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Criptovalute e Bitcoin: cosa sta succedendo sui mercati

Si parla sempre più spesso di criptovalute, ovvero le monete virtuali che ormai da mesi sono oggetto di polemiche tra chi le ritiene un mezzo illecito per ripulire capitali sporchi e chi, invece, pensa che si tratti di uno strumento monetario molto più sicuro delle valute tradizionali.
A scatenare la discussione sono stati negli ultimi tempi alcuni attacchi da parte della grande finanza, a partire da quello sferrato da Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, che non ha esitato ad attaccare i Bitcoin e le altre criptovalute: secondo lui si tratterebbe di una semplice truffa e che non esiterebbe un attimo a licenziare i traders della sua banca nel caso li sorprendesse a trafficare in monete virtuali.
Un attacco seguito poi da quello di Davide Serra, finanziere molto vicino a Matteo Renzi e fondatore del fondo Algebris, secondo il quale proprio i Bitcoin costituirebbero una vera e propria lavanderia per denaro proveniente da attività illecite.

Storia delle criptovalute, dal Bitcoin in poi

Dichiarazioni che hanno rilanciato la discussione sulle criptovalute, in un momento in cui messe tutte insieme esse avrebbero una capitalizzazione prossima ai 600 miliardi di dollari e con i consumatori italiani che, come si può leggere sul sito Finanza.economia-italia.com, stanno sempre più alzando le antenne per monitorare il fenomeno.
Una massa monetaria imponente che fa temere non poco per la possibile esplosione di una bolla disastrosa, che rischierebbe di rovinare molti investitori.
Come è ormai noto, la prima moneta virtuale in assoluto è stato il Bitcoin, nato nel 2009 su iniziativa di Satoshi Nakamoto, di cui al momento si conosce soltanto lo pseudonimo. È lui l’estensore dell’algoritmo che ha consentito di dare vita a un mezzo di scambio delle informazioni digitali mediante un processo che si fonda su alcuni principi della crittografia, grazie ai quali è possibile proteggere il commercio di divise virtuali.

Principali differenze con le monete tradizionali

Altra notevole differenza con le monete tradizionali, sta nella mancanza di un organismo centrale chiamato a coordinare e regolamentare la stampa di valuta. Nel caso delle criptovalute è infatti la rete che si attiva per controllare la regolarità delle transazioni e garantire che non vengano effettuate operazioni che vanno contro i principi si cui si fondano queste divise.
Se già nel corso degli anni passati da più parti si erano sollevate delle voci contro le criptovalute, negli ultimi mesi gli attacchi si sono fatti sempre più intensi. Secondo i fautori delle monete virtuali, questo levarsi scomposto del mondo finanziario tradizionale sarebbe dovuto proprio al sempre più evidente successo del Bitcoin e delle sue sorelle (attualmente sono state censite oltre 1300 divise di questo genere).

Gli attacchi alle criptovalute da parte dei grandi finanzieri

Gli attacchi in questione, compreso quello più violento in assoluto da parte del Premio Nobel Joseph Stiglitz, il quale ha espressamente chiesto la loro messa fuorilegge, sono stati però rintuzzati con un certo successo dai sostenitori delle criptovalute, i quali hanno avuto buon gioco a ricordare come in realtà i capitali provenienti da attività illecite siano stati per decenni ripuliti proprio all’interno di quel sistema bancario che oggi si erge a censore.
Va peraltro sottolineato come uno studio elaborato dai ricercatori della Cornell University abbia messo in evidenza come in realtà usare criptovalute per favorire il riciclaggio di capitali sporchi riservi molti più rischi nei confronti dell’uso di trasferimenti bancari o pagamenti elettronici.

Le banche centrali si apprestano a investire nelle monete virtuali?

Nella querelle nata intorno alle criptovalute, va però rimarcato come il 2018 potrebbe essere l’anno in cui le banche centrali del G7 potrebbero decidere di investirci al fine di rendere più forte le proprie disponibilità in moneta estera. Ad avanzare questa supposizione è stata Eugene Etsebeth, nota per aver diretto la banca centrale del Sud Africa e quindi voce di assoluto rilievo.
A spingerla in un pronostico così impegnativo è stata proprio la presa d’atto che la crescente capitalizzazione di borsa farà del Bitcoin e delle altre divise virtuali la maggiore valuta presente sui mercati internazionali, spingendo le banche centrali a modificare il proprio atteggiamento nei loro confronti.

L’interesse di JPMorgan Chase per le criptovalute

Sino ad ora, infatti, esse hanno soltanto cercato di dare vita ad una regolamentazione del fenomeno, mentre con il sempre più impetuoso progresso del Bitcoin potrebbero infine decidere di investirci sopra.
Si tratta di un mutamento di prospettiva che peraltro era già stato prefigurato dalle parole rilasciate da un portavoce di JPMorgan Chase, il quale aveva dichiarato l’interesse della banca per le criptovalute, smentendo almeno in parte le parole di Jamie Dimon e che va ad inserirsi in una atmosfera che secondo qualche osservatore esterno sta realmente arroventandosi.

Il caso di Pantera Bitcoin

Per capire le attese che si stanno creando intorno alle monete virtuali, basterà ricordare il caso di Pantera Bitcoin, un fondo varato nel 2013 il quale nei quattro anni intercorsi dalla sua nascita ha fatto registrare una performance strabiliante, tale da oltrepassare il 25mila per cento di crescita.
Una prestazione cui hanno contribuito soprattutto gli ultimi mesi, nel corso dei quali la quotazione del Bitcoin è schizzata da circa mille a quasi 20mila dollari. Lo stesso gestore e fondatore di Pantera Bitcoin, Dan Morehead, proveniente da Goldman Sachs, ha però voluto mettere in guardia i suoi clienti invitandoli ad investire non più dell’1% delle proprie disponibilità in criptovalute, trattandosi con tutta evidenza di un investimento a rischio che però non può assolutamente essere ignorato, considerati gli indici di espansione messi in mostra sinora.

Pubblicato in Archivio Notizie

Scritto da

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