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Quando il datore di lavoro può licenziare?

Il licenziamento, nel diritto del lavoro, è l’atto che mette fine ad un rapporto di lavoro. Questo è regolato da un contratto che trova la sua fine attraverso la recessione che può essere esercitata sia dal lavoratore (dimissioni) che dal datore di lavoro. Esistono diversi tipi di licenziamenti. Si parla di licenziamento individuale quando questo è rivolto ad un singolo lavoratore. Se invece ad essere licenziati sono più dipendenti si parlerà di licenziamento individuale plurimo.

Le giustificazioni del licenziamento

Le giustificazioni del licenziamento solitamente sono: per giusta causa o per giustificato motivo. Secondo l’articolo 2119 del Codice Civile, “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa   compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente”.

Licenziamento giusta causa:

Il licenziamento per giusta causa avviene quando l’azienda decide di recidere il contratto di un lavoratore, il quale risulta colpevole di gravi e rilevanti comportamenti dal punto di vista disciplinare al punto di impossibilitare la prosecuzione del contratto. Questo tipo di licenziamento, giustificato da legittime motivazioni di tipo disciplinare, non esula i dipendenti con contratto a tempo indeterminato che possono essere licenziati anche senza preavviso. In questo caso il recedente ha l’obbligo di versare al lavoratore licenziato un’indennità pari alla retribuzione che gli sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

Licenziamento giustificato motivo:

Per quanto concerne il licenziamento per giustificato motivo soggettivo ed il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ci troviamo di fronte a due situazione molto simili ma con sostanziali differenze. In primis, nel GMS vi è un licenziato mentre nel GMO vi sono più licenziati. Secondo l’articolo 3 della legge 604/1966Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
In sostanza, il giustificato motivo soggettivo dipende da un comportamento del lavoratore mentre quello oggettivo da necessità relative alle condizioni economiche dell’azienda. Apparentemente il licenziamento per giusta causa ed il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, essendo entrambi derivanti da motivi disciplinari, possono apparire uguali. In realtà, il primo è legato al dolo o ad una colpa gravissima, motivo per il quale non è previsto il preavviso. Il secondo invece fa riferimento ad un inadempimento del lavoratore. Per quest’ultimo deve essere rispettato il termine di preavviso determinato dalla contrattazione collettiva in base all’inquadramento e all’anzianità.

Quando i licenziamenti sono legittimi

Ovviamente, per tutti i casi citati, le motivazioni dei licenziamenti devono chiaramente essere provate dal datore di lavoro che intende licenziare uno o più dipendenti. Riportiamo di seguito alcuni esempi. Il licenziamento per GMS è legittimo nei seguenti casi:

  • Mancato rispetto delle direttive aziendali;
  • Assenze ingiustificate;
  • Falsificazione di documenti e dati aziendali;
  • Divulgazione di documenti e dati aziendali;
  • Negligenza o scarso rendimento;
  • Omissione di informazioni rilevanti.

Il licenziamento per GMO è invece legittimo nei seguenti casi:

  • Cessazione dell’attività produttiva;
  • Soppressione del posto o del reparto;
  • Esternalizzazione delle mansioni;
  • Introduzione di nuove tecnologie;
  • Ridimensionamento dell’attività produttiva

Licenziamento illegittimo

Si parla di licenziamento illegittimo quado non vi sono validi motivi che giustifichino la fine del rapporto. Pertanto, sono previste delle tutele per il lavoratore che possono agire tramite le organizzazioni sindacali o un avvocato del lavoro. Un licenziamento può essere illegittimo se questo avviene per ragioni discriminatorie, se l’illecito contestato non è esistente o non abbastanza serio, se la riorganizzazione aziendale è solo fittizia poiché si sono state fatte delle assunzioni durante il periodo di licenziamento o se non si è verificato il repechage del dipendente che si vuole licenziare.
I tempi per agire sono stringenti. Una volta recapitata la lettera di licenziamento il lavoratore ha un massimo di 60 giorni per impugnarla. Entro 180 giorni è necessario depositare il ricorso al tribunale o manifestare la volontà di procedere con un tentativo di conciliazione o di arbitrato. Se entrambe le opzioni non dovessero produrre nessun effetto, allora bisognerà rivolgersi al tribunale entro 60 giorni.

Pubblicato in Focus

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Scrittore, giornalista, ricercatore di verità - "Certe verità sono più pronti a dirle i matti che i savi..."

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