tacendo». Anche se di tacere il professore non aveva punto voglia.
E poi quel parlare indiretto fatto di «prenderò in considerazione l’idea di appoggiare chi mi vuole leader» fino a quando parlando di amnistia per Berlusconi se ne uscì con un farisaico «sono non favorevole» che a dire «sono contrario» gli sarebbe venuta l’orticaria. Giochetti sempre fuori luogo. Senza dimenticare del continuo sbandierare la propria diversità che se a parole, forse, ci stava nei fatti era scarsina.

Il futuro di Mario Monti:

Poi quel gergo da stregone della finanza fatto di “i mercati, la crescita, lo spread (nomignolo affibbiato pure all’innocente nipote), la produttività, la spendig review” risultava irridente per chi i sacrifici doveva farli per davvero. La parola meno usata è stata “equità” che probabilmente nella storia poche volte è stata così tristemente manipolata e soprattutto svillaneggiata.
Fino ai passaggi elettorali che hanno dimostrato come non fosse il mestier suo: non aver saputo leggere i sondaggi che lo davano ben lontano dalla vittoria e aver dimostrato una disarmante incapacità nella impostazione strategica del marketing politico. Abbracciare cani e fare il tour delle tv non è far politica. Fosse stato all’università gli avrebbero imposto il salto d’appello. Penoso.
E poi la voglia frustrata di essere presidente del Senato e quindi l’ondivago rapporto con la sua creatura fatto più di “vado-torno-resto” che non di impegno reale. Adesso è nel gruppo misto e siede con i recenti ex di mezzo mondo che nessuno si fila neppure di striscio salvo durante le epidemia di raffreddore (o salmonella) per puntellare il governo di turno.
Tristezza. E anche poca sobrietà anzi l’opposto. Peraltro se il barcollare fosse dato da qualche goccio di troppo sarebbe meglio che averlo generato dall’ira sorda dell’ambizioso frustrato e bilioso.
Un consiglio al professore: ha appena avuto un incarico in Bocconi, probabilmente qualche azienda ancora lo chiamerà per avere suoi vaticini e comunque gli resta sempre quel seggio piovuto dal cielo che non è neanche tenuto a scaldare con regolarità quindi si quieti ed affronti con calma la sua era di pensione. Pensi ai molti che con il suo determinante contributo la pensione la vedono allontanarsi giorno dopo giorno.

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Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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