Nei paesi la vita è sotto la cenere. Per vivere come si vorrebbe da giovani ci vuole danaro; e di danaro ne corre poco. Allora si gioca per moltiplicarlo e si finisce col fare del gioco un fine, una mania nella quale si stempera la noia dei pomeriggi e delle sere. Non ci si accorge che a due passi, fuori dalle finestre, c’è il lago e la campagna. Si sta legati ai tavoli a denti stretti e neppure si pensa che lo studio, o un mestiere qualsiasi, potrebbero rompere quell’inceppo che si maledice e si adora, e aprire una strada nel mondo a chi nascendo si è trovato davanti l’acqua del lago e dietro le montagne, quasi a indicare che per uscire dal paese bisogna compiere una traversata o una salita, fare uno sforzo insomma senza sapere se ne valga la pena.
Qualcuno che si ribella o che viene scosso dalla necessità, se ne va a lavorare o a far ribalderie all’estero, o almeno fuori da quei limiti. Gli altri continuano a giocare, a studiarsi, a guardarsi vivere l’un l’altro. Di tempo in tempo trovano qualche nuova forzatura del dialetto o inventano un soprannome che affliggerà una famiglia per due generazioni. Passano una stagione dopo l’altra e aspettano il ritorno di quelli che sono partiti per poterli ascoltare quando raccontano in cerchio al Metropole o al Caffè Clerici.
In questo articolo parliamo di:
- 1 Chiara Bariffi e le rive del lago di Como
- 2 TSO e la sindrome di Capgras
- 3 La sparizione di Chiara Bariffi
- 4 La ricostruzione dei fatti
- 5 Testimonianza della medium Maria Rosa Busi
- 6 Le prime ispezioni con la motovedetta
- 7 Indagini e il ruolo di Sandrino
- 7.1 Quegli strani comportamenti dopo la sparizione di Chiara
- 7.2 Si scopre che la sedicente medium è in realtà un’infermiera
- 7.3 La testimonianza di Maurizio Venini
- 7.4 La testimonianza di Mirko Cola
- 7.5 La tesi dell’accusa e la pista satanista
- 7.6 La tesi del mezzo con braccio meccanico
- 7.7 Le abitudini alcoliche del gruppo di Chiara
- 8 La tesi della gelosia e il litigio
- 9 Ceneri di una storia grottesca
Chiara Bariffi e le rive del lago di Como
Piero Chiara è stato il cantore di piccole storie della provincia lombarda che costella il Lago Maggiore. E anche se la nostra storia si è svolta sulle rive di quello di Como, queste righe tratte dal primo capitolo del suo Il piatto piange si prestano a descrivere perfettamente l’umanità che popolò vita e morte di Chiara Bariffi, trent’anni, gli occhi azzurri e il sorriso incerto, finita in fondo al Lago con la sua macchina la notte fra il 30 novembre e il primo dicembre del 2002.
Un’umanità di piccoli abitanti di provincia, che vivono ai margini e si fanno scorrere addosso la vita passando i fine settimana invernali caracollando da un paese all’altro, da un bar all’altro, annebbiati non si sa bene se dalla bruma che si alza dal Lago o dagli eccessi alcolici che paiono le uniche cime cui appigliarsi per resistere fino all’estate, quando la nebbia si dirada, arrivano i villeggianti e ci si illude che ci sia lo spazio per un guizzo, un’avventura, che possa spezzare per sempre quel loop fatto di giornate spente e serate sprecate.
Piccoli segni di squilibrio e rifiuto di farsi aiutare
Chiara ci aveva provato a fuggire da quella gabbia di ozi logoranti. Figlia di due genitori anziani, dopo essersi diplomata aveva intrapreso gli studi universitari ma li aveva lasciati quasi subito, dirà la madre al processo, perché non sopportava l’idea di sentirsi giudicata. Le stava stretto Bellano, il paese in cui viveva, e cercava la strada per lasciarselo alle spalle.
Non essendo andata bene l’esperienza con l’Università comincia a svolgere qualche lavoretto, si iscrive ad un corso di inglese e poi parte per Londra, da cui tornerà, stando alla mamma, esaurita. Comincia a dare segni di disagio e squilibrio ma, spiega la sorella in aula, non accetta di farsi aiutare da specialisti.
Non potrà più sottrarsi quando i suoi disturbi esploderanno in tutta la loro gravità: una mattina entra in camera della madre e del padre sostenendo di aver capito che i suoi veri genitori erano stati rapiti, mentre quelli che aveva davanti erano due sosia. I coniugi Bariffi non sanno bene come fronteggiare una situazione del genere e passa qualche tempo prima che si opti per un TSO e l’inevitabile ricovero in psichiatria.
TSO e la sindrome di Capgras
A Chiara viene diagnosticata la Sindrome di Capgras, un disturbo dissociativo molto raro detto anche l’ Illusione dei sosia.
Nei colloqui con gli specialisti racconta di aver subito degli abusi da un convivente a Londra, con il quale perde la verginità, per poi dirsi consumata dall’eccesso di rapporti sessuali. La mia vita è stata divisa in due. La prima parte dalla cintola in su, la seconda dalla cintola in giù. Dimessa, si chiude in casa per due anni, uscendo raramente. In quelle occasioni si unisce alla storica compagnia del paese come se nulla fosse successo, poi torna a chiudersi in se stessa.
Lentamente riesce a fare dei progressi, spinta anche dal grande amore per la fotografia. Ironia della sorte, il giorno dopo la sua scomparsa era in programma la prima mostra di sue foto che, per quanto alcuni scatti denuncino la sensibilità di una persona disturbata, sono di grande impatto.
La sparizione di Chiara Bariffi
L’ultima volta che i genitori vedono Chiara sono le 21.00 di sabato 30 novembre 2002, quando esce dalla sua casa di Bellano, sul Lago di Como, a bordo del suo fuoristrada bordeux. Quella notte non tornerà a casa.
La mattina seguente i genitori attendono, del resto Chiara ha 30 anni, non è una bambina; pur essendo inconsueto che non abbia avvertito, sarebbe stata libera di passare la notte da qualcuno. Altre volte si era allontanata per qualche giorno.
La madre pensa comunque di chiamare un amico della figlia, Sandro Vecchiarelli, l’uomo che poi verrà accusato di avere ucciso la ragazza, perché sa che è sempre in giro. Oltretutto Chiara aveva con lui un rapporto abbastanza assiduo e lo aiutava ad accudire il padre ultracentenario. Il cinquantatreenne Sandrino non risponderà al telefono per tutta la mattinata, del resto dichiarerà di essersi svegliato alle 13.00.
Un’ora dopo si presentano a casa sua altri tre della comitiva di amici, che erano venuti a conoscenza della scomparsa della ragazza mentre bevevano una birra domenicale al Bar Pin, e gli comunicano che i genitori di Chiara la stanno cercando, domandandogli se sia da lui. Chiara non c’è.
I coinvolti: una carrellata di personaggi al limite del credibile
A questo punto è bene chiarire per quale motivo Piero Chiara sarebbe stato il giusto narratore di questa storia. Non solo per le zone in cui si è svolta. Per l’atmosfera.
I personaggi che si affacceranno sulla scena, nelle vesti di testimoni, indagati, talvolta persino inquirenti, sembrano usciti da un racconto dello scrittore di Luino, e daranno vita a situazioni grottesche, quasi comiche, lasciandoci un dubbio: hanno preso la sparizione della povera ragazza per un’occasione di evadere dalla loro stantia routine o, semplicemente, non si rendono conto della serietà e gravità della situazione? Fatto sta che non sembra essercene uno normale.
Il Processo, che una doppia puntata di Un giorno in pretura darà in dono al pubblico, sarà una carrellata di personaggi al limite del credibile secondo, nella storia giudiziaria del nostro Paese, solo a quello che vide imputati i Compagni di merende.
Sandro Vecchiarelli, pur scegliendo di avvalersi della facoltà di non rispondere, trova il modo di restare stampato nella memoria. Perché ti sembra di averlo già visto. Di averlo già visto alla guida di un certo cancellierato fra il 1933 e 1945. Sandrino è infatti la versione biondastra di Adolf Hitler: bassino, rigido come chi sia afflitto da un costante mal di schiena, con i baffetti e gli occhialini tondi che richiamano il film La caduta. Mettiamoci pure che uno dei suoi hobby è il disegno.
La ricostruzione dei fatti
La sera del 30 novembre, dopo essere uscita di casa, Chiara si dirige a Dervio, quattro chilometri più su sulla riva del Lago, a casa di Vecchiarelli. Insieme si spostano al Bar Circolo dove raggiungono alcuni amici. Parte qui il consueto tour alcoolico fra i locali dei paesi della zona. Dopo aver bevuto qualcosa si spostano al Disco Pub La vespa a Delebio, rimangono fino all’una e mezza dopodiché migrano al Bar ExCafè di Colico.
Fino a qui le testimonianze grossomodo coincidono. Poi il gruppo si divide. Vecchiarelli dichiarerà in fase di indagine di essere rimasto a Colico con alcuni amici per poi fare rientro a casa, ubriaco, alle 04.00, mentre Chiara, stando ai racconti di altri allegri Compagni di bevute, fa ritorno a Dervio, al Bar Pin, dove si trattiene con l’amico Massimo Barili (anche lui verrà indagato ma presto la sua posizione sarà archiviata) e un certo Bettega,il quale racconta che sarebbero rimasti a fare due chiacchiere nel parcheggio fino alle 02,30. Poi Chiara avrebbe salutato e si sarebbe avviata in macchina.
Da questo momento scompare nel nulla.
Prime ricerche e ipotesi allontanamento volontario
I carabinieri non sembrano particolarmente in allarme, propendendo per l’idea di un allontanamento volontario (questa convinzione è ancora oggi molto diffusa nei casi di scomparsa e, spesso, fa perdere tempo decisivo ai fini delle indagini); svolgono così solo accertamenti di routine. Un carabiniere – che decide di iscriversi alla galleria di personaggi memorabili di questa storia presentandosi in tribunale sfoggiando una camicia gialla che ricorda quella di Antonio Albanese in Uomo d’acqua dolce, una giacca di taglio classico grigio chiaro e una cravatta a rombi bicolori – racconterà di aver effettuato un’ispezione sulla strada che Chiara avrebbe dovuto percorrere quella notte percorrendola per due volte a piedi senza riscontrare segni di incidenti.
Vengono effettuate anche delle ricerche via lago con un ecoscandaglio, senza risultati.
La famiglia si rivolge a “Chi l’ha visto?”
La famiglia si rivolge anche a Chi l’ha visto?, ottenendo però un risultato non voluto. Alla mitica trasmissione di Rai3 arrivano diverse segnalazioni di persone che dicono di avere visto Chiara viva fra la Toscana e il Nord Italia, rafforzando anche in chi indaga l’ipotesi dell’allontanamento volontario. I genitori comprano addirittura un camper per seguire le tracce della figlia, invano.
A circa due anni dalla scomparsa la giornalista Cristina Carbotti, che lavora a La Vita in diretta, chiede ai genitori se abbiano mai tentato strade alternative.
Interpellata in aula su questa sua trovata dichiarerà di essersi sentita avvilita dal dolore di questi due anziani signori e di aver pensato di metterli in contatto con una Medium ipotizzando che la cosa potesse essergli in qualche maniera di conforto.
Entra in scena anche una medium
Fa così irruzione in questa galleria di squinternati che potrebbero essere cantati dal menestrello laghee Davide Van de Sfroos un altro personaggio a suo modo memorabile, la cui apparizione imprimerà, comunque, una spinta decisiva alle indagini. La sedicente Medium Maria Rosa Busi è un incrocio fra una Wanna Marchi platinata e una Moira Orfei senza turbante.
La Busi si dice decisa ad aiutare la famiglia e comincia le sue attività che porteranno al rinvenimento, in data 11/09/2002, della macchina e del cadavere di Chiara, nelle acque del Lago di Como all’altezza di quello che in zona chiamano il Buco dell’Oca, a diverse centinaia di metri di profondità.
Se state pensando sia difficile credere ai medium in generale e ad una a chiamata nel caso di specie è bene spostarci direttamente nella Corte di Assise di Como presieduta da uno sbalordito Dottor Alessandro Bianchi. Qui il Sandrino Vecchiarelli è sotto processo per l’omicidio di Chiara e, prima di passare in rassegna alcuni fra i più improbabili testimoni mai visti in un’aula di Giustizia, è bene riportare la sconcertante deposizione della Busi.
Testimonianza della medium Maria Rosa Busi
La medium bresciana dichiara che, dopo aver ricevuto dai genitori alcune foto della ragazza scomparsa si è recata a Bellano a trovarli, di prima mattina. Da lì si sposta verso il Bar Pin di Dervio, in quanto era l’ultimo luogo in cui Chiara era stata avvistata. Prende un caffè, le pare giusto informare la Corte del fatto. Dopodiché si avvia nuovamente verso Bellano e, mentre si trova a metà strada si ferma in una piazzola perché Vedo Chiara nella macchina. Il Presidente Bianchi è quantomeno scettico e le fa notare come da quella piazzola ci fosse passata anche poco prima, facendo il tragitto inverso, senza sentire né vedere niente. La Busi risponde che non c’è nulla di strano, la presenza ha cominciato ad avvertirla all’interno del Bar e poi la sensazione si è fatta sempre più forte sulla via del ritorno, fino alla piazzola. Sono cose che non si spiegano, ca va sans dire.
Non si spiegano, d’accordo, e infatti nessuno le capisce. Primo fra tutti il Giudice che, pur desiderando ardentemente di essere altrove, è costretto a insistere. Passa quindi a chiedere alla medium se si sia fatta un’idea di come Chiara sia morta. No, non voglio pensarci, non posso pensarci. Ma scusi lei ci parla con Chiara? Sì. Capisce che è quantomeno strano che lei non abbia la curiosità di chiederle cosa le sia successo? Non voglio parlare di questa cosa, mi fa stare molto male. Io sono così.
Così come? Il mio compito è riportare Chiara dove sta, il resto va bene così.
È francamente impossibile descrivere le facce dei presenti.
Le prime ispezioni con la motovedetta
Le operazioni di recupero del corpo erano state abbastanza complicate. Dopo la visione la Busi aveva liquidato i genitori di Chiara rapidamente e si era recata dai carabinieri con una cartina del lago su cui era cerchiato in rosso il punto in cui avrebbero potuto trovare la carcassa dell’auto. Aveva poi aggiunto di chiamare i Carabinieri di Genova. Per quale motivo non è dato sapere.
I militari del comando di Lecco escono con la motovedetta e non trovano nulla, al che la Busi consiglia ai genitori di coinvolgere i Volontari della Protezione Civile. Vengono fatti dieci accessi al punto indicato senza successo.
Infine arriva, sotto consiglio della medium, Remo Bonetti unico in Italia a disporre di uno strano macchinario che chiama Mercurio, composto da un filo meccanico, quattro motori e due telecamere, che può arrivare fino a 500 mt di profondità.
Il ritrovamento dell’auto con il corpo di Chiara
L’auto viene finalmente individuata a circa 150 metri e tirata su. Chiara è nel sedile posteriore, con la gamba fuori dal finestrino e sembra abbracciata al sedile del passeggero. Il corpo è integro, con i vestiti indosso, e non presenta segni di violenza. La causa della morte viene individuata con alta probabilità nell’annegamento.
Data la storia di Chiara vengono interpellati gli specialisti che l’avevano avuta in cura i quali affermano unanimemente, come faranno anche i periti a processo, che il quadro clinico era complesso ma non compatibile con idee di suicidio.
Fin dalle prime battute del Processo emerge il ritratto di un Sandrino diviso a metà: infermiere meticoloso e amorevole con il vecchio padre all’interno delle mura di casa, più esuberante fuori. Aveva vissuto in Olanda, dove si era anche sposato; terminato il matrimonio aveva fatto ritorno a Dervio non solo per accudire il genitore ma anche per vivere a suo carico, non lavorando, e agendo il ruolo di compagnone del paese sempre a zonzo per i bar e protagonista di serate spese fra i fumi dell’alcool e non solo. Alla morte del padre – successiva a quella di Chiara e antecedente al processo – si trova nella per lui quasi inedita condizione di doversi trovare un lavoro.
Il Parroco del paese racconterà di essersi interessato personalmente alla questione, di aver aiutato Vecchiarelli a essere assunto presso una ditta della zona ma che il Sandro era durato poco, venendo licenziato dopo un paio di mesi perché Si sa come sono fatti questi soggetti, cominciano a fare qualche assenza fin quando non scompaiono del tutto.
Indagini e il ruolo di Sandrino
Nella fase delle indagini la posizione di Sandrino si era complicata anche in ragione della testimonianza di tre persone che lo avrebbero visto fare colazione con Chiara al Bar Pin alle 06,30 di domenica. Sono la barista, l’uomo che consegna i giornali, tale Facchinetti e il suo amico Andreone. Facchinetti a processo ci regala momenti degni di nota. È un uomo ben oltre i sessant’anni, con la faccia da bulldog, l’occhio vacuo e l’aria di chi è alle prese con una farraginosa digestione: dichiara con voce impastata che quella mattina era lì a bere un Marsala coll’Andreone, un ragazzo non tanto a posto (disse quello che tracannava Marsala di prima mattina) e si era poi avveduto della presenza di Chiara, che aveva visto altre volte, in compagnia di un uomo di spalle che a vederlo da dietro sembrava Sandrino di Dervio.
Alle legittime perplessità del Presidente che vorrebbe fosse meglio chiarito il concetto di sembrare a vedersi da dietro il Facchinetti risponde che lui Vecchiarelli lo aveva visto spesso, anche in moto, ma soprattutto fino a qualche tempo prima, quando portava i capelli a caschetto. Con un colpo di genio totalmente imprevedibile aggiunge una postilla leggendaria: che poi coi capelli lunghi stava anche bene.
Viene ascoltato, o almeno ci si prova, anche Andreone. Ricorda vagamente l’attore Ugo Conti, parla con voce flautata e sfoggia una sciarpa multicolore che l’interprete di Mediterraneo indosserebbe solo se stesse recitando in un film di Pedro Almodovàr; dichiara di non aver visto nulla.
Da una serie di riscontri si evince che la scena ricordata da Facchinetti non era avvenuta il primo dicembre ma la domenica precedente, anche la mamma di Chiara ricorderà in aula che il 24 novembre la figlia era rientrata a casa alle sette di mattina e lei la aveva invitata a ritirarsi in orari più consoni. L’amico di Andreone, chi l’avrebbe detto, si sbagliava.
Quegli strani comportamenti dopo la sparizione di Chiara
Più testimoni hanno raccontato che subito dopo la scomparsa dell’amica Sandrino aveva cominciato ad avere strani comportamenti. Una ragazza dichiarerà che una sera era stata avvicinata da Vecchiarelli in un bar: Tu sei dei pesci come la Chiara, ho fatto sparire lei, faccio sparire te.
Inoltre si è fissato con Valeriano Casini e suo fratello, li minaccia se li incontra e arriva a rispondere all’innocuo saluto di un avventore al bancone con un poco cordiale Sei stato tu con Valeriano a uccidere Chiara.
Pare ossessionato. Quasi troppo.
Si scopre che la sedicente medium è in realtà un’infermiera
A quel punto gli inquirenti cominciano a sospettare che c’entri qualcosa e, dopo l’entrata in scena della sensitiva Busi, non credendo alla storia delle visioni e delle percezioni, cominciano a cercare un collegamento fra lei e Vecchiarelli. È evidente, pensano, che qualcuno ha detto alla Busi dove si trovava l’auto.
La sedicente Medium è un’infermiera ausiliaria, attiva soprattutto nel bresciano. I carabinieri cercano dunque di capire se ci sia coincidenza di tempi fra la sua presenza in determinati ospedali o cliniche e i ricoveri del padre del Sandro. La tesi è semplice: facendo ricorso al vecchio adagio secondo cui l’assassino torna sempre sul luogo del delitto o inconsciamente cerca una maniera di far notare le sue gesta, i carabinieri credono che dopo aver conosciuto la Busi per via del padre Vecchiarelli le abbia confidato quanto accaduto, chiedendole di fingersi una sensitiva e di indicare il luogo in cui Chiara giaceva. Per quanto può valere, la Busi garantirà in aula di non aver mai visto né sentito il Sandrino in vita sua.
Al di là della logica, che impone a chi ha un pensiero razionale di non credere a improvvise visioni sulle piazzole di sosta, non è stato possibile né confermare né escludere con certezza il collegamento fra i due.
La testimonianza di Maurizio Venini
Se questo fosse un film (e purtroppo non lo è) entrerebbe ora in scena il Premio Oscar come migliore attore non protagonista: il testimone Maurizio Venini.
Dichiara in aula che quella sera aveva litigato con la compagna e che questa era quindi uscita da sola. Essendo poi scoppiato un violento temporale si era preoccupato del fatto che fosse ancora in giro e così era uscito di casa a cercarla. Passando sotto casa di Vecchiarelli noterebbe l’auto di Chiara.
A domanda se fosse mai salito su quell’auto risponde di no, la Difesa gli contesta che quando era stato sentito come persona informata sui fatti durante le indagini aveva risposto di sì e lui ribatte Ah sì, è vero!
La sua compagna dichiara che lui Chiara non la conosceva e la macchina neanche. Messo quindi alle strette dalla difesa comincia a svagheggiare, sostenendo che l’auto l’ha riconosciuta perché di fuoristrada bordeux in zona ce n’era solo uno. Quando l’avvocato gli fa notare che vi sono testimonianze della presenza di un’altra auto di quel tipo e di quel colore in zona risponde come a chi sovvenga in quel momento Sì, sì, è vero, ce n’è un’altra.
Sostiene poi di avere infine ritrovato la compagna a casa di un certo Tobia, mentre lei aveva dichiarato di essere tornata per i fatti suoi. Quando gli fanno notare la cosa risponde allargando le braccia e aggiungendo Eh vabèèèè.
Le tante contraddizioni e i dubbi degli avvocati
Ad ogni modo insiste, dicendo che essendo capitato altre volte che la moglie uscisse da sola può essersi confuso ma Se io dico che ho visto una macchina … non sono uno stupido. Specifica di essere sicuro anche perché ricorda il temporale. All’avvocato che gli contesta il fatto che quella notte non avesse piovuto risponde Magari non ha piovuto ma c’era un lago che … Il lago lo lasci stare dove sta Eh no perché è venuto fuori il lago, avevamo due metri di acqua nelle cantine. Gli chiedono come sia possibile che si fosse avveduto della macchina di Chiara sotto casa di Vecchiarelli e non di quella della sua compagna parcheggiata in divieto di sosta, di traverso, davanti alla chiesa del paese. Anche qui non è dato sapere.
Per quanto possa sembrare incredibile, la parte più grottesca della sua testimonianza deve ancora arrivare. A un certo punto Venini prende praticamente possesso dell’Aula: mentre risponde alle domande arriva addirittura a farsi le contestazioni da solo Io ho capito dove vuole arrivare lei, io non voglio contraddire. Lei vuole arrivare a dimostrare alle persone che sono qua che io siccome mi contraddico in tante cose non posso essere sicuro di una cosa che io mi ricordo. L’avvocato non può che rispondergli sorridendo che potrebbe prendere il suo posto. Venini però decide di spiegarsi tramite una contorta figura retorica. Se io le dico che mi è venuta una cosa qua (si tocca l’interno coscia), una carne crescente che se non vado a tagliarla … Posso non ricordarmi che non ho i denti davanti perché ormai sono abituato a masticare senza denti, ma di questo mi ricordo! Sconcerto generale.
Accusa poi i carabinieri di aver confezionato un verbale ad hoc per fare carriera. In ultimo ci regala un’epica uscita di scena Io sto sclerando, posso smettere? Mi sento troppo pressato, è vero che sto facendo confusione ma perché qualcuno a monte ha creato confusione prima di me.
Ad ogni modo la sua testimonianza non verrà ritenuta credibile anche per altri motivi: è stato acclarato che quella notte non pioveva, inoltre Venini dichiara di avere concluso le sue ricerche della compagna all’alba presso il Bar del cognato che però il primo dicembre era chiuso per ferie. È quindi probabile che la macchina di Chiara l’abbia pure vista, ma il sabato precedente, quando aveva piovuto e il bar era aperto.
La testimonianza di Mirko Cola
Altro testimone originale è Mirko Cola, il quale dichiarerà che alle 22,00 di domenica, uscendo dal tunnel che si trova all’imbocco di Dervio, si sarebbe imbattuto in un camion con due persone a bordo fermo in una piazzola. Il mezzo avrebbe tenuto imbragata con un braccio meccanico la macchina di Chiara e la stava calando nel cassone posteriore. Prosegue qualche metro e sente il tonfo di qualcosa gettato in acqua, ma non chiama i carabinieri perché Mi avrebbero detto di fermarmi.
All’avvocato che gli contesta di aver sbagliato il modello dell’auto risponde Eh la prossima volta le dico anche il numero di telaio.
Sul punto della macchina precipitata in acqua ci sono dubbi: il perito dell’accusa sostiene che sia il fuoristrada sia il costone di roccia prospiciente il Buco dell’Oca presentano segni di una precipitazione, mentre un’altra consulenza non esclude la possibilità che le ammaccature sul mezzo siano state causate dalle forti correnti.
La tesi dell’accusa e la pista satanista
In tutto questo, però, bisogna capire per quale motivo Vecchiarelli avrebbe dovuto uccidere Chiara per poi buttarla nel lago, e con l’aiuto di chi. L’accusa ritiene che in realtà la ragazza si sia sentita male per un mix di alcool, droghe e psicofarmaci, che Sandrino l’abbia creduta morta e a quel punto, terrorizzato, abbia deciso di farla sparire con l’aiuto di un paio di amici. Ma chi?
La procura pensa a Valeriano Casini e Ugo Cameroni per due ragioni. A Dervio, pare, sarebbe stato attivo un gruppetto di persone dedito a pratiche di satanismo. I due parroci lo definiscono un satanismo per gioco, anche se raccontano di qualche animale sgozzato. Vecchiarelli aveva la passione per l’esoterismo e l’occultismo, mentre Casini si definiva Ministro di Satana e un paio di volte aveva fatto irruzione in chiesa durante la messa del sabato pomeriggio sputando per terra. Era poi morto di infarto nel 2005 e al suo funerale si erano presentati diversi satanisti milanesi che avevano creato scompiglio in chiesa e al cimitero.
Secondo i carabinieri Sandrino e i satanisti per gioco si sarebbero conosciuti in una sala prove messa a disposizione dalla parrocchia in cui si suonava Death Metal.
Vecchiarelli alla batteria, Cameroni alla chitarra mentre Casini stava lì a guardare, novello Richard Benson.
La tesi del mezzo con braccio meccanico
È suggestivo il fatto che Casini e Cameroni lavorassero per la ditta di movimento terra di Diego Rusconi e che quindi potessero avere accesso a diversi mezzi meccanici. Rusconi, in aula, dichiarerà però di non avere mai avuto mezzi con braccio meccanico e i carabinieri effettivamente non li troveranno. Il titolare della ditta viene però interrogato anche su un’altra questione: in una intercettazione ambientale avrebbe detto alla madre che secondo lui Quel picio lì avrebbe buttato la macchina nel lago. Al presidente, che gli chiede di spiegare cosa intendesse, spiega che picio è un’espressione lombarda per dire scemo e che lo scemo di cui parlava sarebbe il Vecchiarelli. Ma solo, spiega, per una propria personale convinzione non suffragata da fatti.
Al di là di questo va rilevato un punto: tanto per cominciare Cola li avrebbe intravisti trafficare intorno alle 22,00 di domenica, ossia quando mezzo paese cercava Chiara da ore.
Inoltre, un esperimento filmato attesta come fosse impossibile, uscendo in auto da quel tunnel con quelle condizioni di visibilità vedere alcunché. Emerge infine dalla perizia medico legale come il corpo di Chiara non presentasse segni di precipitazione da una tale all’altezza all’interno di un abitacolo.
Le abitudini alcoliche del gruppo di Chiara
I riscontri sulle abitudini alcoliche del gruppo sono numerosi: gli stessi gestori dei bar confermano che in quel gruppo l’eccesso fosse la normalità e l’ex fidanzato di Chiara regala un altro momento memorabile quando, con accento rigorosamente lombardo, costruisce senza apparente motivo una frase in romanesco: Se po’ dì che l’alcool era ‘r collante d’unione della compagnia. Riscontri, non certo prove di colpevolezza.
La Procura arranca e cerca quindi da un lato di proporre una dinamica alternativa che spieghi come l’auto sia finita sott’acqua, dall’altro cerca di rafforzare la propria tesi tirando fuori il classico movente della gelosia.
In località Santa Cecilia c’è infatti uno scivolo sulla banchina che da’ accesso diretto al lago e viene utilizzato per calare in acqua le barche, si pensa la macchina possa essere stata spinta in acqua da lì; anche questa ipotesi perde presto forza in quanto l’accesso alla zona dello scivolo è chiuso da una sbarra che è quasi sempre bloccata con un lucchetto.
Per quanto concerne la gelosia si raccolgono alcune testimonianze non meno naif di quelle che abbiamo già riportato. Un agente di Polizia di Stato, camminando per le vie del paese, sente un gruppo di vecchietti che, per dirla chiara, spettegolano sul caso. Li ascolta brevemente e poi fa una annotazione di servizio in cui sostiene che, secondo quelli, la Bariffi e il Vecchiarelli avevano una relazione. Al sempre più sbigottito Presidente che gli chiede come mai non avesse fatto domande ai chiacchieroni per meglio circostanziare la sua testimonianza risponde che Non è educazione.
La tesi della gelosia e il litigio
Viene convocato anche un certo Gavino Cherchi che aveva avuto un paio di discussioni accese col Sandrino, pare per la gelosia di quest’ultimo nei confronti di Chiara. Al Bar Pavone di Dervio (da queste parti sembrano esserci più bar che alberi e a giudicare dagli avventori gli affari devono andar bene a tutti) i due si erano spintonati perché Vecchiarelli accusava l’altro di aver toccato Chiara. Un’altra volta invece l’imputato si era presentato fuori dal Bar Pin minacciando Cherchi con un cacciavite, al che questi lo aveva preso a bastonate con una stecca da biliardo e la questione era finita lì, racconterà minimizzando.
Uno dei testimoni, che preferisce restare anonimo, sarà lapidario: c’era un rapporto privilegiato ma non certo sentimentale, Chiara era una sognatrice, non penso che sia proprio ‘sto sogno il Vecchiarelli.
Al termine di questa carrellata di testimoni improbabili e indizi vaghi, sarà addirittura il Pubblico Ministero a chiedere l’assoluzione di Vecchiarelli, perché non si è riusciti a formare la prova durante il dibattimento.
Sandrino verrà assolto dopo più di 500 giorni in carcere.
Ceneri di una storia grottesca
Parafrasando Piero Chiara, ciò che si è visto sopra la cenere di questa è storia ci è apparso grottesco, ridicolo, a tratti divertente. Non sarebbe stato forse nemmeno giusto raccontarlo senza una vena ironica. Quando non si riesce a mettere un punto a una storia del genere, però, è triste per tutti. Sotto la cenere, rimane il dolore di una vita spezzata troppo presto, di una famiglia rimasta senza risposte dopo anni di ricerche e indagini forse inadeguate, che merita di sapere come e perché Chiara sia morta fra il 30 novembre e il primo dicembre del 2002.
Nel 2020 il Dottor Enrico Magni, che ebbe in cura Chiara, ha scritto un romanzo ispirato alla sua storia, Omicidio irrisolto, nella speranza che le indagini possano riaprirsi e che a quella sognatrice che cercava in tutti i modi di scappare dal suo piccolo mondo antico venga resa giustizia.