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Disabili e diritti: storia di una protesta

“Il rispetto è essenziale. D’altra parte la gente non pretende l’amore, ma di essere rispettata nella sua dignità umana. Rispettare vuol dire sapere ascoltare. Vuol dire avere riguardo e considerazione”.
Sono parole dello scrittore e giornalista marocchino Tahar Ben Jelloun, riferite ai problemi delle società avvilite dal razzismo, nelle sue molteplici forme.
Vogliamo partire da questa citazione per raccontare la storia di Alessandra Incoronato, una donna disabile di 42 anni malata terminale, che 11 anni fa ha fondato l’associazione Diritto alla Vita, di cui lei stessa è attualmente il Presidente. Al telefono decide di raccontarci la sua storia:
“questa associazione nasce da me ed è composta da 8 persone, anche se in realtà siamo soprattutto io e mio marito a portarla avanti senza chiedere soldi, ad esempio, alla Regione come fanno molte altre associazioni.

Disabili e tutela dei diritti:

Lo scopo principale è tutelare i diritti delle persone disabili e degli anziani: una necessità che ho iniziato ad avvertire molti anni fa quando, alle prese con la mia malattia, cominciai contemporaneamente a girare per le case di persone disabili, consapevole della difficoltà delle loro realtà quotidiane.
Lo faccio ancora oggi, ma all’epoca ero accompagnata da un assistente sociale che mi aiutava a controllare le varie situazioni per poi indicare, a chi di dovere, cosa andava fatto e dove occorreva intervenire. Durante tutti questi anni mi sono sempre sentita ripetere dal Comune, dove arrivavano le mie segnalazioni, solo un perenne ‘non ci sono soldi’”.
Stanca di ricevere dalle istituzioni solamente indifferenza e frustrata dalla mancanza di sensibilizzazione avvertita nei confronti della vita delle persone disabili, Alessandra ha iniziato 2 anni fa uno sciopero della fame (oggi ridotto ad un semi-sciopero) con il quale è riuscita ad ottenere il diritto all’assistenza domiciliare a Santa Marinella, la località in provincia di Roma dove vive: “l’assistenza domiciliare qui prima era inesistente. Ciò che mi fa proseguire la mia battaglia sono le cose allucinanti che ho visto in questi anni.

La pensione sociale per i disabili:

Ho trovato disabili in condizioni disumane: in mezzo ai topi, alla sporcizia, abbandonati a loro stessi. Io sono una malata terminale, ma rispetto a tante persone sono fortunata”.
Oggi l’obiettivo principale della sua protesta riguarda l’aumento della pensione sociale dei disabili, che attualmente ammonta per legge a 250 euro mensili. “Un disabile non ci fa nulla con una cifra simile, che è davvero ridicola. Per poter ricorrere a degli istituti decenti, ad esempio, questi soldi non bastano. La realtà degli stessi istituti, che a mio parere è ancora raccapricciante nella maggior parte dei casi, è l’unica a cui può ricorrere un disabile che vive senza assistenza domiciliare o che non ha nessuno che lo assista.
L’altro giorno a Civitavecchia è morta una ragazza che è stata ritrovata con i polmoni pieni di cibo: è morta soffocata perché non aveva nessuno che badasse a lei. Questa morte, e tante altre, si potrebbero evitare se ci fosse più considerazione verso le persone diversamente abili: in molti casi c’è invece solo un vero e proprio razzismo”.

Mancata assistenza e pensioni sociali da fame:

Alessandra ci racconta a tal proposito di aver denunciato il governo per omissione di soccorso e omicidi plurimi e di aver ottenuto una risposta alle sue denunce ripetute solamente da parte del Presidente della Repubblica. Nella lettera inviatale, Napolitano si diceva preoccupato e rammaricato (copia della stessa lettera è riportata in originale dal blog di Alessandra, dove la donna racconta la sua storia in modo dettagliato insieme a tutte le iniziative intraprese a favore dei disabili) . “Il Presidente Napolitano non può far nulla, ma vorrei che almeno se ne parlasse di questi problemi, sia a livello istituzionale che civile. Perché nessuno si mobilita per i tagli ai disabili gravi che il governo continua a portare avanti?”
Uno dei problemi principali, secondo Alessandra e la sua associazione, riguarda ad ogni modo la misera pensione sociale percepita dalle persone diversamente abili: con 250 euro al mese è oggettivamente impossibile sopravvivere.
“La gente sta morendo per abbandono e fame: questa è una verità che passa sotto silenzio. Non gliene frega niente a nessuno che verso i disabili viene continuamente violato il rispetto dei diritti umani. Muoiono lentamente, da soli, ed è vergognoso che giornali e televisioni non ci diano spazio; così come è scandaloso che questi politici percepiscano uno stipendio di 30.000 euro al mese contro i nostri 250 euro di pensione sociale.
Non si rendono conto che un disabile in questo modo non riesce nemmeno a curarsi. Per i cani, in questo Paese, si fa di più. Io adoro gli animali, ci tengo a sottolinearlo: ma noi? Nessuno prende provvedimenti per migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, trattate come una razza a parte”.

L’indifferenza dei politici verso i disabili:

Alessandra sta continuando a portare avanti il semi sciopero della fame, iniziato 2 anni fa: “purtroppo non riesco più a riprendermi. Tutti mi dicono che devo salvaguardare la mia salute ed è vero, hanno ragione, ma in questo modo sono arrivata ad ottenere qualcosa e non posso né voglio mollare. Non lo faccio per me, ma per gli altri, per quello che sento e vedo: ho saputo che una signora giorni fa ha deciso di vendersi la casa in modo da trovare i soldi necessari per comprare le medicine”.
Quando ha portato la sua protesta sotto Montecitorio, in estate, Alessandra è riuscita a parlare con vari politici: “Furio Colombo è l’unico che si è interessato alla mia vicenda, che sembra aver preso a cuore le mie denunce. La segreteria di Fini scese dicendo che avrebbero fatto qualcosa, ma non venne fatto nulla.
Mi fu detto che Fini aveva inoltrato una proposta di legge per aumentare la pensione sociale, ma che nessuno lo aveva voluto ascoltare: non so se l’abbia fatto davvero, ma è comunque deplorevole che le istituzioni ignorino così i nostri problemi, la nostra preoccupante quotidianità. Livia Turco mi disse invece che avrebbe portato avanti con me il semi sciopero della fame: tutte prese in giro, ripeto, nessuno ha fatto nulla di veramente concreto e duraturo per i disabili. Io mi sento spesso sola anche rispetto alle altre associazioni, che per lottare a volte pretendono tesseramenti o cose simili, mentre la sola cosa che conta è unirsi, unirci tutti.”
Molte storie che abbiamo raccontato dal nostro giornale, dove protagonisti sono i disabili, hanno spesso questo comune denominatore: il bisogno estremo di rendere consapevole la collettività delle ingiustizie subite da altre vite, per le quali il tormento più insopportabile è vivere nel silenzio.

Pubblicato in Inchieste

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Nata a Roma nel 1984. Laureata in Lettere. Blogger e collaboratrice giornalistica

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