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Legge Fornero e quota 100: cosa cambia per andare in pensione

Sempre più spesso sui media e sulla carta stampata è possibile leggere dell’abolizione della Legge Fornero e della quota 100. Trattandosi di un disegno di legge non ancora definitivo, non tutte le informazioni in merito sono chiare e precise.
Ciò che è chiaro, invece, è come la visione sul sistema pensionistico del governo in carica, formato da Lega e Movimento Cinque Stelle, sia decisamente diversa rispetto a quella dei precedenti esecutivi. È lecito aspettarsi, quindi, delle importanti variazioni sul tema.

La Riforma Fornero: cosa prevede la manovra del Decreto Salva Italia

Con la tanto discussa Riforma Fornero del 6 dicembre 2011, poi tradotta in legge il 22 dicembre dello stesso anno, si è assistito ad una totale rivoluzione del sistema pensionistico, non senza aspre critiche da parte dell’opinione pubblica. Introdotta nell’ambito di una più ampia manovra volta a salvare i conti pubblici, il cosiddetto Decreto Salva Italia, la Legge Fornero consta di questi principali punti:

  • Passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Con questa modifica l’importo della pensione è passato ad essere calcolato non più in base agli ultimi stipendi percepiti, bensì tenendo in considerazione i contributi effettivamente versati dal lavoratore.
  • Aumento dell’età pensionabile. È uno degli aspetti che ha indubbiamente più fatto discutere, visto l’innalzamento della cosiddetta pensione di vecchiaia, ovvero quella raggiunta in base all’età anagrafica. Per le donne del settore pubblico e gli uomini, privati con partita iva, si è passati a 20 anni di contribuzione e 66 anni di età, per le donne del settore privato a 62 anni (soglia incrementata ulteriormente a 66 anni e 3 mesi nel 2018), mentre per le donne lavoratrici autonome a 63 anni e 6 mesi (anche in questo caso abbiamo assistito ad un graduale innalzamento, fino ai 66 anni e 3 mesi nel 2018).
  • Abolizione della pensione di anzianità in favore della pensione anticipata. La cosiddetta APE Social consiste in un trattamento pensionistico ridotto per andare in pensione con 3 anni di anticipo. I fondi ricevuti anticipatamente, che sono erogati dalla banca, vanno poi restituiti attraverso un ammortamento ventennale.
  • L’adeguamento dell’età pensionistica in base alla speranza di vita. Ciò vuol dire che, con un incremento dell’aspettativa di vita stimato dall’INPS, si assisterebbe automaticamente ad un aumento dell’età necessaria per andare in pensione.

L’insieme di queste modifiche ha portato tuttavia, come ben sappiamo, al dramma degli esodati, ovvero coloro i quali, a causa dell’innalzamento dell’età del pensionamento, si sono ritrovati senza stipendio e senza assegno pensionistico. Una piaga che avevamo descritto raccontando la storia di chi dovrà lavorare 49 anni per andare in pensione.

Le novità della quota 100: come e quando si andrà in pensione a partire dal 2019

Cosa si propone di fare la famigerata quota 100, avanzata da Lega e Movimento Cinque Stelle, per tentare di superare questi problemi? La riforma, che potrebbe entrare in vigore nei primi mesi del 2019, prevede un sistema pensionistico simile a quello precedente alla Legge Fornero.
Come è facile intuire dal nome, si potrebbe quindi lasciare il lavoro una volta raggiunta una quota pari a 100, intesa come somma dell’età anagrafica e degli anni di contribuzione. Non sarebbero stati invece trovati, stando a quanto trapela, i fondi sufficienti per garantire il pensionamento a chi ha raggiunto 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.
Sfumerebbe così, almeno per il momento, la possibilità di andare in pensione prima per i lavoratori precoci, che dovrebbero attenersi al requisito anagrafico minimo previsto dalla quota 100, pari a 62 anni. L’altro requisito minimo, quello relativo agli anni di versamento dei contributi, sarebbe fissato invece a quota 38.

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