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Cannabis terapeutica: la Puglia dice si alla coltivazione

Nelle scorse ore la Regione Puglia tramite votazione della commissione sanità del consiglio regionale, ha approvato all’unanimità la proposta di legge in materia di cannabis ad utilizzo terapeutico: un provvedimento importante perché si va ad approvare, per la prima volta sul territorio regionale, la produzione di cannabis terapeutica in via sperimentale.
Una proposta di legge che consentirà di proseguire su un percorso già avviato in passato: la Puglia è stata infatti una tra le prime regioni italiane a sperimentare la somministrazione controllata della cannabis attraverso le sue strutture sanitarie: si parla ovviamente di cannabis a fini terapeutici che era possibile reperire nella farmacie ospedaliere.
Niente di irregolare come potrebbe pensare qualcuno; perché, è bene ricordarlo, in Italia l’utilizzo di cannabinoidi a fini terapeutici è del tutto legale: solo che questo deve avvenire a determinate condizioni e in presenza di requisiti particolari, come avevamo spiegato dettagliatamente in passato parlando di aspetti legislativi della cannabis terapeutica.

 

Cannabis terapeutica e normativa nazionale:

La normativa cui si fa riferimento in materia di cannabis a uso terapeutico è la legge del 2006 cui seguì, nell’anno successivo, il primo provvedimento normativo che andava a riconoscere le proprietà terapeutiche del THC (tetraidrocannabinolo), il principale principio attico della cannabis.
Con quel provvedimento, n.98 del 28 aprile 2007 dell’allora ministro della Salute Livia Turco, si andò a inserire nelle tabelle del ministro della Sanità tra le sostanze utilizzabili per fini terapeutici anche il principio attivo della cannabis. Di lì in poi la palla passò alle singole regioni, competenti in materia di Sanità, cui venne demandato il compito di emanare leggi e regolamenti sulla questione cannabis terapeutica per circoscrivere il tutto all’interno di una normativa chiara e delineata.
La normativa nazionale in definitiva fissa i paletti prevedendo, ad esempio, che si possa far ricorso a farmaci a base di cannabis solo ed esclusivamente nei casi in cui gli altri farmaci risultino essere inefficaci: all’interno dei limiti fissati dalla norma del ministero della Salute, le singole regioni possono muoversi e legiferare. E in questi anni alcune, come Toscana, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Puglia per l’appunto, lo hanno fatto.

 

La legge della Regione Puglia:

La proposta di legge votata all’unanimità dalla commissione sanità del consiglio regionale pugliese prevede che la Puglia possa avviare progetti pilota di coltivazione della cannabis: produrre medicinali cannabinoidi individuando soggetti in possesso di autorizzazioni alla produzione da parte della Agenzia italiana del farmaco, questa è la grande novità.
Perché, ad oggi, il principio attivo della cannabis è si autorizzato per finalità curative, fermo restando alcuni paletti di cui sopra, ma accedere a farmaci a base di cannabis è un iter lungo e tortuoso. Attualmente questa tipologia di farmaci può soltanto essere importata, non essendo ancora consentita la produzione.
Per questo una volta riconosciuta la necessitò di utilizzo di un farmaco a base di cannabinoidi e dopo esser riusciti ad avere la prescrizione, scatta il lungo iter (dopo nullaosta da parte del ministero della Salute) per importare il farmaco a base di cannabis (Bedrocan, Bediol, Bedica o Bedrobinol). Farmaco che viene importata dall’Olanda e che ha costi piuttosto sostenuti. Al momento la messa in carico del farmaco a base di cannabis alla Asl prevede un iter ancora più lungo.

Coltivare cannabis in autonomia per evitare l’importazione:

Con questa legge sostanzialmente, la Regione Puglia potrà prevedere in autonomia a dar vita a progetti di coltivazione della cannabis con finalità terapeutica individuando interlocutori in possesso di relative autorizzazioni. L’obiettivo è quello di fare in modo che la Puglia diventi una realtà all’interno della quale la cannabis a finalità medica curativa possa essere non solo venduta ma anche prodotta.
Come accade in diverse realtà del nord Europa; realtà alle quali ci rivolgiamo per importare i farmaci a base di cannabinoidi sostenendo un onere economico aggiuntivo piuttosto consistente.

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