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Le fabbriche dimenticate: chi chiude e chi delocalizza all’estero

Si sono spenti i riflettori, ma il sipario non è calato; seppur non se ne parla più come prima a livello nazionale, ci sono ancora uomini e donne che si stanno battendo per il proprio posto di lavoro e/o che stanno subendo le scelte dei propri datori di lavoro. Stiamo parlando del personale di aziende come la Bialetti, la Omsa, la Fincantieri, la Telecom e molte altre.
Ha fatto notizia la chiusura dello stabilimento produttivo di Omegna della Bialetti. Per i più nostalgici, ha riportato alla mente il marchio dello storico omino con i baffi; per i lavoratori del settore, la preoccupazione alla notizia della procedura di mobilità dei circa 120 occupati tra impiegati ed operai. Bialetti ha chiuso quello stabilimento per spostarsi nell’Est Europa.
E’ stato siglato un accordo tra l’azienda e le organizzazioni sindacali sulla Cassa integrazione straordinaria per dodici mesi con istanza di proroga per ulteriori altrettanti mesi.Inoltre, è stato approvato, insieme alle istituzioni locali, un piano volto a facilitare il ricollocamento dei lavoratori o il raggiungimento dei requisiti pensionistici.

Il caso dell’Omsa

Ad oggi, è stato raggiunto l’obiettivo del 30% di fuoriuscita del personale e questo, in base agli accordi con il ministero, porterà alla richiesta di un altro anno di Cassa integrazione straordinaria. In sostanza solo 32 su 107 dipendenti sono andati in prepensionamento o hanno trovato un altro lavoro.
L’Italia si trasferisce all’estero anche per la fabbrica Omsa di Faenza, ma le donne che ci lavoravano restano in Italia e sono in cassa integrazione da circa un anno ed ora é cominciata la distribuzione degli incentivi alla mobilità. In sostanza, le prime 80 persone a fare domanda di licenziamento otterranno i circa 23.200 euro netti da spalmare sul periodo, variabile a seconda dell’ anzianità del lavoratore, durante il quale cercare una nuova collocazione. Intanto, il 15 marzo ci sarà un incontro al ministero dello Sviluppo Economico per fare il punto della situazione.
Secondo quanto ha riferito il segretario generale della Cgil provinciale di Ravenna Marcello Santarelli, dovrebbe essere siglato un accordo per il prolungamento della cassa integrazione per un altro anno, in modo da avere tempo per ricercare soluzioni per una riconversione industriale del sito.

La storia della Telecom

Tra il 2008 e il 2012, sono 13 mila gli esuberi previsti da Telecom Italia. Lavoro in pericolo anche alla Sielte – stiamo parlando di 2mila addetti in tutto il Paese – dove si sta trattando la solidarietà per evitare licenziamenti.
In cassa integrazione anche gli operai della Fincantieri di Marghera, ormai a corto di commesse. Gli ammortizzatori sociali che scattano inizialmente per un centinaio di tute blu, alla fine dell’anno, secondo i piani anticipati dall’azienda ai sindacati, riguarderanno oltre cinquecento dipendenti costretti a rimanere a casa.
In cassa integrazione gli operai dello stabilimento di Castellammare di Stabia. Trattative sono comunque in corso per acquisire nuovi ordinativi durante il periodo della cigs in modo da permettere ai lavoratori di rientrare regolarmente.
Sono solo alcune delle fabbriche che coinvolgono però moltissime persone e che disegnano una parte della mappa italiana dove i posti di lavoro hanno lasciato spazio alla cassa integrazione. Tradotto nel vocabolario della vita quotidiana: pochi soldi per arrivare a fine mese e la preoccupazione per un futuro incerto e da riprogrammare.

Pubblicato in Focus

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Giornalista professionista in radio e sul web. "E' un mestiere, ma non come tanti; è un atteggiamento verso la vita".

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