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Sentenza Demitry e reato di concorso in associazione mafiosa

È passata alla storia per essere stato il primo tassello che ha portato alla definitiva configurazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza Demitry è datata 5 ottobre 1994, data in cui la Corte di Cassazione si espresse accogliendo la tesi favorevole alla configurabilità del concorso “esterno” in associazione per delinquere di stampo mafioso.
L’obiettivo di quella sentenza era andare a distinguere chiaramente tra la figura del partecipe al reato, noto come concorrente necessario: e la figura del concorrente eventuale. Tutto era nato da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 17 giugno 1994 dal Tribunale di Salerno nei confronti di Giuseppe Demitry, ex sottosegretario socialista che, secondo i giudici di Salerno, aveva stretto rapporti con i clan per ostacolare l’ attività delle toghe.
Da qui nacque l’iter che portò a delineare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa così come arrivato ai giorni nostri.

Processi precedenti al 1994: la storia di Bruno Contrada

Un percorso lunghissimo ma che ha i suoi effetti anche oggi, su alcuni procedimenti penali. Basti pensare alla storia di Bruno Contrada, l’ex numero due del Sisde che era stato riconosciuto colpevole del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e punito con 10 anni di reclusione.
Ebbene proprio in queste ore, dopo 25 anni dall’accaduto, la Corte di Cassazione ha deciso di revocare la condanna anche in virtù del fatto che il reato di concorso in associazione mafiosa ha iniziato a prendere forma proprio con la sentenza Demitry del 1994: e la vicenda di Contrada si era dipanata un paio di anni prima.

Cosa dice il reato di concorso esterno in associazione mafiosa

Ma nel concreto, cosa implica il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e cosa dice la legge al riguardo?
Il concorso esterno nel reato di associazione mafiosa può essere configurabile per quei soggetti che pur non facendo parte del sodalizio criminale, finiscano con il fornire, anche tramite un solo intervento, un contributo di qualunque tipo tale da consentire alla stessa associazione mafiosa di mantenersi in vita e perseguire i propri scopi.
In sostanza si parla di un soggetto che pur non facendo parte a tutti gli effetti del sodalizio criminale, finisca per porre in essere una condotta che contribuisca alla realizzazione dei piani della associazione mafiosa.

Requisiti necessari per configurazione del reato:

Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa rientra nell’area dei cosiddetti reati associativi. Per essere configurabile devono essere presenti requisiti essenziali quali:

  • il contributo per la costituzione, conservazione o rafforzamento dell’associazione mafiosa;
  • il dolo di concorso: è sufficiente anche solo la coscienza e volontà di contribuire al rafforzamento della associazione;
  • l’esistenza del contributo necessario o agevolatore oltre che della volontà di favorire la realizzazione dei reati.

La sentenza della Cassazione del 1994 si è basata anche su aspetti psicologici affermando che il partecipante non può “non muoversi con la volontà di far parte dell’associazione e con la volontà di voler contribuire alla realizzazione degli scopi della stessa”.

Evoluzione del reato di concorso esterno

Negli anni si sono registrate altre sentenze che sono andate a definire meglio il quadro legato al reato di concorso esterno in associazione mafiosa: tra queste, la sentenza Andreotti del 2004 che andò a sancire come non fosse “sufficiente una condivisione meramente psicologica o ideale di programmi e finalità della struttura criminosa, ma occorre la concreta assunzione di un ruolo materiale al suo interno, poiché la partecipazione implica l’apporto di un contributo nella consapevolezza e volontà di collaborare alla realizzazione del programma societario”.
La sentenza Mannino del 2005 nel corso della quale il più volte ministro delle Repubblica Calogero Mannino dovette rispondere di concorso eventuale nell’associazione mafiosa Cosa nostra per avere “contribuito sistematicamente e consapevolmente alle attività e al raggiungimento degli scopi criminali di Cosa nostra avvalendosi del potere personale e delle relazioni derivanti dalla sua qualità di esponente di rilievo della Democrazia Cristiana siciliana, di esponente principale di una importante corrente del partito in Sicilia, di segretario regionale del partito nonché di membro del consiglio nazionale dello stesso”.

La sentenza su Marcello Dell’Utri

Infine tre diverse sentenze riguardanti Marcello Dell’Utri, la prima del 2012, la seconda del 2013 e la terza del 2014, andarono a contribuire a circoscrivere il reato di concorso esterno in associazione mafiosa così come lo conosciamo oggi.
Nel maggio del 2014 per l’allora senatore di Forza Italia la Cassazione espresse la sentenza definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura, Dell’Utri sarebbe stato “il garante dell’accordo tra Berlusconi e Cosa Nostra”.
Sentenza che andava a rendere definitivo quanto già era stato richiesta in sede di processo di Appello un anno prima a Palermo, dove era stato stabilito che Dell’Utri fosse stato il “mediatore contrattuale” di un patto tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi; e che tra il 1974 e il 1992 “non si fosse mai sottratto al ruolo di intermediario tra gli interessi dei protagonisti”.
Anche grazie a queste sentenze, i contorni del reato di concorso esterno in associazione mafiosa sono diventati più chiari.

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Scrittore, giornalista, ricercatore di verità - "Certe verità sono più pronti a dirle i matti che i savi..."

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