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Morte degli operai della Thyssen: 10 anni dalla strage

Pochi giorni fa è caduto il decennale di uno degli incidenti sul lavoro che più hanno segnato la recente storia italiana, quello avvenuto alla ThyssenKrupp di Torino. Il decennale di quel tragico evento è l’occasione per ricordare una volta di più cosa avvenne nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007.
La ThyssenKrupp è ancora oggi la più importante azienda europea nel settore siderurgico e all’epoca dei fatti di cui oggi ricorre il decennale, aveva due stabilimenti in Italia: uno a Terni ed uno a Torino. Entrambi questi stabilimenti erano controllati da imprenditori italiani e dalla ThyssenKrupp.

I fatti del dicembre 2007: cosa accadde alla ThyssenKrupp

Nella notte tra il 5 ed il 6 dicembre del 2007, nello stabilimento di Torino, si verifica un gravissimo incidente sulla linea 5 dello stabilimento. Sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente che immediatamente prende fuoco.
I colleghi presenti al momento dell’incidente chiamano subito i soccorsi, ma risulta in poco tempo chiaro che ciò che è avvenuto sarà uno degli incidenti sul lavoro più gravi della recente storia italiana.
Poche ore dopo, verso le 4 del mattino, muore Antonio Schiavone, che sarà così il primo lavoratore a perdere la vita a causa dell’incidente. Nei giorni successivi perderanno la propria battaglia per la vita gli altri sei operai direttamente coinvolti nell’incidente.
L’unico a rimanere in vita è Antonio Boccuzzi, il cui apporto negli anni successivi è stato fondamentale per portare alla luce le responsabilità di chi doveva fare in modo che un incidente simile non si verificasse.

Tutte le mancanze che causarono l’incidente

Quando le dinamiche dell’incidente non sono ancora chiare, i sindacati denunciano come tale tragedia si sarebbe potuta evitare se si fosse prestata più attenzione alla sicurezza in fabbrica. Sono subito diversi gli operai, tra cui Antonio Bocuzzi, che denunciano come le normative sulla sicurezza non fossero state rispettate, considerando la mancanza di personale in grado di gestire una criticità come un incidente simile e la presenza di idranti e estintori o non funzionati o addirittura scarichi.
Nei giorni successivi emerge anche un altro particolare: alcuni degli operai rimasti vittima dell’incidente erano sul posto di lavoro da più di 12 ore. Inoltre, stando alla testimonianza di Antonio Boccuzzi, la ThyssenKrupp, avendo ormai deciso di chiudere lo stabilimento, aveva da tempo intrapreso la strada di non investire più sulla sicurezza dello stabilimento.

Indagini e rinvii a giudizio

La ThyssenKrupp respinge subito tutte le accuse e assume una posizione che scatena una forte indignazione nell’opinione pubblica: secondo l’azienda la responsabilità dell’incidente è da ascrivere agli operai, rei di aver provocato lo stesso con un comportamento negligente.
La magistratura italiana avvia subito le indagini, nel corso delle quali emerge come l’azienda ritenga necessario intentare azioni legali per mettere a tacere l’unico superstite dell’incidente e come la figura di Raffaele Guariniello, il pm incaricato delle indagini, venga valutata in modo molto negativo.
Al termine delle indagini la magistratura chiede il rinvio a giudizio per sei alti dirigenti dell’azienda tedesca: il reato contestato è quello di omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso.
A chi dirigeva lo stabilimento di Torino viene invece contestato il reato di omicidio colposo con colpa cosciente, oltre a quello di incendio doloso. Il processo prende il via nel gennaio del 2009 e udienza dopo udienza emergono altri particolari molto gravi, come ad esempio il fatto che gli incendi sulla linea 5 si verificavano frequentemente e che ai dipendenti veniva chiesto di non utilizzare quasi mai il pulsante di allarme.

Chi ha pagato per l’incidente alla ThyssenKrupp?

Nel 2008 i vertici della ThyssenKrupp versano 13 milioni di euro ai familiari degli operai morti nell’incidente al fine di scongiurare la loro costituzione come parte civile al processo. Il percorso processuale si è concluso il 19 ottobre di quest’anno, 2017, con la sentenza della Cassazione che ha confermato come non sia possibile contestare l’omicidio volontario con dolo eventuale ai vertici tedeschi della ThyssenKrupp, i quali però si sono visti confermare le condanne per omicidio colposo plurimo.
Tuttavia ad oggi Harald Espenhahn, amministratore delegato del colosso tedesco dell’acciaio, non ha ancora scontato un giorno di carcere dei 9 anni e 8 mesi inflittagli dai giudici italiani. Discorso diverso invece per i dirigenti italiani, la cui pena detentiva è al momento in corso di esecuzione.

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