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Disabili e sessualità: perchè nessuno ne parla

La tranquillità del vivere comune tende ad allontanare quegli argomenti il cui pensiero genera un automatico disagio, imprigionando dentro il silenzio di un tabù realtà escluse a priori dal dibattito e dal confronto sociale.
Circa due settimane fa la redazione del nostro giornale La Vera Cronaca ha ricevuto l’e-mail di un lettore, che esprimeva e riportava il bisogno sincero di spazio, causato da una mancanza di considerazione, che avvertono le persone disabili in merito alla sessualità, rapportata appunto, nelle sue varie e complesse forme, al mondo della disabilità. Problema sentito e comune purtroppo a molti (Disabili e sessualità: storia di una battaglia).
Tonino Urgesi, la persona che ci ha contattato, ha 47 anni, è sposato, ha un figlio ed è disabile dalla nascita. Lo raggiungiamo telefonicamente e ci racconta di come per 20 anni si sia occupato di indagare e capire questo complesso argomento attraverso una ricerca svolta personalmente casa per casa nella città di Cesena, intervistando persone disabili dai 16 ai 50 anni, donne e uomini, che gli hanno raccontato le loro esperienze.
Ci racconta anche come, da questa ricerca su disabili e sessualità durata anni, ne sia poi nato un documentario video per una televisione svizzera.

La questione della sessualità dei disabili:

“È un tema abbastanza delicato e difficile che chiama in causa altri aspetti. Il primo è il problema del disabile sia psichico che motorio, che non è riconosciuto nella sua sessualità, cioè tutta la vita sessuata. La sessualità è un gesto, una carezza, un bacio…Tuttavia è un tabù, non se ne parla nemmeno tra i normodotati di questo argomento. La volgarità è un’altra cosa: è televisione, è immagine, è nudo, è un rapporto fugace. Sono andato a intervistare molte persone disabili e ho scoperto un oceano di paure, esperienze, di non detto. Immaginate una madre che mi dice <Tonino io ho un figlio che ha 16 anni e mi chiede di aiutarlo a masturbarsi>.
Non so cosa abbia fatto la madre, ma io cosa potevo dire? Io non parlo, non ho la bacchetta magica e non la voglio. Però vorrei far capire di che mondo si tratta, di come ci siano realtà complesse che nessuno racconta. Immaginate ancora un padre che accompagna il figlio disabile da una prostituta.” (In alcuni paesi d’Europa, come la Danimarca, esiste la figura, riconosciuta, dell’assistente sessuale per la persona disabile).
“il punto – prosegue Urgesi – non è se io sia d’accordo o meno su questo: il punto è che di queste cose non se ne parla, e non è solo un problema di moralità. Ho intervistato queste persone a Cesena, vicino Rimini, e ho scoperto un mondo di gente che vorrebbe parlare di questi argomenti, della sessualità che fa parte dell’essere umano e quindi anche delle loro vite. Il mio punto di vista è questo: la sessualità non è un tabù, lo hanno fatto diventare un tabù. Perché? Per la Chiesa, ad esempio, che negli anni passati ha sempre cercato, anche in questo modo, di imporre il suo potere sull’uomo”.

Testimonianze dirette dei disabili:

Le persone incontrate e intervistate da Tonino avevano, invece, molta voglia di parlare e raccontare il loro modo di vivere la sessualità, come lui ci riferisce in base alla sua esperienza e ricerca.
“Il punto è che la sessualità oggi non si conosce. In generale. Non viene presa in considerazione. Se prendiamo l’argomento legato nello specifico alla disabilità occorre avere la sensibilità di capire e saper riconoscere l’esistenza di alcune differenze: quelle legate, ad esempio, al tipo di disabilità di una data persona. Dobbiamo stare attenti di quale tipo di disabilità parliamo. La persona paraplegica, ad esempio, non ha la possibilità di avere un’erezione. Se poi parliamo di una persona down, invece, il problema è più complesso. In ogni caso se ne dovrebbe parlare di più e in particolare entrando nello specifico dei diversi tipi di disabilità: ripeto, non sono tutte uguali”.
L’argomento non resta circoscritto solo a questo, emergono anche altre sfumature cui si tende a non far caso per mancanza di informazione e cultura: “la disabilità del maschio e la disabilità della femmina sono due cose molto differenti, due mondi completamente diversi. Il disabile maschio se vuole va a prostitute… se vuole, se può, se qualcuno lo accompagna. Ma la disabile femmina dove va? Con chi va? Chi la porta? La mamma o forse il papà o la zia o la nonna? Come fa? Ma diciamo davvero le cose come stanno fino in fondo: se un disabile maschio va con una prostituta, lei crede che la prostituta gli tiri giù i pantaloni o gli metta il preservativo? No. deve esserci qualcun altro a farlo. E la prostituta di strada vuole il doppio per andare con un disabile”.

Storie dagli istituti per disabili:

A questo punto della nostra telefonata emerge dalla memoria di Tonino un racconto che dimostra come al tema in questione siano legate ulteriori realtà, ignorate dai media: “la disabile femmina, donna, ragazza viene violentata. E sapete dove? Negli istituti. Ho avuto la fortuna e la scarogna di poter intervistare una ragazza che viveva in uno di quegli istituti dove dovrebbero essere assistite le persone disabili. Non la vedo più, perché ormai sono anni che mi sono trasferito in Lombardia, comunque questa ragazza che mi raccontò di essere stata violentata dal personale dell’istituto. Non ha denunciato queste persone perché non poteva. Perché lei non aveva una casa, non aveva dove andare e non aveva genitori. L’unico posto dove poteva stare era quello.”
Chiediamo a Tonino di dirci il nome dell’istituto, ma lui non lo fa “per correttezza nei suoi confronti. Dico solo che questo istituto si trova in Emilia Romagna e che all’epoca questa ragazza aveva 20 anni e vi sto parlando di 15 anni fa. Tutto questo lo racconto anche per far capire come esista tutto un mondo da scoprire, a cui non viene data voce.”

La necessità di parlare del tema disabili e sesso:

Tonino, in base alla sua ricerca, testimonia l’importanza di iniziare a diffondere, in modo più specifico, la conoscenza e l’informazione relative anche al tema della sessualità in rapporto ai disabili, poiché si tratta di una realtà molto vasta e complessa che ha diritto di parlare, se vuole. Proprio per questo, qualora dovessero giungere presso la redazione ulteriori lettere o testimonianze che confermino l’interesse dell’opinione pubblica nell’affrontare il tema in questione, saremo disponibili a pubblicarle.
Come ultima domanda chiediamo a Tonino quale molla abbia fatto scattare queste sue ricerche e come si sia accorto di questo mondo sommerso: “è stato l’uomo in tutta la sua globalità. Prima di essere disabile io sono un uomo, una persona umana, e come tale ho diritto a vivere la mia sessualità, la mia vita sessuata. Volevo capire come vivono gli altri. Molti non vivono proprio. Ho incontrato anche una persona che non aveva la possibilità né di camminare né di muovere le mani: sapete cosa vuol dire? Che non poteva nemmeno toccarsi. Nessuno lo aiutava. Non poteva. Ed è lì che ho iniziato a chiedermi: perché non può? Perché no?
Manca la cultura non dell’handicappato, ma del corpo, attraverso cui tutti noi parliamo. Il corpo inteso ovviamente non come oggetto o come appare da certe immagini e stereotipi che passa la televisione, nemmeno inteso come ‘peccato’ come illustra spesso la Chiesa: ma del corpo amato, da accarezzare, da rispettare e da eccitare. Tutto è contestualizzato nell’epoca in cui si vive. Oggi non si parla, non ci si pongono le domande: non dovrebbe essere così”.

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Scritto da

Nata a Roma nel 1984. Laureata in Lettere. Blogger e collaboratrice giornalistica

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