Il concetto di rating è un elemento cardine della finanza moderna, un indicatore sintetico e fondamentale che influenza le decisioni di investimento, determina il costo del denaro per Stati e aziende e funge da vero e proprio barometro della stabilità economica globale.
Sebbene sia un termine diffusissimo nell’uso comune, la sua storia e la sua esatta definizione tecnica rivelano un sistema complesso e strutturato, gestito da agenzie di fama mondiale che operano come arbitri nel vasto mercato del debito, fornendo un giudizio probabilistico sulla solvibilità di un soggetto debitore.
In questo articolo parliamo di:
Definizione tecnica e scopo del rating
Il rating, o giudizio di merito creditizio, è un’opinione indipendente, espressa da un’agenzia specializzata (Credit Rating Agency, CRA), sulla capacità e sulla volontà di un emittente di debito – che sia uno Stato sovrano, un’azienda o un’entità finanziaria – di onorare puntualmente i propri obblighi finanziari ed è vicendevolmente connesso anche al concetto di spread.
Il giudizio è espresso attraverso una scala standardizzata di simboli alfabetici, come AAA, AA, BBB, C e D, che indicano la probabilità che l’emittente vada incontro a default, ovvero all’incapacità di pagare gli interessi o di restituire il capitale.
L’obiettivo principale del rating è ridurre l’asimmetria informativa nel mercato. Gli investitori, in particolare quelli istituzionali che gestiscono patrimoni ingenti, utilizzano il rating come strumento di prima analisi per valutare il rischio associato all’acquisto di obbligazioni (bond). Un rating elevato suggerisce un basso rischio di insolvenza e, di conseguenza, l’emittente potrà offrire un tasso di interesse (cedola) più basso, mentre un rating basso indica un rischio maggiore e richiede un premio, ovvero un tasso di interesse più alto, per attrarre il capitale.
Le obbligazioni rientrano in due categorie principali. La prima è l’Investment Grade, che include le emissioni con rating da AAA, il massimo, fino a BBB- e sono considerate sufficientemente sicure per essere incluse nei portafogli di grandi fondi pensione e istituzioni finanziarie. La seconda è lo Speculative Grade o Junk Bond, che comprende le emissioni con rating da BB+ in giù. Tali obbligazioni presentano un rischio di default significativamente più alto e sono tipicamente acquistate da investitori disposti a correre rischi maggiori in cambio di rendimenti potenzialmente più elevati.
La nascita delle agenzie
La storia del rating trova le sue radici negli Stati Uniti della fine del XIX secolo, un periodo caratterizzato dalla rapida espansione delle ferrovie e, di conseguenza, dall’emissione di grandi quantità di debito.
L’esigenza di un’analisi standardizzata del rischio divenne prioritaria per i mercati finanziari e fu in questo contesto che figure come John Moody e Henry Varnum Poor iniziarono le loro attività di valutazione. John Moody fondò Moody’s Investors Service nel 1909, concentrandosi inizialmente sull’analisi dei titoli ferroviari e pubblicando la prima scala di rating sistematica per le obbligazioni.
La Poor’s Publishing Company, nata dalle pubblicazioni di Henry Varnum Poor, confluì poi in Standard & Poor’s (S&P). Infine, Fitch Ratings, fondata da John Knowles Fitch nel 1913, si distinse per l’introduzione della doppia A e della doppia B nelle scale di valutazione.
Queste tre agenzie sono ancora oggi conosciute collettivamente come le “Big Three” e dominano in modo pressoché oligopolistico il mercato globale del rating. La loro importanza crebbe esponenzialmente in particolare dopo la Grande Depressione, quando le normative finanziarie statunitensi cominciarono a incorporare i giudizi di rating nei requisiti patrimoniali e nei criteri di investimento degli istituti finanziari.
Processo di assegnazione e fattori analizzati
Il processo con cui un’agenzia di rating giunge a esprimere un giudizio è complesso e si basa su un’analisi approfondita e multi-fattoriale, condotta da un team di analisti specializzati. Il giudizio può essere solicited, ovvero richiesto e pagato dall’emittente, o unsolicited, non richiesto.
I fattori analizzati per assegnare un rating ad uno Stato sovrano sono numerosi e interconnessi. Si considerano i fattori economici, come il PIL pro capite, il tasso di crescita economica e la diversificazione dell’economia.
Altri elementi centrali sono i fattori finanziari e fiscali, che includono il livello del debito pubblico in rapporto al PIL, la sostenibilità del bilancio statale e la capacità di accesso ai mercati internazionali. Infine, vengono valutati i fattori istituzionali e politici, come la stabilità politica e sociale, l’efficacia della pubblica amministrazione e lo stato di diritto.
Il rating per le società
Per assegnare un rating a una società (corporate rating), i fattori sono invece focalizzati sulla performance aziendale. Gli analisti valutano i fattori industriali, come la posizione competitiva dell’azienda nel suo settore e le barriere all’ingresso, e i fattori finanziari, tra cui la struttura del capitale, la generazione di flussi di cassa e la liquidità.
Fondamentale è anche l’analisi dei fattori gestionali, che comprende la qualità del management e la strategia aziendale. Dopo l’analisi, l’agenzia emette il rating e lo accompagna con un Outlook, che indica la direzione probabile, sia essa positiva, stabile o negativa, in cui il rating potrebbe muoversi nel medio termine. Viene anche spesso rilasciata una Watchlist, che segnala la possibilità di un cambiamento imminente del rating stesso.
L’impatto del rating e le controversie
Il rating non è esente da critiche e controversie, poiché la sua influenza è talmente vasta da poter innescare effetti sistemici e spesso auto-realizzanti sui mercati finanziari.
Una declassazione (downgrade) improvvisa può scatenare la vendita massiccia di titoli da parte degli investitori, che per statuto sono spesso vincolati a detenere solo titoli Investment Grade, portando a un aumento dei tassi di interesse richiesti all’emittente, il suddetto spread, portando a una reazione a catena che riguarda, tra le altre cose, anche l’accesso ai mutui.
Le agenzie di rating sono state aspramente criticate, in particolare dopo la crisi finanziaria globale del 2008. In quell’occasione, esse avevano assegnato rating di massima affidabilità (AAA) a strumenti finanziari complessi e rischiosi come i Subprime Mortgages e i CDO (Collateralized Debt Obligations), contribuendo a mascherare il rischio sistemico che portò al crollo e a una volatilità dei mercati clamorosa.
Tale catastrofe finanziaria ha sollevato interrogativi sulla metodologia, sull’indipendenza e sull’eccessivo potere oligopolistico delle “Big Three”. In risposta, sono state introdotte nuove regolamentazioni come la Dodd-Frank Act negli USA e normative specifiche nell’Unione Europea per aumentare la trasparenza, la concorrenza e la responsabilità delle agenzie di rating, ribadendone, tuttavia, il ruolo ineliminabile nel settore finanziario mondiale.