Questa è una storia pasoliniana fuori tempo massimo, perché il grande poeta friulano era morto da 15 anni, quando quella mattina, in una discarica abusiva di Corcolle, venne rinvenuto un cadavere che sembrava un bambolotto.
Se fosse stato ancora vivo, PPP, ne avrebbe certamente scritto. Non solo per la curiosità, la coscienza civile, che sempre lo avevano animato, non solo per la tensione fra mondo proletario e mondo borghese, per la tensione dei proletari che vorrebbero essere borghesi ad ogni costo che la muove, non solo perché i protagonisti sono in tutto e per tutto dei Ragazzi di vita del loro tempo, non solo perché è una carrellata di scene ed immagini che rimandano a Salò o le 120 giornate di Sodoma, l’ultimo suo film, che sbrigativamente ed erroneamente, qualcuno vuole far passare per il suo testamento, non solo perché è una storia intrisa di furiosa disperazione.
Ne avrebbe scritto per via dei luoghi.
In questo articolo parliamo di:
- 1 Domenico Semeraro e i luoghi di Roma teatro della sua storia
- 2 La storia del ‘Nano di Termini’
- 3 Il professore più piccolo d’Italia: 130cm
- 4 Il Nano di Termini diventa famoso
- 4.1 Quella capacità di manipolare la mente degli altri
- 4.2 Il fascino morboso e il forte impatto sugli sbandati della Stazione
- 4.3 Annunci che promettevano lavori nel cinema
- 4.4 Armando Lovaglio
- 4.5 La somministrazione di droghe e gli approcci fisici
- 4.6 Fare soldi con attività non proprio lecite
- 4.7 Un ragazzino attratto dal suo mentore
- 5 Samantha
- 6 Liberazione
- 7 Il corpo esanime del Nano
- 8 Il processo
- 9 Le sentenze
- 10 Finale
Domenico Semeraro e i luoghi di Roma teatro della sua storia
Sa essere maestosa in molti modi, Roma; e i luoghi che fanno da sfondo a questa storia lo sono a loro modo. Palazzi umbertini, imponenti e squadrati ma insolentiti e incupiti dall’incuria e dal degrado, dal sovraffollamento di persone che si stabiliscono lì, poco distante dalla Stazione Termini, chissà se per la comodità di non allontanarsi troppo quando si arriva o per la tranquillità di sapere di essere vicini se ci sarà bisogno di fuggire.
È qui che Domenico Semeraro, nato ad Ostuni, paese di pietra bianca in una Puglia che sta per farsi Salento, traccia i confini della propria misera e miserabile esistenza: fra le strade che si snidano dalla Stazione, ghetto di quell’epoca come di questa, zeppe di pensioncine e alcove da due ore, popolate da spacciatori, stranieri, mignotte, magnaccia e travestiti, scappati di casa, marchettari che si vendono per una dose, un bicchiere, per potere, almeno una notte, dormire al caldo.
Partito da Brindisi per trasferirsi a Roma
Napoleone Bonaparte diceva che per comprendere veramente un uomo bisognerebbe conoscere com’era il mondo quando aveva vent’anni. Essendo nato nel 1946, Semeraro, Mimmo per tutti, vent’anni ce li ha avuti nel pieno del boom economico, a ridosso del Sessantotto che spazzò via perbenismo e conformismo, suggerendo come meritasse piena dignità e libertà anche chi stava dall’altra parte, quale che fosse.
Sentiva gridare dentro di sé la voglia di morderla, azzannarla, berla fino all’ultima goccia, la vita. Per questo aveva lasciato il paese in provincia di Brindisi in cui era nato per stabilirsi a Roma, nel dedalo di strade che abbracciano la Stazione, dove c’era spazio per tutti i Freaks in cerca del loro posto nel mondo.
Perché Domenico Semeraro era alto un metro e trenta centimetri e la sua brama di vita poteva saziarla solo lì.
Era dovuto arrivare un altro scrittore, Pier Vittorio Tondelli, nel 1980, per sbattere in faccia ad un Paese bigotto quello che succedeva nelle stazioni e nei dintorni, quando con il suo Altri libertini scandalizzò il democristiano che si nasconde in ogni italiano raccontando con vivida chiarezza la promiscuità, la vitalità erotica, stupefacente e orgiastica, per qualcuno squallida, che popolava i confini dei binari.
Eppure era sempre stato così, chi sfuggiva alle etichette e cercava un luogo in cui non erano previsti giudizi, andava in stazione.
La storia del ‘Nano di Termini’
Questa storia avrebbe affascinato Pasolini anche perché al suo interno trovano spazio pure le tare familiari, il vecchio e stantio adagio secondo cui le colpe dei genitori ricadono sui figli. In ultimo, gli sarebbe piaciuta perché quando esplose di fronte all’opinione pubblica, si poté assistere a una stortura molto contemporanea. Quella della vittimizzazione del colpevole e della colpevolizzazione della vittima.
Perché a morire fu Il Nano della Stazione Termini, ma la situazione, direbbe qualcuno, è un po’ più complessa.
Il professore più piccolo d’Italia: 130cm
Quando è ancora ad Ostuni, Mimmo, lavora in una pompa di benzina per potersi permettere la scuola serale. Vuole studiare, conoscere, perché sa che per un uomo nella sua condizione questa è l’unica maniera per emergere, per sognare, per viaggiare. Per trasferirsi a Roma. È intelligente e caparbio, infatti riesce rapidamente nell’impresa.
Si stabilisce in via Castro Pretorio 30, a pochi passi dalla Stazione Termini, in un palazzo oggi ristrutturato e gradevole ma che all’epoca poteva essere preso a vessillo del degrado della zona. È stato assunto come insegnante di applicazioni tecniche presso tre scuole medie della Capitale; una delle colleghe dell’epoca, al processo, lo descriverà come un concentrato di contraddizioni, perverso e torbido.
Durante il periodo da insegnante comincia a manifestarsi in Mimmo un Ego ingombrante, che lo porterà a rivolgersi spesso a giornali e rotocalchi per invitarli ad occuparsi di lui. In questo modo arriverà alla copertina della rivista Annabella, che titola Il Professore più piccolo d’Italia e lo intervista come se fosse un volto conosciuto. Il Professore si dichiara alla ricerca dell’anima gemella, millanta relazioni passate con donne altissime e molto sexy. Si rivolge ai giornali perché pubblichino un annuncio sentimentale (al tempo era pratica diffusa): venticinquenne benestante, laureato, attore, lieve difetto, cerca anima gemella scopo matrimonio.
A questa inserzione risponderà Tania, una sedicenne, e i due iniziano una relazione che Mimmo si premura di rendere nota ai giornali, rilasciando interviste in cui ammette che, pur essendo la sua fidanzata non così alta, sono intenzionati a convolare a nozze.
Il fidanzamento e l’accusa di violenza sessuale
Convoleranno invece in tribunale, allorché la famiglia della ragazza lo accuserà di averla violentata. Semeraro, facendo sfoggio di una capacità affabulatoria che lo accompagnerà per tutta la vita, convince il giudice che un uomo alto un metro e trenta apparirebbe ridicolo nel tentativo di violentare una ragazza.
Durante il colloquio con un giornalista del Paese Sera, Massimo Lugli, si lancia in un gran discorso sul diritto all’affettività per le persone disabili e chiede che sia chiarito come sia alla ricerca di una donna affetta dalla sua stessa tipologia di nanismo, ossia quello armonico. La figura di Domenico, infatti, è quella di un uomo in miniatura, non c’è sproporzione, come nella maggior parte dei casi di nanismo, fra la grandezza della testa e del tronco e quella delle gambe. Lugli non pubblicherà questa specifica per una questione di delicatezza e si guadagnerà così gli strali del Nano che, una volta letta l’intervista sul giornale, gli manderà una lettera furente ricoprendolo di insulti.
Passione per la tassidermia: l’imbalsamatore
Ad un certo punto Semeraro chiede di essere trasferito, ufficialmente per un esaurimento nervoso, anche se sembra ci sia dietro una storia di molestie a minorenni, e diventa bibliotecario presso l’Istituto Rossellini, la scuola delle professioni tecniche del Cinema.
Nello stesso periodo decide di adibire parte del suo appartamento ad un Laboratorio di Tassidermia, l’arte di imbalsamare gli animali. La pratica, oggi desueta, era all’epoca invece abbastanza in voga, non era raro imbattersi nelle case in bestie impagliate, che fossero defunti animali da compagnia appartenuti alla famiglia o trofei di caccia. I tassidermisti guadagnavano bene e la peculiarità fisica di Semeraro lo rendeva particolarmente abile a lavorare anche su animali di piccole dimensioni, facendone un professionista ambito e profumatamente pagato. Anche perché pare, e questo gli varrà una nuova capatina in tribunale, fosse disponibile a imbalsamare anche le specie protette, pratica naturalmente illegale.
Il Nano di Termini diventa famoso
Il Nano di Termini, comincia a essere famoso in tutta la Roma Notturna con questo soprannome, si aggira per la stazione e le zone limitrofe con un sorriso ammiccante stampato sul volto, elegantemente vestito, in doppiopetto, sempre con un foulard di marca al collo, gli occhiali sfumati, il portasigarette prezioso, i capelli pettinati con la riga da una parte e lunghi fino al collo e non prima di aver fatto un bel bagno nel profumo.
È perennemente in cerca di compagnia, soprattutto maschile, che si guadagna grazie alla sua parlantina, al Carisma di cui è indubbiamente dotato e anche grazie ai biglietti da visita che dispensa in giro, che paiono un omaggio al suo Egocentrismo
Professor Domenico Semeraro
Insegnante di Applicazioni Tecniche Scuola Media, Estetista del Corpo, Tassidermista, Raccoglitore di Materiale Scientifico, Vice Commissario Nucleo Guardie Zoofile di Pubblica Sicurezza dell’ENPA, Consigliere Pro Natura
Comitato Provinciale della Caccia, Cultore di Scienze Occulte e di Scienze Massime.
Non offende la memoria di Semeraro chi ravvisi in un tale cartoncino più di un pizzico di Megalomania.
Quella capacità di manipolare la mente degli altri
Secondo lo psichiatra Vincenzo Mastronardi è lecito pensare che Domenico compensasse in se stesso la mancata crescita fisica con la crescita intellettuale e manipolativa. Ci può stare un parallelismo fra la facilità con cui manipolava un corpo morto e quella con cui manipolava le menti di persone che in quel momento erano estremamente recettive a certi stimoli.
Nel 1972 aveva inoltre trovato il tempo per una comparsata nel mondo del cinema. Era stato chiamato da Lucio Fulci a svolgere il ruolo di controfigura nel suo film Non si sevizia un Paperino, pellicola cult con protagonista Barbara Bouchet, nella scena in cui un bambino viene ricevuto dalla Diva della Commedia Sexy all’italiana nuda e sdraiata su un letto. Curiosamente, il film è ispirato a vicende realmente accadute a Bitonto l’anno prima, quando venne accusata di avere un ruolo nell’omicidio di cinque bambini una donna della zona mezza gobba e affetta da sifilide, che si aggirava per le strade di un quartiere degradato ricoperta di bracciali e collane e che venne ribattezzata dai giornali Nonna Belva. Il suo nome era Maria Giuseppina Semeraro ed era la nonna di Domenico. Per la cronaca, le accuse contro di lei non furono provate.
Questo episodio testimonia quale fosse il retroterra culturale e familiare di Mimmo, che aveva una sorella gemella affetta dalla stessa malattia per via del fatto che i loro genitori, come spesso capitava all’epoca in certi contesti, fossero parenti consanguinei.
Il fascino morboso e il forte impatto sugli sbandati della Stazione
È indubbio però che queste sue esperienze, che grazie alla sua capacità dialettica ingigantiva, la sua personalità manipolatrice e dominante, il fascino magari un po’ morboso che la sua figura emanava, avessero un grande impatto sui giovani sbandati della Stazione, di cui elemosinava la compagnia elargendo in cambio lavoretti, regali, un po’ di eroina. Prende così rapidamente vita quella che all’epoca del processo i giornali ribattezzeranno La Corte dei Miracoli del Nano, fondata sullo scambio fra l’esperienza di vita di Domenico e la spontaneità, la freschezza dei ragazzi, a cui affibbiava ridicoli soprannomi come Sorcio, Titti, Oris, Cioffi, Az, Xz.
Come scrisse Vincenzo Cerami nel bellissimo Fattacci, il Nano era riuscito a crearsi un angoletto popolato di un’umanità speciale, sapientemente addestrata, capace di dimenticare presto la sua deformazione e di restare legata a lui in ogni modo. Aveva imparato presto come fare, blandendo e ricattando, concedendo e togliendo, minacciando e perdonando, con il solo fine di mantenere il proprio squallido potere.
Desideroso di ampliarla, questa Corte, Semeraro pubblica compulsivamente su Porta Portese o sulla pagina dedicata del Messaggero annunci di lavoro.
Annunci che promettevano lavori nel cinema
Volti Nuovi impresa manageriale cerca persone ambosessi per inserire nell’ambito dello spettacolo e sponsorizza prove, complessi e giovani cantanti. Per colloquio ed eventuale provino telefonare al numero …… Ditta IGOR TAXIDERMIST
Questo annuncio, pubblicato subito prima dell’estate del 1986, sarà l’inizio della fine.
Il Nano aveva preso da anni a pubblicare annunci promettendo lavori nel Cinema e nello spettacolo, sicuramente più allettanti rispetto a un impiego da assistente imbalsamatore. Erano del resto anni di fermento disordinato e caotico, che videro fiorire costole fino a quel momento sconosciute delle arti performative, come il Cinema di Genere, i B – Movie, il Teatro di Sperimentazione e di Ricerca fatto nelle cosiddette Cantine farcite di eccessi ben oltre la provocazione, come la minzione dal palcoscenico sulle prime file durante uno spettacolo di Carmelo Bene o l’iper realismo esasperato di Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato.
Memorabile il laconico commento di Vittorio Gassman che a margine di uno spettacolo di Teatro di Ricerca rispose a chi gli chiedeva cosa ne pensasse con un lapidario Sospendete le ricerche, a rimarcare una distanza mai colmata fra la cultura ufficiale e queste nuove istanze che attraevano e non poco anche le persone cosiddette ai margini. Semeraro, con furbizia, se ne sapeva approfittare millantando conoscenze ed entrature che avrebbero consentito ai suoi giovani dropout di intraprendere una carriera artistica.
La promessa era del resto credibile, stante il frequente impiego, in certe produzioni di gente come loro.
Armando Lovaglio
Attratto da un lavoretto estivo tramite il quale sperava di racimolare i 4 milioni di lire necessari ad acquistare una Honda 125, Armando Lovaglio si presenta alla porta del Nano, il quale viene trafitto dalla proverbiale freccia di Cupido.
Chi mai come lui ha posseduto tanto fascino, gli occhi grandiosi, luminosi, con ciglia superlunghe, di un color nero lucente che anche nella notte dipartiscono tanta luce. Ma il suo modo di usarli era del tutto particolare in quanto egli li faceva aleggiar con morbidezza e lentezza che lo spettator dovria per forza assorbirne tutto il contenuto e le leggiadre movimentazioni, al tutto facea cornice un sorriso alquanto stretto con fossette di simpatie laterali dal cui foro delle labbra piccole rosee e carnose si evidenziano dei denti bianchissimi come panna nel mezzo di un dolce di rosee fragole il tutto fra una chioma folta di nero crine. Un corpicino esile e sinuoso si ergeva dal suolo verso l’alto che con muliebri movenze suscita pensieri dell’erotismo più forte.
Al di là della conclamata Grafomania del Nano, queste righe sono una goccia nell’oceano di inchiostro del suo diario, è evidente che Semeraro ha perso la testa al primo sguardo. Tempo di un battito di ciglia (superlunghe o meno) e Armando, diciassettenne senza arte né parte appena bocciato all’Istituto Tecnico, diventa il favorito di Mimmo.
Lovaglio, dal canto suo, è affascinato dal suo Pigmalione, e questo emerge più volte nel corso dell’intervista che anni dopo rilascerà a Franca Leosini. Armando è uno che della vita sa poco o nulla, che nel corso della stessa intervista dichiarerà di essere uno che agisce così, senza pensare, e c’è da presumere che anche l’ambiente in cui la loro conoscenza si fa man mano più approfondita, metà casa metà laboratorio, quell’antro in cui si dava vita a forme morte (Avvocato Mercurelli, Parte Civile), quella galleria di animali impagliati, carcasse, utensili non comuni, personaggi da b-movie, luci soffuse, tempi dilatati, discorsi infiniti favorisca la discesa negli inferi di due diverse solitudini che, chissà come, si sono trovate. La Corte dei Miracoli del Nano continua ad animare l’ammezzato di Via Castro Pretorio, ma ora c’è un Delfino. Per la cronaca, il soprannome di Lovaglio sarà Rospo.
La somministrazione di droghe e gli approcci fisici
Armando è stato assunto come tuttofare, Mimmo lo inizia al lavoro di imbalsamatore, e se il ragazzo gli ricorda che l’annuncio era per volti cinematografici e domanda se ci siano provini in vista il Nano la prende larga, gli promette un incontro e poi lo porta a comprare un giubbotto, un orologio, un gioiello. Soprattutto, gli compra la moto. Quando tutta questa storiaccia sarà finita Armando dirà che, semplicemente, la moto era la chiave di tutto.
Durante l’estate Mimmo organizza un viaggio ad Ostuni con Armando e parte della Corte e lì, dopo avere fatto assumere a Lovaglio un bibitone di Coca Cola ed erbe che chiama Mescalina, per la prima volta tenta un approccio fisico. Il ragazzo si sveglierà confuso, stordito e non saprà mai dire che cosa sia successo quella notte, se un atto si sia consumato meno. Quel che è certo è che da quel momento in poi Semeraro lo introduce all’uso di droghe, soprattutto di eroina. Armando dichiarerà di non essersi mai considerato un tossicodipendente, che della roba che gli procurava il Nano faceva uso saltuariamente. Non c’è dubbio però che questo concorra a creare quella spirale di vizio, di trasgressione, di alterazione della coscienza che andrà sempre più spedita verso un finale drammatico.
Fare soldi con attività non proprio lecite
Finita l’estate, contrariamente alle previsioni, Lovaglio continua a lavorare e a frequentare quotidianamente il laboratorio, perché con Domenico sta bene, c’era un bel rapporto e soprattutto la possibilità di fare soldi con affari non esattamente leciti. Ad esempio, quando Armando è vittima di un incidente stradale non grave Semeraro con qualche magheggio lo fa risultare in fin di vita, così i due truffano l’assicurazione e con i soldi incassati comprano una moto da 7 milioni.
Semeraro poi gli intesterà un’assicurazione sulla vita, gli darà la firma sulla carta di credito, gli affiderà automobili, insomma come molti manipolatori dà molto ma non dà soldi, dà oggetti, in modo che il suo favorito rimanga avvinghiato a lui da un’invisibile catena e abbia i mezzi per godersi la vita ma non per farsela da sé.
A domanda diretta di Franca Leosini Lei voleva bene a Semeraro? Armando risponde affermativamente e senza esitazioni, apparendo sincero. In quella e in altre occasioni, poi, ci terrà a sottolineare come non fosse giusto infierire troppo sul Nano, che quel che era successo era successo, certo, ma Mimmo era una brava persona.
Un ragazzino attratto dal suo mentore
Non è il caso di mettersi i panni da psicologi da quattro soldi e parlare di Sindrome di Stoccolma, è decisamente più istruttivo guardare con attenzione la puntata di Storie maledette dedicata al caso per comprendere chiaramente che Armando era semplicemente un ragazzino, attratto da un lato da una situazione comoda, dall’altro dal suo Mentore che riusciva ad esercitare su di lui un fascino innegabile. Durante il colloquio con la Leosini Armando sorride spesso guardando verso il basso, imbarazzato, lasciando però il dubbio se quell’imbarazzo sia dettato dalla situazione, dal rievocare la storia o da un intimo piacere nell’essere guardato.
Samantha
Nonostante il rapporto fra i due si faccia sempre più simbiotico (Armando si ferma spesso a dormire in Via Castro Pretorio) il Nano continua a pubblicare annunci e un anno dopo l’assunzione di Lovaglio entra in scena il terzo personaggio di questa storia, quello che darà una prima vigorosa spallata all’equilibrio del laboratorio: Michela Palazzini, per il Nano Samantha.
Michela viene assunta come segretaria perché, come abbiamo visto, di lavoro ce ne è tanto. È giovane e bellissima ma, a differenza degli altri abitanti dell’universo della Igor Taxidermist, non viene da contesti degradati. Abita a Montesacro e il padre è un attore teatrale spesso lontano da casa per via delle Tournèe.
Come è prevedibile, tempo zero e fra lei e Armando scocca la scintilla. Il Nano è preoccupato, conosce le cose del Mondo e quello che gli sta capitando sotto gli occhi è evidente, si rende conto che Samantha è stato un errore ma ormai è tardi.
Inizialmente, capendo che sarebbe inutile farle la guerra, si propone come amico, tentando di partecipare al menàge.
La discesa verso il vortice della depravazione si fa sempre più ripida: Semeraro, da grande voyeur, assiste agli incontri sessuali fra i ragazzi, li rende più disinibiti con la droga, li fotografa in pose oscene e conserva le foto in cassaforte per poterli poi ricattare, contribuisce a creare scene truccando Armando, vestendolo da donna, dirigendo in qualche modo le azioni dei ragazzi in quei momenti.
Il rapporto fra il Nano e Samantha rimane comunque conflittuale anche perché, a differenza dei tanti giovani che negli anni Mimmo si era portato in casa, la ragazza è una tosta.
Uno strano triangolo e la girandola di denunce
Semeraro mi fece subito schifo. Non per la sua statura. Ma perché era un personaggio ripugnante, torbido, dispotico, pieno di cattiveria. Nonostante tutto accettai le immonde attenzioni di quell’uomo e partecipai ai suoi festini. [ …] Posso però dire una cosa: non mi feci mai dominare del tutto da quell’uomo, non divenni mai una sua schiava.
Passano gli anni e i rapporti si fanno sempre più tesi e complessi. Armando scappa di casa e si stabilisce dal Nano, i genitori fanno una denuncia ma non ne cavano nulla,
Michela, che istintivamente percepisce come non sia il caso di lasciare soli i due, è sempre in Via Castro Pretorio. Anche i suoi genitori scelgono di adire le vie legali. Parte quindi una girandola di denunce reciproche – il Nano citerà le famiglie dei ragazzi per Violazione di Domicilio – che non fa altro che acuire le tensioni all’interno del terzetto. Michela vuole portare il ragazzo fuori da quell’antro, sono giovani, sono belli, si amano, cosa ci stanno a fare appresso a un nano manipolatore e geloso? Il Nano da par suo perde il controllo della situazione e non è abituato, quindi continua a comprarsi i favori del suo diletto con i regali, gli parla male della ragazza, gli prospetta nuovi guadagni.
Una gravidanza inattesa e la reazione del Nano
E Armando? Armando cerca di tenere il piede in due scarpe, lascia correre come fa Sergio in Boris quando dice: io lascio correre, tanto 80% le cose si sistemano da sole. Il seguito, direbbe De Andrè, prova che aveva torto. Alla Leosini dirà Io volevo stare con tutti e due, promette a entrambi di lasciare l’altro ma non ce la fa, Non avevo spina dorsale.
La spallata decisiva arriva quando Michela resta incinta. Non è la prima volta, una gravidanza precedente era stata interrotta, ma ora i ragazzi decidono di portarla avanti. Il Nano perde il lume della ragione e scrive impetuose lettere ad Armando:
Io sono ancora pronto con la speranza che tu ti ravveda e capisci gli errori che stai per fare, essere ragazzo padre non vuol dire nulla, sei solo un coperchio e una pedina per lei. Quale futuro vedi in te stesso […]
Samantha ti ricatta e ti tiene in pugno come un pedalino e si rivolta la frittata e tu cadi nella rete come un grande coglione, e ciò offende la mia intelligenza […]
I vantaggi che trovi qui lo sai già, tu non hai voglia di lavorare […] sarai raccomandato da parenti, da Tizio e Sempronio per trovare un lavoro, e poi anche se l’hai trovato, oggi non vali niente se prendi un milione al mese con tre teste non ti puoi permettere nemmeno una canna […]
Il tuo futuro è gioire, sorridere con tutti gli amici e farti invidiare, perché tu sei Alex!!! Salutando da una potente macchina o una potente moto e dire “Sali andiamo a fare un giro!” Tirare fuori da un giubbotto di pelle delle sigarette di lusso e offrirle
Un uomo terrorizzato dall’idea di perdere il suo Alex
E via delirando, prospettando un futuro da Dominator fino ai trent’anni per poi incassare i soldi dell’assicurazione e comprare una casa comandando in poltrona. Un flusso di coscienza disperato e disperante di un ometto sperduto e terrorizzato all’idea di perdere il suo Alex e che come una belva ferita sferra le ultime unghiate appellandosi al solito schema che da sempre funziona con Armando. Il quale, confermando di essere sostanzialmente un ragazzino con pensieri e priorità da adolescente (nonostante abbia ormai più di vent’anni) dichiarerà che, leggendo, si era trovato d’accordo con le istanze del Nano.
A gravidanza inoltrata i due ragazzi vanno a convivere e Armando, nelle intenzioni, dovrebbe continuare a frequentare il laboratorio solo la mattina, anche perché ha di fatto lasciato la scuola alla quale in teoria era ancora iscritto. Una professoressa, sentita a processo, racconterà di un incontro drammatico avuto con Lovaglio, di come questi fosse scoppiato a piangere accennando alla sua situazione, concludendo però che in sostanza non c’era niente da fare.
In pratica, però, il Nano sembra in rimonta. Riesce a convincere il ragazzo a trattenersi sempre più spesso anche la notte, alternando le buone e le cattive, promettendo guadagni e il futuro incasso dei soldi depositati fra banche e assicurazioni o minacciando di fare avere le foto compromettenti che custodiva in cassaforte alle famiglie dei due ragazzi o ancora ricordando ad Armando che aveva in cassaforte una procura generale firmata dal ragazzo in virtù della quale poteva prendere iniziative legali in nome e per conto di lui con chissà quali nefaste conseguenze. Michela dichiarerà Era un personaggio terribile, Armando era prigioniero del nano.
Liberazione
Semeraro non si rassegna nemmeno quando nasce la bambina, tirando sempre più la corda. Fino al 25 aprile del 1990. I ragazzi abitano con la piccola in un appartamento messo a disposizione dal papà della Palazzini, il Nano sa che se riuscirà a trattenere Armando per qualche tempo lontano da lì riuscirà facilmente a convincerlo a rivedere i suoi programmi. Del resto, non si sa come, è già riuscito a persuaderlo a non riconoscere la bambina, anche se poi Armando garantirà alle famiglie di avere intenzione di provvedere.
Mimmo sceglie la carta dell’attacco frontale, si presenta sotto casa dei ragazzi e comincia a suonare con insistenza clacson e citofono in piena notte, mettendo in agitazione l’intero palazzo. Dopodiché torna in Via Castro Pretorio e attacca con le telefonate; assicura che o Armando lo raggiunge o il prossimo passo è la pubblicazione delle foto. Armando cede e in mattinata si reca al laboratorio.
Non torna a casa per pranzo e allora Michela telefona trovandoli felici e contenti. Samantha fiuta l’ennesima beffa ma attende. Nel pomeriggio c’è un’altra chiamata con la quale Armando cerca di organizzare un chiarimento fra i tre. Intorno alla mezzanotte Semeraro richiama e chiede provocatoriamente a Michela se Armando sia con lei, i due discutono brevemente. Alle 02:00 Semeraro richiama, informa Samantha che Armando è da lui e le comunica che a breve partiranno per Ostuni quindi, se vuole salutare il ragazzo, le conviene sbrigarsi. Poche ore prima Michela aveva affidato la bambina a sua madre, così prende un taxi e alle 03:15 è in casa di Semeraro.
Ora, questa storia intricata, complessa, a tratti inafferabile si risolve nel più banale dei modi.
Minacce, ricatti e il gesto estremo
Armando è in disparte, sta aggiustando un motorino. Michela e Mimmo iniziano a litigare, Armando si mette in mezzo: parole, minacce, andiamo a Ostuni – lasciaci vivere in pace – io tiro fuori le foto – i soldi te li scordi. È il momento in cui anni di vizi, depravazione, ossessione, rarefatte nottate in preda ai più disparati fumi e fantasmi, chiedono il conto. Armando stufo volta le spalle a Semeraro che rapido prende in mano uno strumento, un bisturi o qualcosa di simile, e fa per seguirlo.
Attento, attento! Urla disperata Samantha al Rospo che si gira nuovamente e, come è ovvio che sia, ha facilmente ragione di Semeraro, gli cinge un braccio intorno al collo e con l’altra mano stringe il foulard di Balenciaga che il Nano porta al collo fin quando le mani dell’Imbalsamatore non si irrigidiscono in un ultimo spasmo.
Io penso che sia stata l’unica volta in vita mia che mi sia arrabbiato veramente. Sapevo cosa stavo facendo ma non riuscivo a fermarmi.
Anni di vizi, depravazione, squallore e violenze psicologiche si chiudono così, in pochi secondi. Armando scatena tutta la sua rabbia sul corpo esanime del Nano, riempiendolo di calci e pugni quando ormai non serve più, come a lasciare uscire fuori ciò che da anni si teneva dentro.
Il corpo esanime del Nano
All’inizio della colluttazione Michela era fuggita in strada, Armando la raggiunge e la porta davanti al corpo del Nano. I racconti si fanno confusi, destando il sospetto che i due vogliano evitare di coinvolgere la ragazza direttamente. Mettono il corpo dentro un sacco della spazzatura, prendono il furgone della ditta e partono. Pretenderebbero che i genitori di Lovaglio gli dessero le chiavi della casa che hanno a Palombara Sabina, per seppellire il Nano nel giardino. Quelli invece, giustamente, chiamano i carabinieri.
Intanto i due vagano fin quando non trovano quella che non è neanche una discarica ma un fosso in cui la gente di Corcolle butta l’immondizia e lasciano lì il cadavere senza nemmeno nasconderlo. Tornano poi a casa dei genitori di Armando e si addormentano abbracciati sul divano. Quando si svegliano trovano il Maresciallo.
Il processo
I giornali si tuffano sulla notizia, con ben poche remore terminologiche. La parola Nano campeggia sulle prime pagine, il trattamento ricevuto da Semeraro è quantomeno discutibile, le testate ci vanno giù pesante, insistendo sugli aspetti morbosi della vicenda e descrivendo minuziosamente le nottate di Mimmo e della sua Corte, è quasi un Grand-guignol in cui i ruoli di vittime e carnefici si scambiano e si confondono.
Il Processo è un vero e proprio Circo Barnum che mette in scena una enorme quantità di Freaks che lasciano interdetti i cittadini della Roma diurna, del tutto o quasi all’oscuro dell’esistenza di questa umanità borderline.
La giornalista Claudia Arletti, che lo seguì per conto de L’Unità, racconterà di una sfilata di testimoni giovanissimi di una Roma notturna, pasoliniana e rimarcherà le parole del suo capocronista Ricordiamoci che “Il Nano di Termini” è la vittima.
Questi giovanissimi testimoni saranno tutti concordi nel dire che Mimmo era generoso e dolce e che Armando non si era lasciato trascinare ma si era lucidamente approfittato di lui. Anche la gemella della vittima, cui somigliava in maniera impressionante, dichiarerà che i due si erano approfittati dei soldi di un disgraziato, suggerendo l’ipotesi che il delitto fosse stato premeditato, per via di quella famosa assicurazione intestata ad Armando.
Le sentenze
La difesa giocherà la carta dell’immaturità e della sudditanza, riuscendo così ad ottenere il massimo, cioè la condanna a 15 anni di carcere del reo confesso. La Parte Civile riconoscerà che è comprensibile ed equo che Lovaglio non sia stato trattato con severità.
Samantha viene condannata a 1 anno di reclusione per concorso in occultamento di cadavere. In appello, a sorpresa, Michela viene condannata a nove anni di reclusione per concorso in omicidio, ma la Cassazione la assolverà definitivamente.
Mai come in questa storia è difficile comprendere dove finiscano le responsabilità degli uni per cominciare quelle degli altri, può averla compresa pienamente, e non è neanche detto, solo chi la ha vissuta. È una storia tutta sbagliata che poteva finire in mille modi ed è finita nel peggiore.
Finale
Domenico Semeraro appare nel film di Joe D’Amato Quest for the Mighty Sword, uscito nella sale nel 1990, dopo la sua morte. Nel 2002 viene presentato al Festival di Cannes L’imbalsamatore, film di Matteo Garrone liberamente ispirato alla storia del Nano della Stazione Termini.
Armando Lovaglio, una volta uscito dal carcere, ha aperto una scuola di Arti Marziali. È morto di infarto nel 2017, a 48 anni.
Di Michela e di sua figlia si sono perse le tracce.