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Come riconoscere quando un vino è realmente biologico

28/11/2025

Il vino biologico è molto più di una semplice etichetta; è il risultato di un approccio agronomico e produttivo che pone al centro il rigoroso rispetto per l’ambiente, la salvaguardia della biodiversità e la tutela della salute del consumatore.

Mentre il vino convenzionale mira spesso all’ottimizzazione della resa attraverso l’uso di prodotti chimici di sintesi, la produzione biologica adotta una filosofia orientata alla sostenibilità e alla naturalità. Vediamo come riconoscere un vino realmente biologico, evitando di cadere in equivoci come per altri prodotti sul mercato (avevamo evidenziato in passato la questione delle certificazione bio di cosmetici che in realtà non erano per nulla biologici).

Filosofia del biologico: dalla vigna alla cantina

Un vino ottiene la certificazione biologica solo se aderisce alle severe normative stabilite dall’Unione Europea, che regolano l’intero ciclo produttivo, partendo dalla coltivazione dell’uva fino alla messa in bottiglia.

La caratteristica distintiva del vino biologico inizia nel vigneto, con il divieto assoluto di utilizzare pesticidi, erbicidi, insetticidi e fertilizzanti chimici di sintesi. La gestione delle malattie e dei parassiti si affida invece a metodi naturali, come l’impiego di rame e zolfo in quantità estremamente limitate, la lotta integrata e la promozione della biodiversità.

Parallelamente, la fertilità del suolo viene mantenuta e migliorata esclusivamente attraverso concimi naturali, come il letame o il compost, e mediante pratiche agronomiche come il sovescio, in cui colture specifiche vengono seminate tra i filari per arricchire naturalmente il terreno di sostanze nutritive. Questo approccio favorisce una maggiore salute e profondità delle radici della vite, permettendole di assorbire meglio i minerali del terreno.

La normativa UE in materia

Il processo prosegue nella fase di vinificazione, dove il vino biologico si differenzia in modo significativo dalla produzione convenzionale. Le normative UE impongono limiti massimi molto più stringenti per l’aggiunta di anidride solforosa rispetto al vino tradizionale; questo è spesso il punto di maggiore interesse per i consumatori sensibili ai solfiti. Sono inoltre severamente vietati additivi come l’acido sorbico, l’acido desolforante, l’enzima lisozima e coloranti non naturali. Sebbene sia ammesso l’uso di lieviti non OGM, i produttori biologici più attenti prediligono spesso l’impiego di lieviti indigeni, naturalmente presenti sull’uva.

Infine, benché siano permessi trattamenti fisici come la filtrazione, è categoricamente vietato l’uso di agenti chimici aggressivi per la chiarificazione.

Le qualità distintive nel bicchiere

L’insieme di queste scelte produttive si riflette in qualità specifiche che rendono il vino biologico apprezzato. L’intervento chimico ridotto al minimo consente al vino di esprimere con maggiore autenticità le caratteristiche del suo terroir, ossia l’insieme unico di vitigno, clima e suolo.

Poiché la pianta è coltivata in un ambiente equilibrato, il vino tende a raccontare la sua origine in modo più puro e intenso. Per il consumatore, il minore contenuto di solfiti rappresenta un beneficio non trascurabile, soprattutto per coloro che sperimentano sensibilità a questa sostanza (sebbene i solfiti si formino naturalmente durante la fermentazione, l’aggiunta è limitata).

Infine, la trasparenza e l’affidabilità sono garantite: la presenza del logo UE della foglia stellata assicura che l’intera filiera produttiva sia stata sottoposta a controlli rigorosi da parte di enti terzi autorizzati.

Claudia Barbara

Giornalista ed esperta di Digital Marketing