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Sperimentazione sugli animali: il lungo iter della legge

In Italia, fino al 1992, la sperimentazione sugli animali è stata regolata dalla legge n. 615 del 1941. Una legge che, attraverso 50 anni di cambiamenti ed evoluzioni socio-culturali, è riuscita comunque a rimanere in piedi, indifferente agli scossoni inferti sia dalle sessantottine nuove prese di coscienza sia dalle sempre più numerose e determinate associazioni animaliste.
Forti della legge 615, i direttori degli istituti universitari e dei laboratori scientifici potevano autorizzare, direttamente, la sperimentazione e i ricercatori erano liberi di testare su qualsiasi specie animale.
Unica restrizione, un generico richiamo alla moderazione, dato dalla condizione di inderogabile necessità posta dalla ricerca. Un giudizio di indispensabilità questo che nessuna figura umana, però, era precisato dovesse esprimere.
L’unico vincolo effettivo si poneva per il titolo accademico. Per compiere gli esperimenti, serviva una laurea in Medicina e Chirurgia, in Medicina Veterinaria, in Scienze Naturali e Scienze Biologiche. Poi, dopo 5 decenni di 615, il lungo vuoto legislativo è colmato da una nuova normativa e tutto cambia. Con il Decreto Legislativo del 27 gennaio 1992, le regole da seguire sono soggette a un sistema più restrittivo.

Legge del 1992 sugli esperimenti animali:

Il Decreto, che attua una direttiva europea (Direttiva C.E.E. n.86/609 del 24 novembre 1986), impone al ricercatore un sistema di autocontrollo, decreta le condizioni e i limiti di ogni fase della sperimentazione e pretende il rispetto di precisi requisiti.
Dal 1992 gli esperimenti sugli animali assumono la caratteristica di eccezionalità, perdendo così quella assai obsoleta di normalità, tanto che si definisce anche l’illecito di natura penale per qualsiasi inadempienza delle disposizioni di legge.In sostanza, il D.lgs 116/92, prevede che il responsabile della ricerca dimostri e documenti all’autorità competente che:

  • non esistono metodi alternativi all’impiego degli animali;
  • è impiegato il minor numero di animali;
  • sono impiegate specie animali a minor sviluppo neurologico;
  • sono impiegate procedure sperimentali che causavano meno dolore, sofferenza, angoscia o danni durevoli e sono preferiti gli esperimenti che offrono le maggiori probabilità di risultati soddisfacenti.

Sperimentazione animale e cosmetici:

Il processo legislativo che ha condotto a questa storica decisione è stato molto graduale. Partiamo da Strasburgo 2001, dalla sera del 4 aprile, quando il Parlamento europeo metteva in atto una proposta di legge, modificando per la settima volta la direttiva sui cosmetici. Lo scopo era di ribadire il ‘NO’ dell’Unione Europea alla sperimentazione animale e alla mercificazione, già vietata dal 1998, di quei prodotti testati all’estero e poi venduti in Europa.
L’impedimento a sperimentare i cosmetici sugli animali sarebbe dovuto entrare in vigore entro cinque anni, entro il 2006, e uno degli emendamenti obbligava a riportare, in uno spazio che avrebbe dovuto occupare non meno del 20% dell’intera etichetta, il messaggio, ben visibile: testato su animali. Sia per questa dicitura sia per il divieto a testare, i fatti non rispettarono, nella quasi totalità dei casi, né i tempi né gli obblighi.
Alla fine, solamente nel 2009 si è riusciti a far osservare il divieto: non più test sugli animali (relativi ai singoli ingredienti del prodotto finito) né commercializzazione, sul territorio comunitario, di prodotti cosmetici che contengono ingredienti sperimentati fuori dell’Europa. Ma, sempre nel 2009, erano ancora fuori della restrizione i cinque test più praticati e invasivi: tossicocinetica, tossicità riproduttiva, tossicità per uso ripetuto, inclusi cancerogenicità e sensibilizzazione cutanea.

Fine alla sperimentazione cosmetologica:

Nel 2013 infine, con la proibizione a praticare anche questi cinque test, è arrivata la fine, senza nessuna eccezione, per la sperimentazione cosmetologica sugli animali. Questa iniziativa europea avrà di certo molta risonanza a livello mondiale. Lo dice Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente:“ (…) Le aziende cosmetiche utilizzeranno altri metodi per testare i loro prodotti, diventando così un esempio per tutti i settori che continuano, invece, a utilizzare lo strumento della sperimentazione, infliggendo agli animali terribili sofferenze. L’Europa l’ha capito, ora spetta agli altri paesi rompere questo tabù e perseguire la strada dell’innovazione”.
E speriamo che questa Europa continui ad aver voglia rinnovarsi e arrivi a dire basta anche alla sperimentazione sugli animale attuata in altri campi di ricerca e ancora legalmente autorizzata.

Pubblicato in Focus

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