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Il futuro delle donne nella società dell’apparire

Ho deciso di scrivervi perchè è arrivato il momento di dire basta. Ho 19 anni e provengo anche io, come tutta la mia generazione, dalla cultura della televisione, dell’apparire piuttosto che l’essere, delle telegiornale piuttosto che il quotidiano, del film piuttosto che il libro, come ha giustamente detto la Dottoressa Zanardo; ho fatto il Liceo Classico e mi rendo conto che tutto il bagaglio culturale che mi porto dietro, nella società di oggi, società che una “sociologa” inconsapevole come Terry De Nicolò ha descritto, con novizia di particolari: la società del vendersi.
Per tanto tempo mi sono chiesta perchè io, ragazza dovessi sempre essere carina per essere ascoltata, dovessi sempre essere curata, truccata e ben vestita mentre il maschio no: a lungo ho pensato che si trattasse di buon gusto ma poi, crescendo, ho maturato una riflessione un po’ più amara; essere una donna oggi è una sfida, non voglio dire che le qualità e le capacità intellettive non vengano mai prese in considerazione ma la prima cosa che si richiede, ad una donna è quella, maledetta, “bella presenza”.

 

 

E attenzione, la bella presenza non è la cura o il decoro, che si richiede a tutti, come è giusto che sia, nel posto di lavoro (per tutti intendo uomini e donne), ma è l’essere carine, perchè naturalmente se vado in un ufficio e vedo persone carine mi trovo più a mio agio che con le “racchie”: e allora le “racchie” cosa fanno? Dove vanno? Con quali metri di giudizio si definiscono le racchie?
Tutte domande a cui si trova facilmente risposta accendendo la televisione: se il Signore ti ha voluto bene allora sei bella, cioè sei magra, alta, possibilmente prosperosa e dispostissima a fare di tutto per metterti in mostra, e allora farai strada, altrimenti, beh, non dico che non arriverai mai da nessuna parte però sarà molto molto dura; e questa amara riflessione la fa anche il nostro beneamato Presidente del Consiglio quando si consente, in plurime occasioni, di tentare di risolvere la drammatica situazione delle giovani precarie invitandole a “provarci”, ovviamente solo quelle carine, con i suoi figli, molto ricchi e potenti.
Tuttavia, la cosa ancor più vergognosa è che molte ragazze della mia età si sentono davvero fiere ed orgogliose di questa idea della donna Italiana e di colui che ci rappresenta nel mondo: ma io dico siamo proprio tutti usciti di senno? Sarà perchè mi sono appena approcciata al mondo universitario ma mi chiedo come possa, la cara signorina De Nicolò, dire che “essere bella è come essere un buon medico, ci devi nascere”: allora perchè studiare tanto? Se uno nasce buon medico è inutile studiare, facciamoglielo fare a 5 anni.
Davvero deludente pensare che questo ragionamento possa essere l’idea che l’Europa ha delle donne italiane, quando da sempre Italia vuol dire cultura:e ora? Cosa vuol dire? Essere donna italiana vuol dire essere una escort, anzi preferirei una prostituta (perchè è questo quello che sono)?
No, io non direi. C’è un’altra Italia che vuole apparire e il 13 Febbraio c’eravamo, e c’eravamo in tante. Ma poi? Cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto tante chiacchiere e nessuna alternativa. Perchè è facile indignarsi e distruggere ciò che ci circonda, più difficile è gettare le basi e costruire, perchè è facile dire che oggi la donna vende il suo corpo per “arrivare”, è facile dire che la donna accetta questa condizione, accetta di svendersi ma è difficile, troppo difficile dire che la donna è costretta a vendere il suo corpo, che questo è quello che ci hanno insegnato, che la televisione, maestra suprema per la mia generazione, ci propina ogni volta che passa anche solo una pubblicità.
Di certo, potrete pensare che, anche per me sia facile criticare e criticare senza proporre niente ma non è così: voglio dimostrare che i giovani, oggi, hanno una carica in più, pur riconoscendo che la maggioranza dei ragazzi se ne sta addormentata guardando il Grande Fratello o qualsiasi programma TV perchè “svegliarsi” è dura e, il più delle volte, non se ne ha alcuna convenienza. La sfida che dobbiamo porci, una volta per tutte, è quella di ristabilire la nostra dignità perchè è vero che tante battaglie, noi giovani, le diamo per scontate, come quella per l’aborto, per il divorzio, ecc…ma ci siamo mai chiesti perchè? Perchè nessuno ci ha mai detto cosa significhi morire perchè si deve abortire clandestinamente, cosa significhi essere accusate come colpevoli nell’aver tradito il marito “padrone”.
C’è dunque bisogno di dialogo, dialogo e non scontro nè sottomissione dei giovani agli adulti, tra generazioni, c’è bisogno di capirsi e comprendere che ogni conquista non è mai da dare per scontato perchè ogni giorno è un’impresa e dobbiamo stringere i pugni affinchè i nostri diritti non fuggano via. C’è bisogno di aprire gli occhi ad una cultura multietnica, riflettendo su un’Oriente che si evolve, che è così lontano e difficile da intendere eppure ci trascina, non solo economicamente ma anche culturalmente, in questo processo di cambiamento e vuole interagire con noi.
E c’è bisogno di capire che donna, bella o brutta non è una merce di cui discutere se deve coprirsi di più per evitare gli abusi, se deve avere più diritti perchè è donna: donna e uomo, per fortuna, sono due cose totalmente diverse, hanno esigenze e ruoli diversi nella vita e nella natura ma lottare per la parità di genere non significa appiattirsi all’idea che uomo e donna debbano essere la stessa cosa, ma significa riconoscere alla donna il medesimo valore dell’uomo, significa riconoscerle gli stessi diritti dell’uomo e gli stessi doveri. Sono stufa di dover accettare che molte donne mi dicano che, durante vari colloqui di lavoro, sono state respinte perchè bruttine o perchè volevano avere figli:è arrivato il momento di dire basta! E questa indignazione la provano anche molti uomini, perchè ci terrei a ricordare che in piazza, a Febbraio, c’erano anche uomini, che sono disposti a sostenerci in questo processo di cambiamento e di evoluzione.
Questa è la grande sfida che la mia generazione, le generazioni che verranno e si, le generazioni del ’68 e anche le precedenti dobbiamo intraprendere, questa è l’occasione per dimostrare che la forza della donna non è inferiore a quella dell’uomo, che uomo e donna ci sono in natura ed è assurdo pensare di cancellarci: questo è il momento in cui dobbiamo stare insieme, come una vera società per iniziare a costruire quel futuro che così facilmente ci hanno “rubato”!
Quando Levi scrisse “Se non ora, quando?” parlava della verità che il mondo deve conoscere, anche se dura, perchè è ciò ci consente di andare avanti; perciò, se oggi vogliamo dare alla società la realtà della nostra condizione, è giusto che forniamo un’alternativa, perchè c’è bisogno di credere che ci sono le basi per creare una società diversa e uno spazio per noi donne, che non sia solo relegato alle quote rose, affinchè non si debba più spiegare ai giovani che ci sono le quote rosa ma non le quote blu.

 

Valeria Donato

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La Vera Cronaca, giornale online libero e indipendente

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