La figura del Pubblico Ministero, conosciuta semplicemente con la sigla PM, è una delle più centrali e complesse all’interno del sistema giudiziario italiano, incarnando la funzione fondamentale della magistratura. Non è semplicemente un “accusatore” in un processo penale, ma un garante della legalità, un custode dell’interesse pubblico e il promotore dell’azione penale, con compiti che spaziano dalla sorveglianza sull’osservanza delle leggi alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci.
Diventare Pubblico Ministero rappresenta l’apice di un percorso accademico e professionale estremamente selettivo e impegnativo, che richiede non solo una solida preparazione giuridica, ma anche spiccate doti etiche, intellettuali e umane, destinato a chi possiede un forte senso della giustizia, una rigorosa capacità di analisi e una profonda dedizione al servizio dello Stato, aprendo a un carriera che nel mondo del lavoro del settore legale è molto ambita.
In questo articolo parliamo di:
La laurea in Giurisprudenza
Il primo e imprescindibile gradino per aspirare alla carriera di Pubblico Ministero è il conseguimento della Laurea Magistrale in Giurisprudenza, così come per diventare notaio. Si tratta di un percorso di studi a ciclo unico, della durata minima di cinque anni (o quadriennale secondo i vecchi ordinamenti, purché riconosciuto idoneo), che fornisce le basi teoriche e sistematiche del diritto.
Durante gli anni universitari, il futuro magistrato deve acquisire una conoscenza approfondita delle principali branche del diritto civile, penale, amministrativo, costituzionale, commerciale, del lavoro, internazionale e processuale. In quest’ottica, non basta studiare a memoria ma è fondamentale sviluppare capacità di interpretazione, di analisi casistica e di qualificazione giuridica, che saranno essenziali nell’applicazione pratica delle norme, facendo emergere il pensiero critico e la metodologia giuridica, indispensabili per affrontare le sfide che la professione richiederà.
I percorsi post-universitari qualificanti
Una volta conseguita la laurea, l’aspirante Pubblico Ministero non può accedere direttamente al concorso, ma deve intraprendere uno dei percorsi post-universitari previsti dalla legge come requisito di ammissione. L’obiettivo di questi corsi è quello di affiancare alla preparazione teorica una necessaria esperienza pratica e un approfondimento delle competenze giuridiche richieste dalla complessità della professione.
Le principali vie d’accesso al concorso di magistratura ordinaria sono le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL), che hanno una durata biennale a numero chiuso, con esame di ammissione, che mira a fornire una preparazione pratica e teorica avanzata, orientata sia alla professione forense che alla magistratura. La frequenza e il superamento degli esami finali della SSPL sono considerati un requisito fondamentale.
In alternativa si può iniziare il Dottorato di ricerca in materie giuridiche, anch’esso altamente selettivo e incentrato sulla ricerca scientifica, che rappresenta un titolo valido per l’ammissione al concorso.
Per quest’ultima si può intraprendere anche il tirocinio presso gli Uffici Giudiziari o l’Avvocatura dello Stato, un’esperienza pratica di 18 mesi (o 2 anni in alcune fattispecie) condotta presso un Tribunale o una Procura, affiancando giudici o pubblici ministeri, un’esperienza che permette di acquisire una familiarità diretta con il funzionamento della macchina della giustizia, la redazione degli atti e la gestione dei fascicoli.
Anche l’abilitazione all’esercizio della professione forense, ovvero aver superato l’esame di Stato per l’abilitazione da avvocato e aver esercitato la professione per un certo periodo può essere un altro requisito valido.
Infine, la legge prevede anche l’ammissione al concorso per magistrati amministrativi o contabili, professori universitari in materie giuridiche, procuratori dello Stato, e dirigenti ministeriali o di altri enti pubblici con una laurea in Giurisprudenza e una certa anzianità di servizio.
Questi percorsi non sono solo passaggi burocratici, ma tappe fondamentali per acquisire quella maturità intellettuale e quella consapevolezza pratica necessarie per affrontare le sfide del concorso e, in seguito, della professione.
Il concorso in Magistratura
Il vero banco di prova per chi ambisce a diventare Pubblico Ministero (o giudice, poiché la magistratura italiana ha carriera unica) è il Concorso per Esami in Magistratura Ordinaria, universalmente riconosciuto come uno dei concorsi pubblici più impegnativi e selettivi in Italia.
I requisiti per l’ammissione, oltre ai titoli post-universitari sopra menzionati, includono la cittadinanza italiana, il godimento dei diritti civili, una condotta incensurabile, l’idoneità fisica all’impiego e non essere stati dichiarati non idonei per più di tre volte in precedenti concorsi. Inoltre, è previsto un limite di età, tradizionalmente 40 anni al momento della scadenza del bando, salvo alcune eccezioni.
Il concorso si articola in due fasi principali, ovvero le prove scritte e quelle orali.
Prova scritta
Le prove scritte consistono nello svolgimento di tre elaborati teorici su materie fondamentali come il diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo, con i candidati che hanno a disposizione otto ore dalla dettatura della traccia per ciascun tema. Durante le prove scritte è consentita la consultazione dei soli codici non commentati, privi di annotazioni dottrinali o giurisprudenziali. Per accedere alla prova orale, è necessario ottenere un punteggio minimo di 12/20 in ciascuna delle tre prove.
Prova orale
La prova orale consiste in un colloquio approfondito che verte su un numero molto ampio di materie giuridiche, tra cui diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano, diritto penale, procedure civile e penale, diritto amministrativo, costituzionale e tributario, diritto commerciale e fallimentare, diritto del lavoro e della previdenza sociale, diritto comunitario e internazionale ed elementi di informatica giuridica. A questo si aggiunge una lingua straniera a scelta tra quelle ufficiali dell’Unione Europea.
La prova orale verifica non solo la conoscenza nozionistica, ma anche la capacità del candidato di collegare tra loro le diverse discipline, di argomentare in modo logico e critico, e di dimostrare la necessaria maturità intellettuale per la funzione.
L’Uditore Giudiziario: il tirocinio in Magistratura
Coloro che superano il concorso vengono nominati Uditori Giudiziari, iniziando così un periodo di tirocinio della durata di 18 mesi (o 2 anni a seconda delle normative specifiche dei bandi) presso la Corte d’Appello di assegnazione, un momento fondamentale per la formazione pratica del futuro magistrato e si articola in diverse fasi di affiancamento.
Si parte da 6 mesi di affiancamento a un giudice civile per comprendere le dinamiche del processo civile, per poi passare a 6 mesi con un giudice penale, per acquisire familiarità con le procedure e i principi del diritto processuale penale.
Altri 6 mesi sono per affiancare un Pubblico Ministero, fase particolarmente rilevante per chi intende assumere funzioni requirenti, permettendo di partecipare alle indagini, alla redazione degli atti d’accusa e alla conduzione delle udienze.
Infine, un periodo in cui l’Uditore può esercitare funzioni, sotto la supervisione di un magistrato più anziano, nella funzione (giudicante o requirente) che si prospetta per la sua futura carriera.
Questo tirocinio è retribuito e si conclude con una valutazione finale sull’idoneità del candidato. Solo al termine di questo percorso e con esito positivo, l’Uditore Giudiziario viene nominato a tutti gli effetti magistrato ordinario, potendo così assumere le funzioni di Giudice o Pubblico Ministero.
La carriera del Pubblico Ministero
Una volta entrato in ruolo, il magistrato può essere assegnato alle funzioni giudicanti (come giudice) o requirenti (come sostituto procuratore della Repubblica). La carriera è unica, e nel corso della propria vita professionale il magistrato può passare da una funzione all’altra, anche se la tendenza attuale è verso una maggiore specializzazione e permanenza in una delle due funzioni, con la famosa separazione delle carriere, nell’ambito di una riforma costituzionale che vorrebbe l’attuale governo.
Il Pubblico Ministero opera principalmente presso le Procure della Repubblica istituite presso ogni Tribunale. Le sue funzioni sono vaste e comprendono la sorveglianza sull’osservanza delle leggi, la pronta e regolare amministrazione della giustizia, la tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci, la promozione della repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza, e l’esecuzione dei giudicati in materia penale. In ambito penale, il PM esercita l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione, dirigendo le indagini preliminari e coordinando il lavoro della polizia giudiziaria. Esistono anche uffici requirenti specializzati, come le Direzioni Distrettuali Antimafia (DDA) e la Direzione Nazionale Antimafia (DNA), che coordinano l’attività investigativa nel settore della criminalità organizzata.
In linea generale, un buon Pubblico Ministero deve possedere alcune qualità specifiche, tra cui un profondo interesse per la materia giuridica, una spiccata capacità di ragionamento logico-analitico, pazienza, un forte senso della giustizia, eccellenti capacità di espressione verbale e scritta, e un elevatissimo senso di responsabilità, con la capacità di esaminare criticamente documentazione, atti e prove, individuare le fattispecie di reato, condurre udienze e, infine, sostenere l’accusa con imparzialità, poiché, pur essendo “parte”, ha un dovere di verità che lo differenzia radicalmente dall’avvocato difensore.