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Microfinanza in Europa: il dibattito a Bruxelles

(da Bruxelles) – Si è tenuta a Bruxelles il 9 e 10 Novembre all’Hotel Bloom la conferenza “Microfinance in Europe” organizzata dalla Direzione Generale (DG) per l’Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità (DG EMPL), durante la quale hanno parlato, tra  gli altri, rappresentanti della Commissione Europea (CE) di varie DG, del Fondo Europeo di Investimenti (FEI), del Comitato Europeo Economico e Sociale e della Rete Europea della Microfinanza (REM). Meritano di essere messi in evidenza cinque punti importanti emersi dalle varie sessioni.
Innanzitutto, emerge una sempre maggiore importanza che il tema occupa nell’Unione Europea, dalla Conferenza Europea sul Microcredito nel 2004 alla costituzione di un gruppo di esperti sulla regolamentazione del settore nel 2006-2007, ai vari studi finanziati negli anni, nonchè il coinvolgimento dei Fondi Strutturali e le iniziative specifiche nel settore, quali Jeremie, Jasmine e l’European Progress Microfinance Facility.

Educare sul tema Microfinanza

Un secondo punto rilevante è il focus posto sull’importanza del capacity building, su due livelli: innanzitutto, bisogna “educare” l’istituzione microfinanziaria (IMF) affinchè sia in grado di ottenere i necessari finanziamenti, ridurre il tasso di default, strutturare adeguatamente l’offerta di prodotti e servizi e raggiungere così il target desiderato in maniera costo-efficiente.
Questa attività la sta già portando avanti, da quest’anno, Jasmine-Assistenza Tecnica, un programma comunitario che prevede una prima fase di valutazione dell’IMF da parte di agenzie di rating specializzate in microfinanza (Microfinanza Rating o Planet Rating), e una seconda di formazione, di cui beneficeranno all’incirca 30 istituzioni, per un budget complessivo di EUR 10 milioni.
Il secondo livello è quello dei beneficiari finali, ossia i microimprenditori, per i quali avere le capacità di strutturare un business plan che funzioni è fondamentale per accedere al credito. Alcune IMF già si occupano di seguire il cliente prima e dopo la concessione del prestito, o delegano a terzi questo compito, consapevoli della necessità di un supporto anche teorico oltre che materiale.

Perchè i tassi d’interesse sono così elevati:

La terza osservazione riguarda la critica mossa alla presunta “immoralità” degli alti tassi d’interesse applicati, a cui si ricollega il quarto punto, quello della sostenibilità. I tassi d’interesse praticati dalle IMF sono rimarcabilmente più elevati di quelli del mercato (ad esempio Microbank (Spagna) ne applica uno tra il 5 e il 12%).
Per non scadere in posizioni banali, bisogna considerare le peculiarità del settore: la restituzione del prestito non è assicurata da garanzie reali, e quindi aumenta il rischio; i piccoli imprenditori hanno un’elevata probabilità di fallimento (il 16% dei microimprenditori clienti del programma di microcredito aziendale di Microbank, ad esempio, falliscono entro i primi tre anni), spesso anche a causa della mancanza di capacità tecniche (e qui ci si riconduce al secondo punto del discorso).

I costi fissi si riducono con le economie di scala

Terzo fattore, basta qualche lezione base di microeconomia all’università per sapere che i costi fissi si riducono con le economie di scala: i costi operativi per concedere un prestito di EUR 25,000 o 1 milione sono gli stessi, ma vanno ad incidere chiaramente in maniera diversa sull’operatore finanziario.
Le IMF, inoltre, dovendo ricorrere a loro volta a finanziamenti esterni (alla maggior parte non è infatti permesso di accettare depositi) che hanno già di per sè un costo elevato; un’ultima osservazione interessante è che ai tassi d’interesse delle banche, decisamente inferiori, spesso si aggiungono per il cliente una serie di altri costi accessori che, se inclusi nel tasso d’interesse, lo andrebbero comunque ad incrementare.
Aggiungere: i costi di finanziamento per il IMF sono più elevati che per i tradizionali istituti di credito.

Sostenibilità dell’IMF: necessità od opzione?

Ci si ricollega, a questo punto, alla quarta questione emersa durante la conferenza: la sostenibilità è un fattore necessario, non opzionale. Come già sottolineato nell’articolo nel quale parlavamo di un modello europeo di microcredito, la maggior parte delle IMF dell’Europa occidentale non sono sostenibili, mentre migliori risultati si sono ottenuti per quelle dell’Est. Anche PerMicro, ad esempio, che nel 2009 ha vinto il premio per la microfinanza FGDA come migliore IMF, non arriva a coprire i costi operativi, per i quali intervengono donazioni e sussidi.

I soliti scontri, le solite distanze:

Ultimo punto, è emersa una certa conflittualità tra politici e funzionari europei da una parte e practitionners dall’altra. La distanza tra chi scrive le regole e chi le deve attuare è qualcosa di ormai scontato in svariati settori, ma da quello del microcredito, che per definizione mette (dovrebbe) al centro la persona, ci si aspetta qualcosa di diverso.
Il lavoro dei colletti bianchi di Bruxelles (e del Lussemburgo, visto il ruolo di finanziamento e gestione rispettivamente della Banca Europea di Investimenti e dal FEI nelle iniziative UE per il microcredito) è fondamentale per creare quell’ambiente favorevole che tutti nel settore si auspicano.
Ad esempio, la Commissione Europea ha finanziato la compilazione di un Codice di Condotta che dovrebbe essere pronto intorno a metà del 2011, e finanzia anche la Rete Europea di Microfinanza (REM). Tuttavia, si è avvertita la necessità di aumentare considerevolmente l’attività di disseminazione e networking, affinchè lo scambio di buone pratiche e la condivisione delle risorse accelleri i tempi e contribuisca all’efficacia ed effettività delle iniziative.
Lenia Samuel, Direttore Generale della DG EMPL, ha parlato di questo riavvicinamento anche nel discorso conclusivo ai due giorni di dibattiti. Speriamo che queste buone intenzioni non vadano a lastricare qualche via.

Pubblicato in Focus

Scritto da

Blogger, scrittice, esperta di microcredito e giramondo

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