Della deriva trash e voyeuristica che affligge da ormai diversi decenni il nostro Paese e la sua televisione è probabilmente impossibile stabilire il punto più basso. È più semplice forse indicare un punto di non ritorno.
È il 25 aprile del 2004 e su RaiUno va in onda, come ogni domenica dal 1976 ad oggi, il contenitore per famiglie, varietà, rotocalco più longevo della tv italiana, Domenica In. Quel giorno, di fronte a nonni e bambini che pasteggiano a lasagne ed arrosto come da tradizione, il conduttore Paolo Bonolis siede di fronte ad un uomo in una stanza dalle pareti grigio spento. I due, divisi da un tavolo dello stesso colore, conversano come da costume della trasmissione. Da sempre, infatti, a Domenica In il conduttore di turno intervista cantanti, personaggi dello spettacolo, personalità influenti che rivivono davanti ai telespettatori la loro carriera. La domenica seguente Bonolis e gli autori sono costretti ad aprire la puntata chiedendo scusa al pubblico per l’inopportunità di un’intervista del genere in quella fascia oraria. Perché l’uomo che la settimana precedente sedeva di fronte al conduttore non era lì per rivivere una carriera fatta di Dischi di platino o David di Donatello.
Nel suo curriculum spicca comunque un record, perché quell’uomo, con 17 omicidi in soli 6 mesi, è il più prolifico serial killer italiano. Il suo nome è Donato Bilancia.
In questo articolo parliamo di:
- 1 Donato Bilancia, il serial killer dei treni
- 2 Storia di Donato Bilancia, da Matera a Genova
- 3 Il trigger che apre le danze alla sua violenza
- 4 I primi due delitti: i gestori della bisca
- 5 Altri delitti per depistare le indagini
- 6 Il nuovo ‘filone’ del killer Bilancia: le donne
- 7 La prostituta sopravvissuta per miracolo
- 8 L’altra prostituta uccisa e il Dna campionato
- 9 L’omicidio della donna sul treno
- 10 La svolta: il vecchio proprietario della Mercedes nera di Bilancia
- 11 Mercoledì 06 maggio 1998 l’incubo finisce
- 12 L’indagine sulla psiche di Donato Bilancia
- 13 La prima fase carceraria turbolenta
Donato Bilancia, il serial killer dei treni
Donato Bilancia è stato spesso soprannominato il serial killer dei treni, sebbene questa definizione sia assolutamente inadeguata a descrivere la sua attività come omicida seriale fortemente atipico. Ha infatti ucciso 9 uomini e 8 donne, in luoghi e per i motivi fra i più disparati. Ha ucciso per vendetta, per rapina, per disprezzo, per piacere, per confondere gli inquirenti, per ammazzare con le sue vittime i suoi fantasmi. Forse per noia. Ha ucciso prostitute, donne comuni, cambiavalute, una coppia di gioiellieri, due tenutari di bische clandestine, un benzinaio, tre metronotte. Ha aggredito le proprie vittime in casa, sul luogo di lavoro, nei treni, per strada, in luoghi isolati. Per quanto abbia commesso il primo omicidio a mani nude l’unico tratto comune fu l’arma, un revolver Smith & Wesson 36 Chief Special. Per il resto è sostanzialmente impossibile iscriverlo a nessuna delle categorie di serial killer codificate a partire dagli anni 70 negli Stati Uniti.
Per raccontare la sua storia la cosa migliore è prendere in prestito una sua espressione, proferita di fronte al Pm Enrico Zucca quando, a una settimana dal suo arresto, si decise a parlare e disse Bisogna rispettare la consecutio temporum.
Storia di Donato Bilancia, da Matera a Genova
Donato Bilancia è nato a Matera nel 1951, dal 1956 la sua famiglia si stabilì a Genova, nel Rione San Fruttuoso. Nel dare in seguito una definizione dei suoi genitori disse che avevano due cervelli che stavano comodamente in un coriandolo. Il piccolo Donato ha un problema di sviluppo dell’apparato riproduttore, il padre durante le trasferte al Sud per le vacanze lo obbliga a denudarsi di fronte alle cugine così che queste possano contemplare la sua scarsa virilità. Per tutta la vita soffrirà di complessi per il suo pene infantile. La madre non era da meno: il figlio talvolta urinava nel letto durante la notte, fino ad un’età preadolescenziale, e quando capitava la signora era solita esporre le lenzuola bagnate fuori dalla finestra, a informare il vicinato. Con suo fratello Michele aveva invece un ottimo rapporto, la morte tragica dell’uomo avrà un ruolo nella deriva criminale di Bilancia.
Soprannominato a seconda dei casi Belinetta (parola genovese che è traducibile sia con fesso che con persona poco dotata sessualmente) o Gaber (per via del naso pronunciato) e avendo in odio il proprio nome di battesimo poiché dal richiamo fortemente meridionale decide di farsi chiamare Walter, più settentrionale, più internazionale. Talvolta, nella Genova notturna, veniva declinato in Walterino.
La Genova degli anni ’60
Negli anni 60 Genova è il terzo polo industriale del Nord, in pieno boom economico. In quella città i cui palazzi sembrano appoggiarsi l’uno sull’altro a tenere sempre in ombra le strade, abbarbicata intorno al Porto, girano moltissimi soldi che sempre più spesso vengono giocati, non solo nei vicini Casinò di Sanremo, Saint Vincent, Mentone, ma anche in bische clandestine, in appartamenti adibiti a sale carte in cui si incontrano commercianti, professionisti, imprenditori, persone assolutamente ordinarie e criminali di vario genere. Dal decennio successivo Genova è città simbolo della crisi della siderurgia, i soldi sono molti meno ma si continua a giocare. Le sale carte illegali sono tantissime, aprono e chiudono in continuazione.
In questo sottobosco notturno, in questa Zéna di stradoni e carruggi, di sopraelevate e di un Ponte che un giorno di agosto è venuto giù, di vicoli e bassi oscuri e puzzolenti popolati da prostitute e delinquenti in cui risuona il dialetto di Creuza de mä di Fabrizio De Andrè – che sa di Esperanto del Mar Mediterraneo – il giovane Walter prende a morsi la vita, evitando la scuola e specializzandosi in un mestiere che gli permetterà di vivere un’esistenza non agiata, più che agiata.
Donato “Walterino” Bilancia di professione ladro
Bilancia, infatti, di lavoro fa il ladro. Ed è particolarmente capace. In grado di aprire ogni tipo di serratura. Dirà La mia vocazione era di fare il ladro. Lavora da solo da quando dopo un colpo in Francia un complice lo aveva tradito e aveva deciso di non legarsi più a nessuno. È preciso, metodico, non improvvisa ma pianifica i furti. È la versione riuscita di un personaggio iconico del cinema italiano, il balbuziente Peppe er Pantera di Vittorio Gassman, che ne I soliti ignoti si raccomanda continuamente di fare un lavoro sc – sc – scientifico. I colpi sono sempre ben remunerativi e non c’è da spartire il bottino con nessuno, così Walterino riesce a comprarsi un bellissimo appartamento panoramico vista mare, un negozio di biancheria nel centro di Genova e a garantirsi serate e nottate al top. Nelle foto che lo ritraggono in mezzo agli amici è sempre sorridente e ricorda un giovane Gino Bramieri.
Un uomo mite che mai era stato violento
Chi lo conosce lo racconta come un uomo elegante, sempre ben vestito, curato, divertente, gioviale, intelligente, mite che si presentava dicendo sono un businessman. Inconfondibile, e per qualcuno affascinante, la sua voce arrochita dalla modica cifra di 60 sigarette fumate al giorno. Si abbandonava spesso a una grandeur da aspirante criminale d’altri tempi, da Marsigliese, offrendo la cena a tutti i presenti, pur non stringendo amicizie autentiche con nessuno dell’ambiente.
Curiosamente manterrà fino al suo arresto una costante frequentazione con le amicizie di gioventù, arriverà addirittura a presentarsi ad una cena brandendo un quotidiano su cui campeggia il suo identikit chiedendo ridacchiando agli amici Non vi pare che sto qua mi somiglia? Gli risponderanno che l’uomo raffigurato sul giornale è più bello, ma non sospetteranno mai Bilancia capace di simili mostruosità. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come affabile anche se capace di farsi all’improvviso respingente, uno capace di starsene per i fatti suoi. Tutti concordano su una cosa che, col senno di poi, è difficile da credere: mai e poi mai nella sua vita era stato violento.
La morte del fratello e del nipote come ‘corto circuito’
Negli anni i pochi arresti, un paio di denunce e gli alti e bassi tipici chi vive di reati non avevano avuto grande impatto su Walter. Inevitabilmente di maggior peso risulta, nel 1987, la tragica morte del fratello, che si getta sotto ad un treno con il figlio di quattro anni in braccio, afflitto da problemi di natura sentimentale. Toccherà a Donato, che imputerà per tutta la vita la responsabilità del gesto del fratello alla ex moglie nonché mamma del bambino, il triste rito del riconoscimento dei corpi straziati. Gli psichiatri che si sono occupati di lui in seguito, vedono in questo episodio una frattura decisiva nel suo equilibrio.
Non è un caso, a loro giudizio, che nella spirale di violenza innescata da Bilancia ritornino i treni, come quello che gli aveva portato via fratello e nipote, e una relazione con le donne improntata alla prepotenza e a sentimenti di disprezzo. Quando si riferiva all’altro sesso era solito utilizzare il termine bagasce, che come diceva il mitico Stanis La Rochelle in Boris avrà pure un retrogusto ligure ma non è il massimo dell’eleganza. Per contrappasso il Processo che lo vedrà imputato sarà una sfilata di testimoni di sesso femminile.
Bilancia, giocatore compulsivo
Comunque, Walter trova la forza di andare avanti e, nel corso della sua vita più che agiata assume un ruolo determinante per le sue fortune la sua natura di giocatore compulsivo. Quando rende confessione al Pm è lui stesso a definirsi in maniera lapidaria ma esaustiva Come ladro ero bravo, come giocatore un disastro. È giocatore da scarica di adrenalina, non da partite ragionate. Gioca alla roulette, a chemin de fer, a dadi, tutti giochi in cui la parte razionale ha poco spazio ma la botta è forte. Non è compulsivo solo per la tipologia di gioco che preferisce, ma anche per le cifre che punta. È capace di puntare 40, 50 milioni di lire alla volta, addirittura mentre sta ancora varcando la porta della bisca, quasi fosse una necessità fisica inarrestabile. Se vinceva vinceva bene, se perdeva pagava. Anche da questo punto di vista Walterino è uno che ci tiene alla sua immagine, se talvolta ha bisogno di farsi dare soldi in prestito li restituisce puntualmente, arrivando addirittura a spedire vaglia dalla galera dopo l’arresto.
Il trigger che apre le danze alla sua violenza
Nel 1997 Donato Bilancia ha 46 anni ed è da quando era ancora minorenne che conduce la vita che abbiamo appena raccontato. Ladro abile, guascone con gli uomini, addirittura galante di facciata con le donne, giocatore compulsivo ma puntuale nei pagamenti. Cosa è scattato nella testa di quest’uomo tutto sommato gentile? Davanti al Pm Zucca Bilancia è lucido nell’individuare il trigger che ha aperto le danze della sua frenetica violenza.
È notte, tanto per cambiare, e sta giocando in una nuova bisca, gestita da Giorgio Centanaro e Maurizio Parenti. Mentre attraversa un corridoio per andare in bagno li sente parlare. Di lui. È Parenti che dice a Centanaro Hai visto che ce l’ho fatta ad abbordare quel belinone del Walter? Bilancia si ferma e si mette ad ascoltare capendo di essere il pollo del momento. Del resto, se è vero che il giocatore d’azzardo tende a perdere e se gioca forte perde pesantemente, in sole quattro sortite nella sala dei due, nel giro di una settimana o poco più, Il Belinone aveva perso 500 milioni di lire.
È successo un patatrac nel mio cervello. Questi bisogna … li uccido! Sono stato praticamente avvelenato, pugnalato per l’ennesima volta dal solito amico che si professa tale e invece non lo è. Sembra l’inizio di un romanzo hard boiled americano, è l’inizio di una scia di sangue mai vista prima.
I primi due delitti: i gestori della bisca
Walterino cova risentimento per un mesetto. Nell’ottobre del 1997 si apposta sotto casa di Centanaro, fa due o tre giorni di studio poi, nella notte del 16 lo abborda.
Adesso vieni su con me che giochiamo io e te da soli. Quando entrano in casa lo lega mani e piedi. Al Pm che gli chiede se fosse salito in casa già con l’intenzione di legarlo risponde, come stesse parlando della scelta fra una pizza e un piatto di pasta No, con l’intenzione di ammazzarlo, non di legarlo.
Lo uccide tappandogli la bocca con del nastro adesivo e il naso con la mano, poi lo slega, toglie il nastro, fuma una sigaretta e se ne va. La morte di Centanaro verrà attribuita a cause naturali, sarà Bilancia, in sede di confessione, a specificare che la consecutio temporum doveva partire da lì.
Una settimana dopo, alle 03.00 passate, Maurizio Parenti sta facendo ritorno al suo appartamento nel centro di Genova e si imbatte in Walterino, che lo chiama dall’auto. Gli mostra una busta e gli spiega che ci sono dentro degli orologi, di cui il biscazziere è appassionato, che vorrebbe mostrargli per sapere se è interessato. Non appena entrano nell’androne dalla busta non salta fuori un Rolex ma un revolver. Bilancia si fa minaccioso e invita l’ex amico a non abbozzare reazioni, spiegandogli che sopra ha dei complici che possono fare del male alla moglie. Non è vero. Quando entrano nell’appartamento estrae delle manette e del nastro adesivo e inizia a legare Parenti e la giovane moglie Carla Scotto alla testiera del letto. Gli spiego perché gli sta succedendo questo.
Spara per la prima volta con il revolver, che aveva ricevuto durante una partita notturna da un giocatore più disperato di lui in cambio di una fiche. A Parenti un colpo in testa, alla moglie due al petto. Si mette in piedi sul letto, accende una sigaretta e abbozza qualche passo di danza. Prende i soldi in cassaforte e se ne va. Maurizio Parenti e Carla Scotto si erano sposati durante l’estate e Bilancia aveva partecipato al regalo.
I corpi verranno trovati il giorno successivo dalla donna delle pulizie e si penserà, viste le attività non esattamente limpide di Parenti, ad un regolamento di Conti.
Bilancia capisce che uccidere e facile e divertente
A questo punto Walter ha capito due cose importanti: uccidere gli piace, ma soprattutto è facile, basta avere una pistola ben oliata.
Questa è la prima svolta nella difficilmente inquadrabile carriera da serial killer di Bilancia; se consideriamo la morte della Scotto quale danno collaterale i primi omicidi hanno una loro logica. Sentitosi tradito da chi credeva amico, sbertucciato come lo scemo di turno, l’uomo mite si trasforma in una bestia e la fa pagare a chi lo ha ferito. Tragico ma con un suo senso.
Walter però non si ferma, come dovrebbe fare se il punto fosse effettivamente solo la vendetta. A Bilancia è piaciuto, tanto. Per la prima volta si è sentito potente, si è visto corrispondere a quell’ideale di boss criminale a cui forse aveva sempre aspirato.
Nei giorni immediatamente successivi l’omicidio Parenti – Scotto inizia a temere ritorsioni da parte della criminalità organizzata e così decide di continuare ad uccidere per sviare le indagini.
Altri delitti per depistare le indagini
Punta una coppia di gioiellieri, i coniugi Solari. Il 27 ottobre si traveste da postino e si presenta alla porta del loro appartamento nel Quartiere Marassi. C’è da firmare dice, e anziché la penna tira fuori la pistola. Signora non urli, se no qua succede un disastro. I coniugi provano a reagire e lui spara ad entrambi, risparmiando la governante che si rifugia in balcone e fornirà una prima descrizione del killer.
Nonostante la presenza in casa di numerosi oggetti di valore non ruba nulla, e non per scappare velocemente. Dirà al Pm che il punto non era quello, se avesse raccattato qualcosa meglio, ma il suo obiettivo era uccidere.
In 11 giorni ha fatto fuori cinque persone, ed è solo l’inizio.
Il 13 novembre prende la Mercedes nera che ha comprato da un conoscente e va a Ventimiglia. Si presenta allo sportello del cambiavalute Luciano Marro ed estrae il suo ormai fedele revolver. Fa inginocchiare l’uomo – diverrà una costante nel suo modus operandi di qui in avanti – e gli spara in testa. Se ne va portando con sé 45 milioni di lire.
Rimane poi fermo per un po’. È ormai preso in un vortice di distruzione e autodistruzione. Continua a perdere al gioco, cambia casa lasciando l’appartamento panoramico e andando a vivere in un piccolo sottoscala. L’ossessione, la frenesia omicida, le notti in bianco e le forti perdite hanno un impatto enorme sul suo fisico e sulla sua psiche. Al momento dell’arresto Donato Bilancia avrà 46 anni, ma ne dimostra almeno una quindicina in più, quei sei mesi di follia lo hanno trasfigurato.
Tutti gli errori degli inquirenti
Nei primi giorni di gennaio del 1998 telefona al Tribunale di Genova e, con accento siciliano racconta che Giorgio Centanaro non è morto per infarto ma è stato ammazzato. Non è chiaro se lo faccia per corroborare la tesi della pista di delitti legati alla criminalità organizzata o perché il suo ego smisurato aspira a far conoscere al mondo che c’è un serial killer imprendibile. Gli inquirenti non raccoglieranno l’imbeccata e non sarà il loro unico errore.
In quei giorni era stata consegnata una perizia che attestava come fosse stato un unico revolver a uccidere in almeno tre occasioni, ma non fu tenuta in considerazione. Oltretutto quando aveva ucciso Parenti e sua moglie aveva lasciato sul letto le manette con tanto di impronte digitali. Walter, essendo pregiudicato, era schedato. Nessuno procederà ai riscontri necessari. C’è da aggiungere che dall’omicidio Marro in avanti Bilancia allargherà il suo campo di azione a diverse province, fino a sconfinare in Piemonte, e di conseguenza per mesi ad indagare saranno Procure diverse che non condivideranno tra loro le informazioni. Tanto che, quando si metterà seduto di fronte al Pm Zucca, Bilancia sarà ritenuto colpevole di soli otto omicidi. Sarà lui a mettere in fila tutti i puntini.
Il 25 gennaio del 1998 tocca al Metronotte Giorgio Canu. Walterino, che in casa ha un vero e proprio banco di lavoro con cui realizzare copie di chiavi e arnesi da scasso di ogni tipo, si fabbrica la copia della chiave del portone di un condominio in Via Armellini, a Genova. Si apposta fuori e aspetta che il Metronotte inizi il suo giro.
Copre il viso della vittima perchè vederle morire gli fa impressione
Racconterà di averlo scelto perché somigliava a Centanaro e perché guidava un auto con un vistoso numero 32 sulla carrozzeria, e il 32 era il suo numero fortunato. Talmente fortunato che in una notte nel bel mezzo del suo Paura e delirio in Liguria Bilancia lo giocherà più di 80 volte di seguito. Non uscirà mai. Mentre Canu controlla i vari piani Walter apre comodamente il portone e si porta davanti all’ascensore. Quando le porte si schiudono al piano terra il Metronotte si trova davanti il Serial Killer a pistola spianata. Bilancia lo fa inginocchiare, gli fa togliere il giubbotto, glielo mette sulla faccia e gli spara in testa. Poi va in bisca. Anche questa abitudine di coprire il volto delle vittime diventerà una costante.
Del resto uno degli inquirenti che gli daranno la caccia e infine lo arresteranno dirà che Bilancia era un vigliacco, un uomo che aveva paura di tutto. Aveva persino paura del sangue. Un uomo insignificante ma malvagio.
Quindi, copre il viso delle vittime perché vederle morire gli fa impresssione.
Il nuovo ‘filone’ del killer Bilancia: le donne
Fino a qui Bilancia ha ucciso sostanzialmente solo uomini. Ci sono andate di mezzo anche due donne, certo, ma solo perché era inevitabile. Dopo una quarantina di giorni di quello che i profiler statunitensi chiamano raffreddamento emotivo, spesi a rovinarsi nelle bische e nei Casinò, Bilancia, ormai sempre più preda delle proprie ossessioni, inaugura un nuovo filone della sua attività omicidiaria, scatenando tutta la rabbia e il livore che da sempre nutre contro le donne.
Comincia con le prostitute. Se già uccidere gli sembrava facile, ammazzare le donne della strada è ancora più semplice. Oltretutto, è triste consuetudine non solo italiana, sono notoriamente considerate vittime di Serie B e le loro uccisioni hanno scarsa eco. Il 9 marzo carica a Genova la prostituta albanese Stela Truya, si apparta con lei in una spiaggetta a Cogoleto, dopodiché la fa inginocchiare, le copre il volto, tira fuori la pistola e le spara in testa.
A questo punto individua un’edicola aperta h24 nel centro di Genova e comincia a passarci del tempo di notte, in attesa dei giornali, commentando gli omicidi con battute grevi, risate sguaiate e dando dei deficienti agli inquirenti.
Il 18 marzo tocca a Ljudmyla Zubskova, prostituta ucraina che carica ad Albenga ed uccide, secondo il solito rituale, in uno spiazzo isolato fra un capannone e la scogliera, a Pietra Ligure. La fissazione del momento è quella di uccidere prostitute di diversa nazionalità.
Due prostitute e un cambiavalute: le nuove vittime di Bilancia
Due giorni dopo ha bisogno di soldi quindi torna a Ventimiglia, presentandosi allo sportello del Cambiavalute Enzo Gorni. Tira fuori la pistola e gli intima di consegnargli tutto il contante che ha. In quel momento si avvicina alla porta di ingresso il cognato di Gorni, al quale il cambiavalute fa un cenno che quello interpreta come un invito a non entrare. Credeva fosse con un cliente importante. Aspetta comunque poco lontano e due minuti dopo sente il rumore di uno sparo.
Gorni aveva tentato di reagire e Bilancia lo aveva fatto fuori. Il cognato si avvicina fino a tre – quattro metri dal killer che inspiegabilmente lo lascia stare e scappa.
Fornirà un’accurata descrizione dell’assassino e della sua auto. Bilancia la sera va a giocare al Casinò di Sanremo e perde praticamente tutto, anche se alla fine il Capo Croupier, avendolo notato come soggetto non proprio a posto, accetta di pagargli una puntata fatta dopo il Rien ne va plus per evitare guai peggiori.
La prostituta sopravvissuta per miracolo
Il 24 marzo Walter sconfina in Piemonte, nella zona di Novi Ligure. Carica la prostituta transessuale Lorena Castro e le propone di seguirlo in casa sua per un milione di lire. I due arrivano in auto davanti a un cancello che Bilancia apre con un telecomando passepartout e percorrono un lungo e buio viale alberato che conduce a una villa diroccata. Non ti impressionare, ho la casa in ristrutturazione. Giunto nello spiazzo antistante la costruzione Walter accosta la macchina in modo che la portiera del passeggero sia bloccata da un albero e tira fuori la pistola. Lorena tira a sua volta fuori l’istinto di sopravvivenza e la praticaccia del mondo che probabilmente solo alcune persone di vita posseggono e gli dice Se proprio devo fare questa fine prima divertiamoci. È evidente che sta prendendo tempo per capire come venirne fuori. Si spoglia e comincia a toccarlo.
Il viale viene improvvisamente illuminato dai fanali di due Fiat Panda che si dirigono verso lo spiazzo. Una va a mettersi vicino alla Mercedes, l’altra sbarra il passaggio sullo sterrato. Sono due metronotte, Candido Randò e Massimiliano Gualillo. Bilancia scende dall’auto e prova a raccontare una storiella incredibile, sostenendo che sia solo una lite fra innamorati. La prostituta urla ai Metronotte di stare attenti, che quello è pazzo. Walter spara ad entrambi. Lorena cerca di scappare, lui la raggiunge e preme il grilletto. Clic. La pistola è scarica.
L’ormai ex Belinetta si riporta nell’abitacolo e ricarica l’arma. Lorena capisce che deve giocare il tutto per tutto e lo affronta, nasce una colluttazione. La prostituta viene colpita da una pallottola al fianco e violentemente, al volto, con il calcio della pistola da Bilancia che la crede morta e, sfasciando una fiancata del Mercedes, si dà alla fuga. Ma Lorena non muore. Riesce a chiamare i soccorsi e se la cava, la sua testimonianza sarà decisiva.
L’altra prostituta uccisa e il Dna campionato
Bilancia sta ormai perdendo il controllo sotto ogni punto di vista: esagera con le spacconate attirando l’attenzione: torna a Ventimiglia presentandosi in un’edicola raccontando di essere un amico della vittima in cerca di informazioni, chiama un Maresciallo dei Carabinieri sostenendo di essere il proprietario di una Mercedes blu scuro, che il giorno dell’omicidio era in zona con sua moglie e non vorrebbe essere messo in mezzo, tiene banco tutte le notti all’edicola di Genova con smargiassate oltre il limite. È ormai in preda alla paranoia e a casa prepara una borsa con denaro e passaporto, pensando di poter fuggire a Santo Domingo.
Capisce però che l’auto è un problema, così ruba una Opel Kadett bianca, per evitare di essere individuato. Con questa carica la prostituta nigeriana Tessy Adodo, che uccide alla solita maniera nuovamente a Cogoleto. Nonostante stiano ancora indagando quattro Procure diverse questo è l’omicidio della svolta investigativa: i Ris di Parma certificano che l’arma usata per i vari omicidi delle prostitute è la stessa e per la prima volta viene campionato il DNA di Bilancia. Inoltre, la collaborazione dell’intera comunità nigeriana di Genova, inclusi i papponi e le colleghe di Tessy, sarà importante.
Walterino intanto il 3 aprile si reca a Sanremo, in casa della prostituta italiana Luisa Cimminiello. Quando, come da copione, tira fuori la pistola la donna gli mostra la foto di un bambino sul comodino. È già senza un padre, non farlo crescere anche senza la madre. Walter si paralizza e se ne va. È stata fortunata, la Cimminiello. E anche furba, perché quel bambino è suo nipote, non suo figlio.
Da un certo punto in poi uccide freneticamente. Per piacere.
Secondo lo psichiatra forense Giorgio Lagazzi Bilancia da un certo punto in poi uccide freneticamente. Per piacere.
Nel raccontare i vari omicidi di prostitute in sede di confessione dice Una cosa uguale per tutte. Monotonia assoluta.
Arriviamo a questo punto all’ultimo filone di omicidi di Bilancia, che gli vale l’inappropriato soprannome di Serial Killer dei treni. È probabilmente il fantasma della tragica scomparsa del fratello e del nipote a scavare ancora più in profondità il reticolato della sua nevrosi. Stavo guardando la Tv sul divano, dico “Vado ad ammazzare una donna su un treno”. Lo racconta anche a Bonolis.
L’omicidio della donna sul treno
Domenica 12 aprile, giorno di Pasqua, mentre Bilancia è per l’appunto sul divano in attesa della sua ultima folgorazione, l’infermiera milanese Elisabetta Zoppetti sale sul treno Intercity La Spezia – Venezia per fare ritorno nel capoluogo lombardo da Lavagna, dove sta passando le festività con la famiglia. Torna in anticipo per coprire un turno all’Istituto Nazionale dei Tumori milanese. Su quel treno salirà a Genova anche Bilancia, in cerca di una donna da ammazzare. Quando la Zoppetti si reca in bagno Walter la segue, apre la porta con una chiave quadrata che non può mai mancare nel necessaire di un ladro, le mette la giacca che l’infermiera aveva appeso nella toilette sul volto e le spara in testa.
Secondo il criminologo Carmelo Lavorino Bilancia sta alzando il livello dello scontro con gli inquirenti. È una sfida da giocatore d’azzardo Vediamo se mi beccate. A questo punto però si alza anche il livello dell’attenzione da parte di inquirenti, media e opinione pubblica. Un conto è che uno vada in giro ad ammazzare le prostitute delle quali, diciamoci la verità, non frega granché a nessuno, tutt’altra storia è se il tizio in questione si mette a girare per i treni sparando alle madri di famiglia nei bagni.
La uccide. Dopodiché si masturba sul cadavere
Il 14 aprile va al Casinò e perde tutto. Sulla strada del ritorno carica la prostituta macedone Kristina Valla, ha con lei un rapporto sessuale e poi la uccide tra Albenga e Ceriale.
Il 18 aprile Bilancia sale su un treno della tratta Genova – Ventimiglia, adocchia la baby sitter Maria Angela Rubino, aspetta che vada in bagno e ripete lo schema utilizzato con la Zoppetti. Dopodiché si masturba sul cadavere. Non so perché l’ho fatto, non era nelle mie intenzioni.
Il caso esplode mediaticamente a livello nazionale, le indagini si fanno serrate, Bilancia è sempre più fuori controllo.
Il 20 aprile sta cenando in una trattoria ma non ha soldi. Lo conoscono e gli fanno credito. Si ferma in una stazione di servizio, mette benzina e intima al benzinaio Giuseppe Mileto di consegnargli l’incasso. Arriva un’altra auto e Walter dice a Mileto di fare finta di niente e servire l’automobilista. Quando quello rientra nell’ufficio gli spara e si porta via i soldi. Per prima cosa va a saldare il debito in trattoria. Poi va al Casinò. E perde.
La svolta: il vecchio proprietario della Mercedes nera di Bilancia
La svolta decisiva arriva sotto forma di un avvocato che si presenta alla Questura di Genova accompagnando un suo cliente. L’uomo si chiama Pino Monello e qualche mese prima ha venduto per cinque milioni di lire la sua Mercedes Nera ad un conoscente. L’acquirente però non ha mai formalizzato il Passaggio di proprietà e quindi a Monello continuano ad arrivare una sfilza di multe per pedaggi non pagati in autostrada. Un totale di più di 800mila lire. Il punto però non è quello.
Scorrendo date e orari dei passaggi ai vari caselli i due hanno notato una serie di coincidenze con luoghi e orari degli omicidi del Serial Killer. Tra l’altro il conoscente a cui aveva venduto l’auto e che di recente si era raccomandato di non dire a nessuno che era stato proprio lui a comprarla assomiglia tantissimo all’identikit che ormai da giorni, grazie alle testimonianze di Lorena e di altre prostitute che lo avevano visto caricare le colleghe uccise, campeggia su tutti i quotidiani nazionali. Si chiama Donato Bilancia, detto Walter.
I carabinieri chiedono a Monello di organizzare un incontro con Bilancia in un bar, così da poter prelevare il suo DNA. Walter arriva fuori dal locale in autobus, quando lo vede scendere, il carabiniere che sta aspettando al bancone pensa È lui.
L’uomo costretto a incontrare Bilancia in un bar
C’è spazio anche per un momento di suspence. Monello e il killer prendono un caffè al banco, dopodiché escono a chiacchierare sul marciapiede. La ragazza che lavora nel bar sta per tirare via le tazzine quando il carabiniere le fa cenno di fermarsi e le passa una bustina di plastica facendole intendere chi è e di cosa abbia bisogno. In quel momento Bilancia rientra per chiedere uno stuzzicadenti e la barista, con grande freddezza, indicandogli una determinata direzione lo induce a girare le spalle al bancone, intanto mette al sicuro tazzina e cucchiaino nella busta. Nonostante l’abilità della ragazza il DNA estratto sarà troppo esiguo per un confronto e gli inquirenti dovranno chiedere a Monello di organizzare un nuovo appuntamento per discutere delle multe. Stavolta l’operazione riesce senza intoppi e il confronto fra il DNA estratto dalla tazzina e quello rilevato su diverse scene del crimine non lascerà adito a dubbi. Walterino è il serial killer.
Mercoledì 06 maggio 1998 l’incubo finisce
Bilancia ha prenotato una visita in ospedale, deve fare delle radiografie. I carabinieri decidono di intervenire in quella occasione convinti che sia improbabile che Walter si presenti a fare i raggi armato. Non appena esce gli sono addosso, sulle prime Bilancia è terrorizzato, poi quando capisce che sono i carabinieri, si tranquillizza: Pensavo fosse qualcuno che mi voleva accoppare. Riferendosi alla comprensibile veemenza con cui gli inquirenti lo hanno travolto e messo a terra userà un’immagine probabilmente non casuale Mi sembrava di essere stato travolto da un treno. Durante l’immediato sopralluogo a casa sua, sul divano, viene ritrovato il Revolver Smith & Wesson 36 Chief Special.
Per una settimana non aprirà bocca se non, naturalmente, per ficcarsi una sigaretta dopo l’altra fra le labbra. Poi decide di raccontare tutto, anche quello che gli inquirenti nemmeno sospettavano. Non ha ucciso solo le prostitute, i due metronotte a Novi Ligure e le due donne sui treni, ma anche i cambiavalute, i gioiellieri, Parenti e sua moglie, il metronotte nel palazzo di Genova, il benzinaio e pure Quel sacco di merda di Giorgio Centanaro.
Confessa senza provare nulla, racconta quello che ha fatto come se non fosse lui il protagonista. Riferendosi a Elisabetta Zoppetti dice Se avessi saputo che aveva una figlia ne avrei uccisa un’altra.
L’indagine sulla psiche di Donato Bilancia
C’è una foto che raffigura Bilancia dopo l’arresto che riesce a esprimere meglio delle parole quello che Walterino era sempre stato, Un coacervo di contraddizioni; è come se la sua faccia fosse fatta da due metà di volti diversi messi uno di fianco all’altro: un occhio è semichiuso, l’altro spalancato, l’angolo sinistro della bocca completamente disteso, quello destro contratto quasi innaturalmente.
Di fronte alla mostruosità di quanto commesso da Donato Bilancia, è stato inevitabile procedere ad una indagine della sua psiche, per comprendere se alla base della sua improvvisa eruzione di violenza ci fossero elementi patologici. L’ordinario di Psichiatria all’Università di Genova Romolo Rossi (che abbiamo citato nel pezzo su un altro assassino seriale italiano, Michele Profeta) interpellato in Aula spiegherà che in Bilancia Ci sono elementi anomali, tratti narcisistici ma non una malattia.
Banalmente, secondo il medico, a un certo punto Walter si è reso conto di quanto facile fosse uccidere ed ha pensato di proseguire.
Perfettamente in grado di intendere e di volere
Si è parlato anche di dissociazione per quanto riguarda un’eventuale patologia, per intenderci citiamo il capolavoro di Stevenson Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hyde, ma anche su questo Rossi è stato chiaro: Dissociazione è quando la mano destra non sa cosa fa la sinistra. Qui la mano destra ha sempre saputo cosa faceva la sinistra, e avrebbe potuto fermarla.
Viene accertato che Bilancia ha dei tratti narcisistici e istrionici, nonché un Io problematico ma è perfettamente capace di intendere e di volere, è inutile che tenti di farsi passare per pazzo, perché non lo è.
È sostanzialmente un uomo che per tutta la vita ha finto di essere un’altra persona. Ancora Romolo Rossi: Bilancia è un mentitore che ha bisogno di grandezza. Per lui verità e menzogna sono la stessa cosa perché costruisce la menzogna e poi la accantona, quando la va a riprendere pensa che sia la verità.
Donato Bilancia, detto Walter, è un serial killer senza epica. La spiegazione di quello che ha fatto è semplice e quindi mostruosa. Ha sempre vissuto su un piano inclinato, nelle notti genovesi, in una Sin City al pesto che lo ha portato sempre più giù e sempre più veloce, fino all’abisso dei suoi demoni.
La prima fase carceraria turbolenta
La prima fase carceraria di Bilancia è stata piuttosto turbolenta: dopo aver provato a passare per matto parla di complici inesistenti, scrive a Papa Giovanni Paolo II per essere benedetto, chiede al noto penalista Nino Marazzita di difenderlo specificando di poterlo pagare solo in caramelle, vuole essere intervistato da Enzo Biagi. Non lega con gli altri detenuti, anzi spesso ci litiga, aggredisce due guardie carcerarie e gira diversi istituti. Fin quando, al Carcere Due Palazzi di Padova, qualcosa inizia a cambiare. Bilancia scopre la Fede. Incontra Sabino Chialà, Priore della Comunità Monastica di Bose, e instaura con lui un fitto scambio epistolare, organizzando delle Riunioni di preghiera a distanza che si tengono tutti i giorni, alle 18.00.
L’incontro con la fede e il teatro
E poi scopre il Teatro. E forse non è un caso che questo lo faccia cambiare, per il suo valore catartico e comunitario, perché ti obbliga ad approfondire la relazione con sé e con gli altri. Perché, come diceva Antonin Artaud, uno dei più importanti uomini di Teatro del 900, Fare Teatro significa avere a che fare con i lati oscuri della propria anima.
Chissà se è andata davvero così. Chi ha condiviso con lui questa esperienza, volontari, formatori e altri detenuti, garantiscono che Bilancia era cambiato. Il percorso di Fede lo aveva portato a slanci di nuova generosità, come destinare la sua intera pensione di invalidità, che riceveva per un vecchio incidente, ad un ragazzo affetto da Sindrome di Down, con il quale era entrato in contatto tramite il Cappellano del Carcere. Mandava tutto ciò che poteva a persone in difficoltà. Quando chiese un permesso per incontrarlo, quel ragazzo, glielo negarono. Di lì a poco si ammalò di Covid e rifiutò le cure, spegnendosi a 69 anni. Quell’ultimo rifiuto gli aveva tolto la forza di lottare.
Perché era un uomo insignificante ma malvagio
Sarebbe romantico e semplice chiudere così, raccontando la storia di Donato Bilancia come un percorso di redenzione. Peccato che non sarebbe giusto. Le storie di serial killer affascinano da sempre perché ci portano a farci delle domande, perché la figura dell’assassino seriale ha un qualcosa di magnetico. Spesso, così, si dimenticano le vittime, e chi ha fatto loro del male raggiunge il suo obiettivo, facendosi protagonista del proprio romanzo.
Donato Bilancia ha lasciato dietro di sé Giorgio Centanaro, Maurizio Parenti e Carla Scotto, Bruno e Maria Luigia Solari, Luciano Marro, Giangiorgio Canu, Stela Truya, Ljudmyla Zubskova, Enzo Gorni, Candido Randò, Massimiliano Gualillo, Tessy Adodo, Elisabetta Zoppetti, Kristina Valla, Maria Angela Rubino e Giuseppe Mileto.
Perché era un uomo insignificante ma malvagio.