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Legge anti tortura: anche l’Italia si muove

Anche in Italia ci sarà una legge anti tortura; non esattamente come negli altri paesi Ue eppur qualcosa si muove. Ed è già un bel passo avanti.
Dopo quasi 30 anni, ovvero dal 1984 quando fu emanata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed i trattamenti e le pene crudeli, disumane o degradanti, l’Italia sta per adeguarsi ed è pronta a presentare un nuovo testo che differisce parzialmente dalla normativa già presente (e già recepito da tempo) negli altri stati Ue.
Al riguardo è bene precisare che il nostro paese ha ratificato gli accordi internazionali orientati un quella direzione, ma a livello di legislazione non si è mai ritenuto opportuno introdurre una specifica norma inerente il reato di tortura poiché si è sempre ritenuto che tale condotta potesse essere già circoscrivibile in altri reati penali presenti nel nostro ordinamento, quali quello di lesioni, percosse, minacce ed omicidio. 
Tornando al testo, che verrà esaminato dalla commissione giustizia il prossimo 3 settembre, questo prevede una norma generica cui si aggiunge l’aggravante nel caso in cui sia un pubblico ufficiale a commettere un reato; diversamente da quanto avviene negli altri paesi Ue dove il reato di tortura è quello che viene commesso esclusivamente e soltanto da un pubblico ufficiale.

 

Il reato di tortura:

In ritardo e con qualche modifica, ma l’Italia potrebbe comunque compiere un passo importante: ricordiamo che il reato di tortura è stato più volte, nel corso degli anni, auspicato ed invocato per tutti quei casi nei quali ci sia stato un diretto coinvolgimento delle forze dell’ordine in episodi controversi di cronaca.
Si va dalle violenze della caserma di Bolzaneto in occasione del G8 di Genova del 2001 (nella sentenza la Cassazione bocciò il ricorso della Procura di Genova che chiedeva di contestare agli imputati il reato di tortura per tentare di evitare le prescrizioni che invece sono intervenute per i 7 condannati); alla morte di Federico Aldrovandi passando per il caso di Stefano Cucchi, per la morte di Giuseppe Uva e via via i molti altri casi di cronaca nera che vedono direttamente implicate le forze dell’ordine e nei quali le famiglie delle vittime attendono ancora giustizia. Forze dell’ordine che, il più delle volte, adempiono fedelmente ai loro doveri ma che, in altri casi, eccedono rimanendo, spesso, impunite.
Una legge orientata in questa direzione potrebbe rappresentare un giusto deterrente per quelle mele marce (in tutti i campi della società ve ne sono alcune) che, pur indossando la divisa, eccedono in violenze e si macchiano di reati. Al riguardo nel testo unificato che verrà esaminato dalla commissione giustizia si prevede l’introduzione di due articoli nel codice penale, il 613bis ed il 613ter, in base ai quali incappa nel reato di tortura chiunque “con violenza, minacciando di adoperare o adoperando sevizie o infliggendo trattamenti disumani o degradanti la dignità umana, infligge acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona provata della libertà personale o non in gradi di ricevere aiuto”.  

 

Episodi di violenza delle forze dell’ordine:

La pena prevista è la reclusione dai 3 ai 10 anni, pena che aumenta della metà qualora a commettere il reato è un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni mentre la medesima pena (dai 3 ai 10 anni) sarà prevista anche per coloro che non faranno nulla per impedire il reato. Previsto anche il reato di “Istigazione a commettere tortura” con pene da 1 a 3 se il reato non è commesso e dai 2 agli 8 se a istigare è un pubblico ufficiale.
Il testo sembra quindi essere lievemente più morbido rispetto a quanto previsto negli latri paesi Ue, un probabile frutto di un compromesso; tuttavia per le associazioni che da anni si battono per il riconoscimento di una siffatta tipologia di reato si tratterebbe comunque di una vittoria.
Un provvedimento che nelle intenzioni del legislatore andrebbe a porre un argine al fenomeno della violenza di alcuni esponenti delle forze dell’ordine; d’altra parte è alquanto grottesco dover assistere ancora ad episodi di cronaca nera quali quelli relativi alle morti di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, tanto per citarne alcuni. Episodi nei quali le forze dell’ordine sono risultate essere in qualche modo coinvolte ma nei quali le famiglie delle vittime non hanno avuto il giusto risarcimento.
Il nuovo testo anti tortura presentato può rappresentare un buon punto di partenza che in futuro potrebbe essere accompagnato da altre misure atte ad arginare il fenomeno di cui sopra, quale ad esempio quella di prevedere il codice identificativo sui caschi delle forze dell’ordine. Ipotesi che in molti altri paesi Ue è già reale e che rappresenterebbe un importante segnale di civiltà. Ma come sempre in Italia arriviamo in ritardo.

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Giornalista scomodo - "L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede..."

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