Seguici su:

Posta

Letto 3854 Volte
Condividi

Carlo Giuseppe Luigi Bertero: dai vigneti del Roero alle isole Tonga

Caro Direttore Responsabile,
Sperando di farle cosa gradita, invio in allegato un articolo per ricordare un personaggio italiano protagonista della scienza e delle esplorazioni. Sono un giornalista che da quasi 30 anni si occupa della presenza italiana nel Mondo.
Grazie,
Generoso D’Agnese

 

 

Poche righe in una targa di marmo nella piazza omonima per riassumere una vita straordinaria. E’ questa la prima impressione che affiora nella mente leggendo il ricordo che Santa Vittoria d’Alba ha voluto tributare nel 1889 a Carlo Giuseppe Luigi Bertero, concittadino capace di varcare i confini del paese, della regione e dell’Europa per affrontare l’avventura della scienza e della scoperta. Ma conoscere Bertero non equivale soltanto a conoscere un incantevole paese  le cui  radici pescano nella storia.

 

 

 

Significa invece intraprendere un viaggio alla scoperta di un territorio, il Roero, nel quale la stessa storia si sposa con l’eccellenza eno-gastronomica. Un percorso documentale itinerante realizzato nel 2012 dall’ Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, un busto realizzato dallo scultore Gioacchino Chiesa, un bando di concorso per le scuole di ogni ordine e grado del territorio organizzato dall’Associazione Anforianus (con premiazione entro giugno del 2013), hanno permesso di riscoprire questo personaggio che nell’Ottocento portò la sua sete di conoscenza nel continente americano e in Oceania, guadagnando tra l’altro anche la dedica di un’isola del Pacifico.
Un attivismo lodevole che rende onore agli organizzatori e che  permette di intraprendere un percorso che da Santa Vittoria d’Alba porta verso le colline del Roero e verso quella ricca vegetazione che per prima attrasse lo spirito d’osservazione di uno scienziato che paradossalmente terminò la sua vita in modo tragico nelle acque oceaniche. Nato il 14 ottobre del 1789, Carlo G.L. Bertero manifestò fin da ragazzino la sua grande passione per le piante.
Il  giovane, sotto la guida di Giuseppe Gardini (filosofo, medico e fisico) intraprese ad Alba gli studi di filosofia  e si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Torino divenendo amico di G. B. Balbis, stimato botanico del regno. Dopo la caduta di Bonaparte il giovane scienziato realizzò I’Herbarium Pedemontanum, un catalogo minuzioso di tutte le specie botaniche della regione alpina, ancora oggi vanto dell’ateneo e partì alla di Parigi dove studiò approfonditamente la lingua spagnola e inglese.
Si imbarcò come medico sulla nave “Guadalupe”, diretta a “Grand Terre de la Guadalupe”. Dopo aver accumulato i necessari fondi ripartì verso Santo Tomàs (una delle isole delle Piccole Antille), Portorico, Santo Domingo e Haiti. Tornato temporaneamente in Piemonte, Bertero strinse amicizia con il professor Candollé, che più tardi, battezzò una delle piante con il suo nome (il genere delle “Berteroa” figura tra le specie botaniche delle crucifere).
Nel 1827 il botanico ripartì alla volta del Cile per iniziare una raccolta di duemila esemplari di 300 specie diverse, tra le quali vi erano tante piante sconosciute. Bertero le classificò e formò una collezione che avrebbe trovato alloggio nei più grandi atenei d’Europa. Parte della collezione italiana fini a Ginevra, nell’erbario di Delessert; il resto venne venduto e frazionato tra i vari istituti di Berlino, Kiev, Nancy, Leida, Torino e Montpellier.
Nel 1830 Bertero si imbarcò alla volta di Tahiti per approfondire le sue ricerche botaniche ma decise di tornare a Valparaiso nel 1831 e intraprese il suo ultimo viaggio verso il continente americano. Carlo Giuseppe Luigi Bertero scomparve tra le onde del Pacifico in seguito a un naufragio e con gran parte della sua collezione vegetale. Il console americano per le isole Oceaniche, Morrenheut, battezzò con il suo nome una delle isole dell’Arcipelago degli Amici (le attuali isole Tonga) scolpendo il nome di Bertero nel grande libro della Geografia.

 

Situata su un poggio che domina il Roero e la Valle Tanaro, Santa Vittoria d’Alba deve il suo nome, secondo alcune versioni, alla santa di origine sabina, martirizzata  nel 253 d.C., secondo altre, alla vittoria dell’ultimo grande condottiero romano, Stilicone sui Goti di Alarico. Il borgo sorge nelle vicinanze dell’antica Pollentia (l’attuale Pollenzo) e in epoca romana era conosciuta per la produzione di anfore (Anforianum). Situata in  posizione strategica di controllo sulla pianura sottostante, ospita lo storico stabilimento della Cinzano nella frazione omonima e nel 1969 fu scelta come oggetto del film “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer, (durante la seconda guerra mondiale gli abitanti nascosero un milione di bottiglie di vino ai tedeschi).
Il vino e l’acqua rappresentano la ricchezza di questa zona che sul Monte Pigna (1460 metri s.l.m.) vede nascere in località Lurisia Fonte Santa Barbara un’acqua minerale naturale tra le migliori al mondo. Ma per chi vuole scoprire almeno in parte la straordinaria terra natale di Bertero non resta che affrontare il percorso che attraverso 13 tappe permette di conoscere una corona di castelli e torri di indubbio fascino.
Pocapaglia, Sommariva Perno, Baldissero d’Alba, Montaldo Roero, Corneliano d’Alba, Monteu Roero e Montà d’Alba rappresentano il primo tratto di un itinerario che annovera veri e propri gioielli architettonici e dell’ingegneria militare. Il castello di Pocapaglia ad esempio è stato ricostruito nel Settecento sulle basi di una rocca progettata nel 1100, mentre il castello di Mirafiori di Sommaria fu trasformata da Vittorio Emanuele II in una residenza di caccia che ospitò la contessa di Mirafiori oltre ad essere sede degli incontri tra il re e il Conte di Cavour. Nel borgo di  Montà d’Alba non può mancare una sosta al Castello e al Santuario della Madonna dei Piloni.   Canale, Castellinaldo, Govone, Magliano Alfieri, Guarene, Vezza d’Alba e Monticello d’Alba conducono infine di nuovo a Santa Vittoria, superando stupendi scenari naturalistici e urbanistici. Il Castello dei Malabaila e l’Enoteca del Roero accolgono i visitatori di Canale, mentre a Castellinaldo le antiche cantine del locale maniero ospitano la Bottega del Vino. Magliano Alfieri, con la sua seicentesca residenza appartenuta alla famiglia del celebre autore, e Govone con il castello barocco fanno da preludio alle splendide vedute del castello reale di Guarene, che domina con i suoi  straordinari giardini su tutta la valle.

 

LA TERRA DELL’ARNEIS Il Roero è terra d’elezione del Barbera, del Nebbiolo, del Dolcetto, della Bonarda e del Moscato. I viticoltori hanno  saputo selezionare nei secoli vitigni di straordinaria bontà come la Favorita e il Birbét (un particolare tipo di Brachetto).
La punta di diamante di questo angolo di Piemonte è rappresentata però dall’Arneis, che negli anni Settanta veniva coltivato soltanto su 15-20 ettari di superficie del territorio. In quaranta anni la tenacia dei coltivatori ha portato a 500 gli ettari vocati a vitigno Arneis facendo conoscere sulle tavole italiane e internazionali un vino bianco (Roero Arneis) che esalta la semplicità di un prodotto capace di scalare posizioni su posizioni nel gradimento della degustazione.
Citato in epoche lontane con i nomi di Bianchetta o Nebbiolo Bianco, il vino Roero Arneis (docg) deriva il nome , per alcuni, dal termine geografico Renesio, che indica il nome di un “bricco” situato nel comune di Canale, citato nel 1478 come Renexij. Il sistema di produzione (la vinificazione in bianco) utilizzato per le uve Arneis presuppone il ricorso a recipienti di acciaio inossidabile, con un rigoroso controllo delle temperature di fermentazione (attorno ai 20-22°C). Il Roero Arneis si abbina particolarmente con i piatti tipici della cucina cuneese e delle Langhe.

 

 

Pubblicato in Posta

Scritto da

La Vera Cronaca, giornale online libero e indipendente

Potrebbe interessarti

Lascia un commento

Seguici su: