Questa è una storia di provincia. Una provincia di frontiera, fra Veneto e Friuli, ai piedi della Carnia. Una provincia operosa, tranquilla, silenziosa. Una provincia elegante e raffinata. Una provincia di portici, campanili e architetture che spaziano dal romano all’asburgico. È la storia di una provincia di cognomi che finiscono per consonante.
È anche la storia di quello che successe in molti luoghi d’Italia negli anni 80, quando dopo il periodo buio degli Anni di Piombo e con l’edonismo reaganiano che attecchiva ma non dappertutto, molti hanno cercato in esperienze nuove, in modalità nuove, il proprio posto nel mondo. Così sono nate un po’ ovunque sette, comunità, gruppi chiusi. È la storia di Annalaura Pedron, che aveva 21 anni e già tanta voglia di ricominciare.
In questo articolo parliamo di:
- 1 2 Febbraio 1998, via Colvera, Pordenone
- 2 Chi era Annalaura Pedron?
- 3 Il ruolo del santone tanto in voga tra i ricchi
- 4 La setta Telsen Sao
- 5 La ricostruzione della morta di Annalaura
- 6 Le testimonianze
- 7 Ricostruzione dell’aggressione
- 8 La setta si scioglie
- 9 Il caso si riapre: Davide Rosset
- 10 Il processo (presso il Tribunale dei Minori)
- 11 Epilogo
2 Febbraio 1998, via Colvera, Pordenone
È la mattina del 02 febbraio 1988 e siamo in Via Colvera, al numero 4, nella periferia nord di Pordenone. Una periferia che non fa rima con degrado. Il Condominio Annette è infatti il tipico caseggiato residenziale che si incontra identico in molte città, mura verde acido, ampi balconi color panna, un bell’ingresso e tanto verde intorno. È qui che verso le 12,45 fa ritorno la Signora Marina, mamma di due bambini, con la figlia maggiore appena prelevata da scuola. Bussa due volte alla porta, riproducendo un segnale convenuto e noto a tutta la famiglia: del resto all’interno c’è il piccolo di casa, Andrea, che ha 20 mesi e probabilmente sta dormendo. Il campanello lo sveglierebbe.
A vegliare su di lui c’è la baby sitter, Annalaura, una bella ragazza che lavora in quella casa da un mesetto, e sa bene che, a bussare in quel modo, può essere solo qualcuno di famiglia. Però non apre. A quel punto la datrice di prova ad aprire la porta, ma dal lato interno Annalaura deve avere lasciato le chiavi nella toppa. La Signora Marina si assume quindi il rischio di svegliare il piccolo Andrea e suona il campanello pensando che la ragazza si sia addormentata o sia troppo lontana dall’ingresso per sentirla bussare. Nessuno apre.
Al nuovo squillo del campanello Andrea comincia a piangere, la signora Marina, comprensibilmente, a preoccuparsi. Suona e bussa insieme, chiama a gran voce Annalaura ma dall’interno, eccezion fatta per il pianto sempre più inconsolabile di Andrea, non arrivano segni di vita. Sale quindi al piano di sopra, chiedendo ai vicini di poter telefonare a casa propria. Il telefono è occupato. Da sotto si ode il pianto a dirotto del figlio, Marina, in preda al panico, chiama i pompieri.
“Signora, forse è meglio se non entra”
I Vigili del Fuoco sono sul posto in pochi minuti e rapidamente entrano in casa passando dal balcone. Quello che pochi secondi dopo apre la porta di casa alla giovane madre è pallido e non ha l’aria di chi ha appena assistito al più bello spettacolo del mondo Signora, forse è meglio che non entra. È però impossibile fermare mamma Marina che scansa il pompiere e punta dritta alla stanza del figlio, anche se fa in tempo a intravedere nel soggiorno, con la coda dell’occhio qualcosa di diverso dal solito. Andrea sta bene, era solo il pianto di un piccolo svegliatosi di soprassalto.
Il corpo senza vita della baby sitter
Chi sta decisamente peggio è la baby sitter. Il suo corpo senza vita è supino su un tavolino di vetro che si trova nell’angolo cieco del soggiorno, accanto ad un divano. Le gambe sono piegate ad angolo retto e i piedi poggiano sul pavimento, le braccia sono aperte a croce. Maglietta e felpa sono sollevate sopra il seno, i pantaloni e gli slip calati alle caviglie. Accanto al cadavere una lampada in frantumi. Ci sono anche un cuscino e un coltello. Sotto al tavolino il tappeto è arricciato, come se qualcuno ci fosse slittato sopra frenando una corsa.
Nel resto della casa l’ordine è intatto, solo alcune macchie di sangue sono strane: una su una agendina della ragazza accanto al telefono (che ha la cornetta sollevata), un’altra sul citofono, una su un’anta della cucina, una strisciata ematica sul canovaccio sopra il lavandino. Il corpo della ragazza presenta molte ferite da taglio superficiali, inferte con uno dei cocci della lampada. Il coltello, infatti, è completamente pulito, sembra poggiato lì.
Chi era Annalaura Pedron?
Ma chi era Annalaura Pedron? È la prima domanda che si pongono gli inquirenti quando arrivano sulla scena del delitto. Scena che sarà inquinata da una serie di persone: il pompiere che apre la porta senza indossare i guanti, la padrona di casa che lava dei bicchieri forse per dare un’immagine più ordinata della casa, gli agenti della squadra mobile ancora non abituati a preservare la situazione in vista di indagini scientifiche, addirittura cronisti e una troupe di Tele Pordenone che riescono ad accedere all’appartamento.
Nel parlare con la famiglia per ricostruire esistenza e frequentazioni di Annalaura, gli inquirenti vengono a conoscenza di un momento di frattura nella vita della ragazza.
La Pedron, bella ragazza, timida ed introversa ma capace di slanci di curiosità e fantasia – dirà la madre Paola Zomuner intervistata all’interno dell’episodio di Blu Notte che Carlo Lucarelli dedicò a fine anni 90 al caso –, fino ai sedici anni era stata una ragazza normale, perfettamente inserita, legata alla famiglia e brava a scuola.
Amava scrivere e coltivava il sogno di diventare giornalista. Poi era entrata in Telsen Sao Cenacolo 33.
Il ruolo del santone tanto in voga tra i ricchi
1982. Un’amica di famiglia, moglie di un manager molto in vista in città, contatta i Pedron e li invita a cena: devono assolutamente conoscere un uomo, si chiama Renato Minozzi, che in seguito ad un incidente e al coma ha avuto esperienze extrasensoriali, racconta di essere in contatto con gli alieni, di essere arrivato fino all’Estrema Soglia (qualunque cosa sia) e di essere tornato indietro. Ora, vuole creare un Gruppo. La madre di Annalaura ricava dall’aspirante Santone una pessima impressione, dirà addirittura di Miseria intellettuale. Non ha nessuna intenzione di avere a che fare con il gruppo nascente.
L’amica dei Pedron, al contrario è estasiata, conquistata dal carisma di Minozzi. La sua, oltretutto, non è un’eccezione: Pordenone è una città piccola e il neonato Cenacolo 33, grazie al passaparola, ha grande successo fra le famiglie bene. È questa una caratteristica peculiare del Gruppo di Minozzi: a differenza della maggior parte delle Sette sparse per il mondo, non va in cerca di disperati ma di ricchi. In breve Minozzi diventa di moda fra i manager, i professionisti, i commercianti e gli industriali della zona che vanno in cerca di esperienze nuove e, forse, si avvicinano alla Setta con fin troppa leggerezza, come farebbero con un circolo di tennis. Ad ogni modo, partito con dodici adepti, il Gruppo arriverà a contarne un centinaio nel periodo di massimo splendore.
La setta Telsen Sao
Al rifiuto dei Pedron ad unirsi a Telsen Sao l’amica di famiglia chiude totalmente i rapporti. Annalaura però è amica della figlia e si fa incuriosire dai racconti della coetanea. Nel Gruppo è pieno di ragazzi, si fanno un sacco di belle esperienze, passeggiate nei boschi. Vale la pena provare. La famiglia è contraria ma lei va per la sua strada, vive in casa ma è come se non ci fosse. Evita i contatti con i genitori e le due sorelle, non parla, non mangia con loro. La Setta sembra risucchiarla, del resto l’isolamento è una caratteristica presente in ogni esperienza del genere: Il termine setta deriva etimologicamente da due verbi latini: sequor (seguire) e secare (tagliare). Indica appunto il seguire una dottrina che si discosta dall’ideologia dominante. (Lorita Tinelli, psicologa clinica e forense). Si tagliano, generalmente, anche i ponti con la vita precedente.
Il cronista de Il Messaggero Veneto Antonio Bacci è vera e propria memoria storica della città di Pordenone e ci permette di ricostruire non solo i fatti inerenti l’omicidio di Annalaura ma anche le attività di Minozzi.
Telsen Sao Cenacolo 33 è un Culto Paleocristiano, che si rifa a principi Cattolici, al New Age, al Paranormale e all’Ufologia. Un fritto misto che, già di per sé, dovrebbe destare sospetto. Le attività si svolgono in una sala a Portogruaro, in cui Minozzi propone i suoi Viaggi Astrali, per esplorare altre dimensioni, separarsi da sé e ricongiungersi all’altro da sé. Esiste anche un corso per diventare Piloti e Navigatori del Volo Astrale. In sostanza ci si sdraia su dei lettini da estetista, si assiste ad improvvise alternanze luci colorate – buio e si ascoltano suoni particolari. Una sorta di ipnosi.
La vita all’interno della setta
Chi entra nel Gruppo cambia nome, Annalura sarà infatti Eviana per gli altri adepti. Inoltre si è tenuti a studiare e parlare una lingua inventata, che sarebbe stata trasmessa a Minozzi dagli alieni per via mentale (il Santone realizza a scanso di equivoci un dizionario), si studia una specie di Bibbia scritta dal Capo e si partecipa ad una serie di strani riti che mescolano antiche pratiche cristiane e fantascienza, ci si veste tutti uguali, con divise para militari, tuniche bianche o vestiti sgargianti. Bacci lascerà intendere che il Capo avesse particolari diritti sulle donne della Setta.
Nel marzo del 1983 arriva lo strappo della Chiesa Cattolica, fino a quel momento noncurante nei confronti delle attività della Setta. Del resto Minozzi, forse accecato dal successo in riscosso in città, esagera: sostiene di essere Cristo sulla croce, parla di Vascelli Stellari, battezza le persone, arriva a sciogliere un matrimonio per poi risposare l’uomo ad un’altra donna, ordina sacerdoti e calcola la proiezione reincarnativa di Michael Jackson. Ci sarebbe, in alternativa, da farsi una risata o disporre un TSO di urgenza. Purtroppo però, la storia finirà male.
La ricostruzione della morta di Annalaura
Gli agenti della Squadra Mobile rivolgono immediatamente la loro attenzione verso la Setta. Quando viene uccisa, tra l’altro, Annalaura si sta allontanando. Aveva partecipato ad un corso di dattilografia e stenografia e lì aveva conosciuto una persona che l’aveva messa in contatto con la Signora Marina, in cerca di una baby sitter. Il lavoro con i bambini le fa bene, mamma Paola racconterà che in quel periodo
Sembra tornare in vita. Torna ad aprirsi, a sorridere, racconta i buffi episodi che coinvolgono il piccolo Andrea ridendo come non faceva da più di cinque anni.
Per prima cosa, gli inquirenti cercano di ricostruire quella mattinata. Annalaura era uscita di casa verso le 08,00, aveva trovato la bicicletta con una gomma a terra e, per non perdere tempo – e data anche la pioggia – si era recata a lavorare con l’autobus. Alle 10,00, probabilmente, era già morta. A quell’ora infatti due testimoni sentono, dal quinto piano, un grido e poi un sospiro soffocato. Non avevano sentito suonare il campanello. Le mura della palazzina sono molto sottili e si sente quasi tutto.
Le testimonianze
È testimoniato da tutti coloro che la conoscevano come fosse impossibile che Annalaura avesse potuto aprire a qualcuno che non conosceva, a maggior ragione in casa d’altri. La mattina dell’omicidio, in quella zona tranquilla, poco frequentata, in cui non succede praticamente mai nulla, c’è un via vai insolito. Una testimone vede infatti sopraggiungere sotto la palazzina un’auto, alla guida c’è una donna bionda che parcheggia praticamente davanti al portone e, dopo aver cercato qualcosa nell’abitacolo, si dirige verso l’interno del condominio con aria rabbiosa. Un’altra inquilina del palazzo, mentre sta uscendo, incrocia una donna, bionda, che entra.
Stando ai suoi ricordi sono più o meno le 09,40. Qualcuno, in quella fascia oraria, sente suonare il citofono, ma non si vede salire nessuno. Un’anziana signora, in visita quella mattina a sua figlia, racconta prima al parroco e poi alla polizia, dove il prete la spedisce immediatamente, che quella mattina stava aspettando l’ascensore al secondo piano. Quando si aprono le porte ci trova dentro un ragazzo giovane, sui diciotto anni. Le spiega che stava salendo ma che se lei deve scendere la accompagnerà prima giù. La donna gli chiede come mai non sia a scuola e quello le risponde che c’è sciopero.
Anche nei giorni immediatamente precedenti il delitto c’era stato, dentro e fuori il condominio, più movimento del solito. Nei pressi del palazzo era stata avvistata una macchina parcheggiata con attaccato l’adesivo di Telsen Sao Cenacolo 33.
L’inquilina dell’appartamento esattamente sopra a quello dell’omicidio racconta che pochi giorni prima, verso le 09,00, qualcuno aveva bussato ad Annalaura usando il doppio colpo convenzionale. Lei si era messa allo spioncino per vedere chi fosse ma dalla sua posizione non le era, comprensibilmente, stato possibile scorgere nessuno. In un’altra occasione aveva sentito dei rumori e intravisto fermo sulle scale, come in attesa, un uomo con i capelli lunghi.
I primi interrogatori: il santone e il fidanzato di Annalaura
Le prime due persone ad essere interrogate sono Minozzi e il fidanzato di Annalaura, anch’egli membro della Setta, Pietro Pagnes. Il ragazzo, studente di musica, è stato tutta la mattinata in casa a suonare, mentre Minozzi è stato in giro per Portogruaro, prima al bar, poi a colloquio con un suo amico prete. C’è qualche minima incongruenza negli orari ma l’alibi tiene. A questo punto il Santone, cui il protagonismo di certo non fa difetto, si propone di collaborare con gli inquirenti.
Come? Naturalmente organizzando una serie di Viaggi Astrali per rivivere l’omicidio e vedere l’assassino. I Piloti garantiscono che il colpevole non è un membro della Setta, realizzano un identikit che Minozzi consegna alla Polizia unitamente alla videoregistrazione di uno dei Viaggi. Se mai fosse necessario specificarlo, gli inquirenti non terranno minimamente conto di questo prezioso materiale. Il 06 febbraio 1988 il quotidiano la Repubblica pubblicherà un articolo che documenta le suddette attività del Cenacolo 33 alla ricerca dell’assassino.
La testimonianza dell’anziana in ascensore fa puntare i riflettori sul membro diciannovenne Stefano Moso. La signora lo riconosce in foto ma poi, durante un confronto all’americana, non è più così sicura e non conferma. Si indaga anche su Gianni Costantini, 21 anni. Suona il basso ed ha l’abitudine, quando lo fa, di fasciarsi le dita con il nastro adesivo, del tutto simile a quello trovato attorcigliato vicino al cadavere.
Ricostruzione dell’aggressione
Per quanto riguarda la ricostruzione dell’aggressione ci rifacciamo a quella proposta dal Commissario Silio Bozzi, della Scientifica di Bologna, all’interno dell’episodio di Blu Notte.
Annalaura sarebbe stata aggredita da un individuo più veloce che forte il quale, dopo averla chiusa in quell’angolo cieco, le sarebbe quasi franato addosso, mandandola a schiantarsi sul tavolino. Ne sarebbe conseguita la caduta a terra della lampada che, infrangendosi, avrebbe offerto all’aggressore un’arma impropria da taglio, con la quale però ha procurato alla ragazza solo delle lesioni superficiali. Steso sulla vittima, avrebbe tentato di ucciderla strangolandola con un cordino, mai ritrovato, ma vista la posizione di attacco non è riuscito a far fare alla corda un giro completo intorno al collo e a esercitare forza sufficiente. A quel punto ha ripiegato sul cuscino.
L’alterazione volontaria della scena del crimine
Mantenendo Annalaura bloccata e premendole con forza il cuscino sul volto ne avrebbe causato la morte. Dopodiché si industria in quello che viene chiamato staging, cioè un’alterazione volontaria della scena del crimine, mirata a depistare le indagini. Il coltello preso in cucina e appoggiato, alcune delle macchie di sangue di cui abbiamo parlato, lo stesso denudare parzialmente il cadavere sono azioni che vanno in questa direzione.
Le indagini fanno scricchiolare gli equilibri interni alla Setta. Gli inquirenti sentiranno circa un centinaio di testimoni in due anni ma non riusciranno ad arrivare a dama e, piano piano, l’attenzione sul caso cala.
La setta si scioglie
A tre anni dall’omicidio Telsen Sao Cenacolo 33 si scioglie e i suoi membri vengono addirittura reintegrati nella Chiesa Cattolica la quale, in precedenza, aveva invece negato alla famiglia Pedron funerale e conforti religiosi per Annalaura, causando lo sdegno di molti.
Nel 1997 a Renato Minozzi viene concesso l’onore che, nell’arco di circa quarant’anni, è stato concesso un po’ a tutti gli strambi d’Italia: sul palco del Teatro Parioli in Roma siede su uno degli iconici divanetti del Maurizio Costanzo Show.
Nel 2007, Massimo Olivotto, Dirigente della Squadra Mobile, decide di passare la convalescenza da un infortunio ricontrollando alcuni casi insoluti e riapre le indagini sul delitto Pedron. Si rende conto che nel 1988 non era stato fatto nessun accertamento tecnico sui reperti raccolti sulla scena e li spedisce alla Scientifica di Padova, che ne estrae un profilo di DNA maschile. Se ne trovano tracce sia su quel che resta della lampada che sullo strofinaccio della cucina.
Si torna all’ambiente della Setta ma stavolta, su suggerimento di un collaboratore di Olivotto, si allarga il confronto ai familiari dei membri dell’epoca. E si trova una corrispondenza assoluta con il profilo di Davide Rosset, figlio di due storici adepti che all’epoca non era stato minimamente sfiorato dalle indagini. Il motivo è comprensibile: nel 1988 Davide Rosset aveva quattordici anni.
Il caso si riapre: Davide Rosset
Nel 2009 gli agenti lo raggiungono in autostrada mentre è diretto in vacanza con la fidanzata. Lo fanno accostare e gli comunicano che deve tornare a Pordenone perché è sospettato dell’omicidio di Annalaura Pedron. All’interno dell’auto, in precedenza, erano state piazzate delle microspie. Per tutto il viaggio di ritorno Rosset non apre bocca. Un innocente, rilevano gli investigatori, avrebbe reagito in maniera opposta. Terrà la bocca chiusa per anni, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Verrà fuori che durante i primissimi giorni di indagine un poliziotto si era avveduto di alcuni segni e abrasioni sulle braccia del ragazzo che aveva spiegato si trattasse di grattamento nervoso. Il poliziotto non raccontò a nessuno quel che aveva visto. Del resto nel 1988 Davide Rosset aveva quattordici anni.
Il DNA è il suo, quindi in quella casa lui ci è entrato, e non aveva altro motivo se non quello di raggiungere Annalaura, che conosceva e della quale poteva essere infatuato. Assumono maggior peso anche altri elementi. La donna bionda arrivata in fretta e furia e la macchia sul citofono, tanto per cominciare. La madre di Rosset era bionda. L’aveva forse chiamata al telefono chiedendole di correre in suo aiuto? È suggestivo, inoltre, che la Pilotessa Astrale alla guida di uno dei Viaggi per rivivere l’omicidio, quello da cui viene estratto l’identikit, fosse proprio la madre di Davide.
Il processo (presso il Tribunale dei Minori)
Secondo la ricostruzione di Olivotto il ragazzo, dopo aver commesso l’omicidio, aveva fatto intervenire la madre chiamandola al telefono, le aveva aperto il portone macchiando il ricevitore del citofono e poi si era affidato a lei che lo aveva guidato nello staging in veste di regista.
La mamma della vittima ritiene invece che Rosset sia stato una sorta di apriporta, altri membri della Setta lo avrebbero mandato avanti convinti che Annalaura gli avrebbe aperto, non considerandolo minaccioso, per poi sbucare alle sue spalle e aggredirla. Gli inquirenti non hanno però raccolto elementi a sostegno di questa tesi. In casa ci sono solo le tracce di Rosset, la cui madre, non molto tempo dopo, si ammala e muore, uscendo di scena e dal processo. Processo che si tiene nella primavera del 2011, presso il Tribunale dei Minori (l’imputato ha al momento del dibattimento 37 anni ma conta l’età al momento della commissione del fatto) che decide per il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione del reato.
Assolto in quanto immaturo: all’epoca dei fatti aveva 14 anni
In secondo grado, invece, Rosset viene assolto in quanto non imputabile all’epoca dei fatti. Per la Legge italiana, sotto i quattordici anni si è sempre non imputabili, mentre per la fascia d’età che va fra i quattordici e i diciotto va valutata la capacità di intendere e di volere. Nel caso di Davide Rosset i Giudici hanno stabilito che all’epoca del fatto era immaturo, che la sua età anagrafica non corrispondeva al suo sviluppo mentale e che quindi non poteva essere considerato capace di intendere e di volere.
Nel 2016 fu scritto un ultimo capitolo. In seguito ad un esposto alla Procura si riapre il caso per valutare una traccia di DNA confidando che, per quanto parziale, le nuove tecniche lo possano attribuire. Si organizza anche un confronto fra Minozzi e Rosset in cui finalmente l’ex ragazzo della Setta tira fuori la voce. Lo fa per dire che all’epoca il Santone disponeva di tutto e tutti all’interno del Gruppo. Minozzi nega, sottolineando come il libero arbitrio di ogni singolo membro non fosse mai stato messo in discussione. Rosset sostiene di non ricordare nulla di quel lontano giorno di febbraio, non saprebbe dire cosa abbia fatto.
Epilogo
Arrivano i risultati dell’esame del DNA. È di Andrea, il bimbo che piangeva in camera da letto.
Per la legge il caso di Annalaura Pedron si chiude. Le ha strappato il futuro quando stava per tornare a spiccare il volo un ragazzino di quattordici anni, che non ha mai fatto, né farà, un solo giorno di galera.
E chissà se le cose sono andate davvero così, o se dietro c’è qualcosa di più occulto.