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Italia e crisi del lavoro: se anche le partite iva crollano

C’era una volta in Italia il cosiddetto popolo delle partite iva; per carità, non che ora non esista più o che d’improvviso abbia deciso di cedere il passo. Ma a giudicare da un recente studio della Cgia di Mestre questa schiera di lavoratori autonomi (autonomi almeno sulla carta, più avanti spiegheremo il perchè) si sta assottigliando.
Numeri alla mano, dal 2008 a giugno 2013 sono stati circa 400mila i lavoratori indipendenti a partita iva che hanno cessato la propria attività, su per giù 7 ogni cento. A giugno di quest’anno i possessori di partita iva ammontavano a circa 5.559.000, vale a dire una contrazione del 6,6% rispetto a giugno 2008.
Cinque anni di crisi economica che si sono abbattuti anche sui lavoratori autonomi. Anzi, a sentire la Cgia di Mestre i possessori di partita iva avrebbero pagato conseguenza ancor maggiori rispetto ai lavoratori dipendenti.
Anche perché rispetto a questi ultimi, un lavoratore autonomo quando è costretto a chiudere la propria attività non può disporre di alcuna misura di sostegno al reddito né di altri ammortizzatori sociali; non vi sono indennità di disoccupazione, mobilità, varie forme di cassa integrazione ecc.. 

 

Le partite Iva in Italia:

Quello delle partite iva è stato un fenomeno in costante crescita in Italia al punto che anche dare numeri esatti risulta piuttosto problematico; il dato dei cosiddetti liberi professionisti è stato, negli anni, in continua crescita complice anche la difficile situazione lavorativa del paese che ormai si è da decenni consolidata.
Per dribblare le difficoltà portate dalla disoccupazione sono stati sempre più i lavoratori che hanno deciso di trasformarsi in autonomi andando, spesso, ad inventarsi letteralmente un’attività. E, aggiungiamo come breve inciso, addentrandosi in una vera e propria giungla fiscale fatta di norme, costi e previdenza nella quale non è affatto facile raccapezzarsi.  
Aspetto quest’ultimo da non sottovalutare perché ha anch’esso un ruolo nella crisi attuale delle partite ive dato che, è bene ricordarlo, quando si apre una partita iva ci si trova a dover fronteggiare costi fissi di varia natura legati al mantenimento della stessa.
Senza contare poi atri aspetti critici legati alla questione, come quello delle cosiddette false partite iva; si tratta sostanzialmente di forme di lavoro autonomo ma che, nella realtà dei fatti, nascondono veri e propri rapporti di lavoro dipendente. Spesso il collaboratore presta servizio in un’unica azienda la quale, come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, fissa orari, obblighi e compensi.

 

Il fenomeno delle finte partite Iva:

Rapporti di lavoro non leciti ma che, come spesso accade, il lavoratore si guarda bene dal segnalare onde evitare di perdere l’impiego; è il solito discorso della necessità che aumenta l’illegalità. A seguito della riforma del lavoro portata a termine nel 2012 dall’allora ministro Fornero si è tentato di regolamentare la problematica delle false partite iva andando a chiarire quelli che sono i casi in cui le consulenze di partita iva in azienda devono trasformarsi in contratti di assunzione.   
L’onere della prova in questi casi è stato invertito ed è a carico del committente il quale è tenuto a dimostrare il contrario altrimenti la prestazione lavorativa resa da un titolare di partita iva è da considerarsi come un un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa se ricorrono determinate peculiarità (quali ad esempio la durata del rapporto di collaborazione, corrispettivo e postazione fissa del lavoratore).
Da  tutti questi dati si comprende meglio la crisi delle partite iva; tornando ai dati forniti dalla Cgia di Mestre al riguardo, viene messo in risalto come la contrazione più significativa di lavoratori autonomi si registri tra gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori. Seguono i collaboratori familiari, i collaboratori occasionali e gli imprenditori (ovvero soggetti a capo di attività con dipendenti). Le note positive arrivano invece dai liberi professionisti (il dato relativo agli  iscritti agli ordini e ai collegi professionali segna un +10,7%).
Da un punto di vista territoriale è importante notare come la diminuzione più sostanziale dei lavoratori autonomi si registri al nord ovest: -7,9%. Dato opposto si registra per il centro Italia; dove, secondo i dati della Cgia di Mestre, la contrazione si ferma su una cifra comunque non da poco: -4,1%.

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