Il Presidente della Repubblica italiana è la figura più alta della gerarchia dello Stato, un ruolo di garanzia e rappresentanza dell’unità nazionale. La sua posizione è delineata con precisione dalla Costituzione, che gli attribuisce compiti e poteri che vanno oltre l’appartenenza politica, ponendolo al di sopra degli interessi di parte e facendone un “arbitro imparziale” nell’equilibrio dei poteri.
Non è il capo del governo, né un semplice esecutore delle decisioni altrui ma rappresenta la Repubblica e ne tutela il corretto funzionamento, vigilando sul rispetto della Costituzione e assicurando la continuità dello Stato, essenziale per la stabilità democratica e per la rappresentazione dell’Italia sul piano internazionale.
In questo articolo parliamo di:
Il ruolo di garanzia del Capo dello Stato
Il ruolo primario del Presidente della Repubblica è quello di garante della Costituzione. Ciò implica l’assicurare che tutte le istituzioni dello Stato operino nel rispetto dei principi e delle norme fondamentali sancite dalla Carta Costituzionale. Non si tratta di un controllo politico nel senso di giudicare l’opportunità delle leggi o delle azioni del governo, ma di una verifica sulla loro conformità all’ordinamento costituzionale.
Come detto, il Presidente rappresenta l’unità nazionale, superando le divisioni politiche e sociali e, nei momenti di crisi politica o istituzionale, la sua figura assume un’importanza centrale come punto di riferimento stabile e imparziale, capace di guidare il Paese verso soluzioni condivise e di ricomporre le tensioni e la sua presenza è una rassicurazione per i cittadini e per la comunità internazionale riguardo alla solidità delle istituzioni democratiche italiane.
Inoltre, il Capo dello Stato, in quanto prima carica dello Stato, non risponde al Parlamento o al Governo per l’esercizio delle sue funzioni, garantendo così la sua autonomia e la sua terzietà.
Le funzioni del Presidente della Repubblica
Le funzioni del Presidente della Repubblica sono estese e toccano tutti e tre i poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario, oltre a svolgere un ruolo essenziale nelle relazioni internazionali.
Funzione legislativa
Per quanto riguarda la funzione legislativa, il Presidente promulga le leggi approvate dal Parlamento. Prima della promulgazione, egli può chiedere una nuova deliberazione alle Camere, esercitando il cosiddetto “rinvio” della legge, qualora ritenga che essa contenga vizi di costituzionalità o sia palesemente inopportuna, non rappresentando un veto assoluto, poiché le Camere possono riapprovare la legge anche senza modifiche, obbligandolo alla promulgazione.
Inoltre, il Presidente indice le elezioni delle nuove Camere e fissa la prima riunione, e autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa.
Funzione esecutiva
Nel campo della funzione esecutiva e di indirizzo politico, il Quirinale nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, i Ministri, un potere di fondamentale importanza, soprattutto in fase di crisi di governo, quando il Presidente ha il compito di svolgere consultazioni con le forze politiche per individuare una maggioranza e un governo che possano godere della fiducia parlamentare, ricevendo il giuramento del Governo e accettando le dimissioni dello stesso.
Il Presidente può anche sciogliere anticipatamente le Camere, sentiti i loro Presidenti, quando la situazione politica non consente la formazione di un governo stabile o il regolare svolgimento delle funzioni parlamentari. Egli è inoltre il comandante delle Forze Armate e presiede il Consiglio Supremo di Difesa, ed è anche il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), organo di autogoverno della magistratura, a testimonianza della sua funzione di garanzia dell’indipendenza della giustizia.
Infine, accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali previa, quando occorre, l’autorizzazione delle Camere, e concede le onorificenze della Repubblica.
Funzione giudiziaria
Nell’ambito della funzione giudiziaria, oltre a presiedere il suddetto CSM, il Presidente della Repubblica nomina un terzo dei giudici della Corte Costituzionale, e ha il potere di concedere la grazia e commutare le pene, un atto di clemenza individuale che si distingue dall’amnistia e dall’indulto che sono invece di competenza parlamentare.
Le limitazioni al potere presidenziale
Nonostante l’ampiezza delle sue funzioni, il Presidente della Repubblica opera all’interno di limiti costituzionali precisi, che ne garantiscono il ruolo di garanzia piuttosto che di potere esecutivo diretto.
La limitazione più significativa è che la maggior parte dei suoi atti non ha valore se non è controfirmata dal Ministro proponente o dal Presidente del Consiglio dei Ministri, i quali ne assumono la responsabilità. Il principio della controfirma ministeriale è fondamentale per assicurare che gli atti presidenziali siano riconducibili alla volontà politica del Governo, mantenendo il Presidente al di sopra della contesa politica.
Il Capo dello Stato, salvo i casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione, non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, ed è sottoponibile a impeachment solo per questi specifici reati. La sua immunità, tuttavia, è legata al mantenimento del suo ruolo imparziale e super partes. Come noto, non può sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato, il cosiddetto “semestre bianco“, a meno che tale periodo coincida in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
L’elezione del Presidente della Repubblica
L’elezione del Presidente della Repubblica è un momento solenne e di alta rilevanza politica e istituzionale, che coinvolge una composizione allargata del Parlamento in seduta comune. Il Presidente è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri, integrato da tre delegati per ogni Regione, eccetto la Valle d’Aosta che ne ha uno solo, che sono eletti dai rispettivi Consigli regionali con voto segreto e a maggioranza assoluta.
La votazione si svolge a scrutinio segreto. Nei primi tre scrutini, per essere eletto, un candidato necessita di una maggioranza qualificata dei due terzi dell’assemblea, una soglia molto alta che mira a garantire che la persona scelta goda di un consenso ampio e trasversale, superando le divisioni tra maggioranza e opposizione e assicurando una figura di garanzia per tutti.
A partire dal quarto scrutinio, la maggioranza richiesta si abbassa alla maggioranza assoluta dei votanti, cioè la metà più uno, una riduzione pensata per evitare stalli prolungati e permettere l’elezione anche in assenza di un consenso larghissimo, qualora le prime votazioni non abbiano prodotto un risultato.
L’elezione non è preceduta da candidature formali, i nomi emergono dalle consultazioni e dagli accordi tra le forze politiche, e i voti possono essere dati a qualsiasi cittadino italiano che abbia compiuto cinquanta anni, goda dei diritti civili e politici, e l’eletto resta in carica sette anni, con possibilità di rielezione a fine mandato.