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Reperti archeologici fermi nei magazzini in attesa di resturo:
Sono sempre più numerosi i beni culturali e reperti archeologici che giacciono nei magazzini delle rispettive soprintendenze in attesa di esser restaurati e sistemati e che, nostro malgrado, lì rimangono parcheggiati senza limiti di tempo causa scarsezza di fondi e di personale. Come può esser spiegabile uno spreco simile? Come mai un paese che manda a rotoli un patrimonio imponente da cui potrebbe trarre vantaggi sotto ogni punto di vista?
Per avere una testimonianza diretta di quanto avviene e cercare di capirne le cause abbiamo parlato con la Dott.ssa Giovanna Bandini, Restauratore Direttore Coordinatore del Settore Restauro I, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Museo delle Terme di Diocleziano.
A quanto ci risulta ci sono molti reperti nei magazzini che non riescono ad esser restaurati; questa situazione corrisponde al vero?
“Si è vero, sono numerosissimi i reperti che attendono di essere restaurati ed è davvero complesso, anzi difficile fare un computo di questi anche in considerazione dei numerosi depositi dove questi vengono posizionati.”
Da cosa dipende questa carenza?
“I problemi del Settore Restauro della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma sono molteplici. Iniziamo con il dire che, in generale, i fondi assegnati per le cosiddette ‘spese di funzionamento’ o ‘spese correnti’ (cioè per acquistare attrezzature e materiali necessari all’ attività dei restauratori ‘interni’ all’Amministrazione) risulterebbero bastevoli. I problemi sono altri, cioè la non disponibilità di fondi per restaurare opere, dato che il personale interno non riesce a compiere questo lavoro per via della sua insufficienza numerica rispetto alle necessità effettive.”
Da quanto tempo va avanti questa situazione?
“Negli anni precedenti il 2009, il Settore Restauro I aveva ricevuto mediamente dai 35.000-50.000 ai 100.000 euro per svolgimento dell’attività ed interventi di conservazione da compiersi su ‘reperti mobili’ e da assegnare a imprese o a ditte di restauro ‘esterne’ all’Amministrazione e cioè nei casi in cui il personale ‘interno’ non potesse intervenire in ‘amministrazione diretta’ (poiché numericamente insufficiente). Finanziamenti non di certo bastevoli ma almeno era qualcosa…. Nel 2009 non è stato attribuito al settore alcun stanziamento di fondi. Per suo verso, quest’anno, tutto è in sospeso poiché siamo ancora in attesa della definizione del ‘Bilancio di previsione’ per l’anno in corso (2010), definizione del Bilancio che è a cura dell’Ufficio Bilancio e Programmazione interno alla Soprintendenza il quale ancora non ha deliberato nulla. E siamo già a marzo inoltrato!”
I tagli non c’entrano: colpa della gestione interna
La vostra Soprintendenza in quale misura dipende dai fondi statali?
“La nostra Soprintendenza è un organismo ‘autonomo’, cioè con gestione finanziaria autonoma. Infatti è chiamata Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, dove per speciale si intende ‘gestione’ finanziaria autonoma e non dipendente direttamente dall’organo centrale che è il Ministero dei Beni Culturali. I tagli imposti dal Ministero incidono e molto ma non in misura così drammatica come in altre Soprintendenze periferiche, semmai è il tipo di ‘gestione interna’ che risulta determinante, ovverosia la ‘Commissione Bilancio e Programmazione’, l’Ufficio Amministrativo e, soprattutto, il ‘Consiglio di Amministrazione’ interno sono gli organismi che agiscono per la determinazione dei finanziamenti da attribuire ai singoli Settori/Servizi, o Monumenti, oppure Sedi Museali, od anche siti archeologici.”
Quali e quante sono le vostre esigenze?
“Le esigenze della nostra Soprintendenza sono tantissime e, benché sia la Soprintendenza ‘più ricca’ d’Italia, le necessità sono davvero molte, troppe per essere seguite adeguatamente, specie se si considera il numero e la complessità dei siti archeologici, beni culturali e dei monumenti da tutelare, da ‘mantenere’, da restaurare… Non si dimentichi quale ricchissimo patrimonio archeologico deve gestire una Città come Roma e relativo territorio limitrofo.”
Quali sono le emergenze di Roma?
“Alcune fra queste’situazioni’ di emergenza sono, ad esempio, il rischio smottamento del Colle Palatino, oppure, la ‘gestione’ di milioni di turisti che visitano annualmente il Colosseo, ed anche la tutela del Parco dell’Appia, come pure la salvaguardia e la manutenzione di aree archeologiche poco conosciute come i comprensori di Gabii e di Crustumerium/Fidene, o le c.d. Tombe Latine…”
Beni culturali: personale anziano e mancanza di ricambio
Qual è l’aspetto più preoccupante della vicenda?
“Ciò che risulta, a mio avviso, davvero drammatico è la progressiva perdita di personale il quale, andando in pensione, non viene sostituito. Inoltre, c’è un marcato invecchiamento del personale stesso e ciò riguarda tutti, dai funzionari, ai custodi, passando per gli assistenti, i geometri, gli impiegati; l’età media dei dipendenti pubblici supera i 53 anni.”
Da cosa dipende questa mancanza di ricambio del personale?
“Dal fatto che non vengono banditi concorsi per la P.A. Per fare un esempio, e per quanto riguarda specificatamente la figura professionale del restauratore, l’ultimo concorso pubblico per Assistente Restauratore è stato effettuato nel 1997, mentre quello di Restauratore Conservatore risale addirittura a prima. Inoltre, tra i pochissimi posti banditi su tutto il territorio nazionale, nessuno era previsto per Roma. In effetti, nel 2008, si è bandito un concorso nazionale per complessivi 500 posti suddivisi in varie qualifiche, ma di questi, ad esempio, solo 5 erano per Storico dell’arte, 8 per Funzionario amministrativo, 30 per Archeologo, 2 per Bibliotecario, 3 per Assistente tecnico scientifico e nessuno per restauratore.”
E’ quindi una questione di personale?
“Da troppo tempo non vengono banditi concorsi per la Pubblica Amministrazione, concorsi che immetterebbero giovani nel mondo del lavoro. Mancano, oltre tutto, i cosiddetti quadri intermedi (gli assistenti, i collaboratori, gli impiegati); tutto questo sta creando serie difficoltà a tutta la struttura per un’adeguata conduzione del lavoro. In questa costante ‘battaglia’ per la tutela e la conservazione dei Beni culturali siamo un ‘esercito’ con pochi e stanchi capitani (poiché sempre più ‘vecchi’) e con ancor meno sergenti, caporali, tenenti, soldati…”