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Come si calcola il Quoziente Intellettivo, dove farlo e limiti

28/05/2025
quoziente intellettivo

Il quoziente intellettivo, più comunemente noto come QI, è un termine che evoca curiosità e talvolta un po’ di timore. Spesso frainteso o sopravvalutato, è in realtà uno strumento specifico della psicologia per misurare determinate abilità cognitive, ma non è una valutazione completa della persona, bensì un indicatore standardizzato di alcune delle capacità mentali fondamentali per il ragionamento e l’apprendimento.

Che cos’è il quoziente intellettivo

Il quoziente intellettivo è un punteggio numerico ottenuto attraverso test psicometrici standardizzati, accuratamente sviluppati e validati da esperti del settore, progettati per valutare una gamma specifica di funzioni cognitive, che sono considerate predittive della capacità di apprendere e di risolvere problemi complessi.

Tra queste funzioni, spiccano il ragionamento logico e astratto, ovvero l’abilità di identificare pattern, dedurre conclusioni e risolvere enigmi non verbali, ma anche la comprensione verbale, che misura non solo la capacità di capire il linguaggio scritto e parlato, ma anche l’ampiezza del vocabolario e la capacità di esprimere concetti complessi.

Altri parametri riguardano la memoria di lavoro, che si riferisce alla capacità di mantenere attive e manipolare mentalmente le informazioni per un breve periodo, essenziale per il problem-solving e l’apprendimento, la velocità di elaborazione, ovvero la rapidità e l’efficienza con cui un individuo è in grado di percepire, comprendere e rispondere a stimoli cognitivi e, infine, le abilità spaziali, che riguardano la capacità di visualizzare e manipolare oggetti e relazioni nello spazio.

È cruciale sottolineare che, nonostante la sua importanza, il QI non misura l’intelligenza nella sua totalità. Non valuta, ad esempio, l’intelligenza emotiva (la capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle altrui, fondamentale per le relazioni interpersonali), la creatività (l’abilità di generare idee nuove e originali), le abilità sociali (la capacità di interagire efficacemente con gli altri), il talento artistico o musicale, né l’intelligenza pratica o la saggezza acquisita dall’esperienza.

Il suo scopo principale è predire la performance in compiti che richiedono le specifiche capacità cognitive che vengono valutate dal test, come il successo in ambienti accademici complessi o in determinate professioni che richiedono un’elevata capacità di ragionamento e di risoluzione dei problemi.

Le origini del QI: da Binet alla formula di Stern

Le radici dei moderni test di intelligenza hanno origini all’inizio del XX secolo, con lo psicologo francese Alfred Binet e il suo collaboratore Théodore Simon. Il governo francese li incaricò di sviluppare un metodo per identificare gli studenti che avrebbero avuto bisogno di un supporto aggiuntivo a scuola. Binet e Simon crearono una scala che misurava l’età mentale dei bambini, cioè il livello di sviluppo intellettuale rispetto all’età cronologica. Un bambino di 8 anni che risolveva problemi tipici di un bambino di 10 anni aveva, ad esempio, un’età mentale di 10 anni.

Poco dopo, lo psicologo tedesco William Stern introdusse il termine “quoziente intellettivo” e propose la formula originale per il suo calcolo, ovvero QI= età mentale/età cronologicax100

Secondo questa formula, un bambino con un’età mentale pari alla sua età cronologica avrebbe avuto un QI di 100. Se l’età mentale fosse stata superiore, il QI sarebbe stato maggiore di 100, e viceversa. Questa formula era efficace per i bambini, ma presentava un limite evidente per gli adulti, poiché l’età mentale non continua ad aumentare indefinitamente con l’età cronologica.

Come si calcola il QI oggi: il punteggio di deviazione

Per superare le limitazioni della formula originale di Stern, la metodologia di calcolo del QI si è evoluta nel tempo. Oggi, la maggior parte dei test di QI utilizza un sistema basato sul punteggio di deviazione. Questo approccio non confronta più l’età mentale con l’età cronologica, ma piuttosto la performance di un individuo con quella di un vasto campione normativo di persone della stessa fascia d’età.

In questo sistema, il punteggio medio del QI in una popolazione è convenzionalmente fissato a 100. La deviazione standard, che indica quanto i punteggi si discostano dalla media, è generalmente di 15 punti. Questo significa che un quoziente intellettivo di 100 rappresenta la media della popolazione. Circa il 68% della popolazione ottiene un punteggio compreso tra 85 e 115 (ovvero, entro una deviazione standard dalla media), circa il 95% della popolazione ottiene un punteggio compreso tra 70 e 130 (entro due deviazioni standard).

Punteggi inferiori a 70 sono spesso indicativi di una disabilità intellettiva, mentre punteggi superiori a 130 indicano un’intelligenza molto superiore alla media. Questo sistema di punteggio di deviazione permette una comparazione più accurata tra individui di età diverse e offre una rappresentazione più solida della posizione di un individuo rispetto alla popolazione generale.

I test QI più riconosciuti

Diversi test di QI sono ampiamente utilizzati e riconosciuti per la loro validità scientifica. Tra i più noti e affidabili troviamo le scale Wechsler, le più diffuse a livello globale.

Esistono versioni specifiche per diverse fasce d’età: la WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale) per gli adulti, la WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children) per i bambini in età scolare, e la WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) per i bambini in età prescolare. Questi test valutano un’ampia gamma di abilità, fornendo un punteggio totale e punteggi specifici per diverse aree cognitive.

Un altro test storico e ampiamente utilizzato è lo Stanford-Binet Intelligence Scales, che si è evoluto nel tempo per incorporare le moderne teorie sull’intelligenza, mentre le matrici progressive di Raven, sono considerate “culture-fair” o “culture-reduced” perché minimizzano l’influenza della conoscenza linguistica o culturale, concentrandosi sul ragionamento astratto e la risoluzione di problemi non verbali.

Interpretazione e limiti del QI

Come accennato all’inizio, è essenziale interpretare i risultati del QI con cautela e consapevolezza delle loro limitazioni.

Innanzitutto, non è una misura completa dell’intelligenza, in quanto non cattura tutte le sfaccettature dell’intelligenza umana, ignorando completamente capacità fondamentali cruciali come l’intelligenza emotiva, la creatività, l’intuizione e le abilità pratiche o interpersonali.

A questo si aggiunge che il QI è troppo influenzato da fattori ambientali, come la nutrizione, l’accesso a un’istruzione di qualità, la stimolazione intellettuale nell’ambiente familiare e lo status socioeconomico che compromettono lo sviluppo cognitivo e, di conseguenza, il punteggio del QI, quindi non è configurabile come una misura puramente genetica.

Inoltre, sebbene il quoziente intellettivo tenda a stabilizzarsi nell’età adulta, piccole variazioni possono verificarsi nel corso della vita a seguito di apprendimento, esperienze significative o anche condizioni di salute, e i test QI può essere collegato a potenziali bias culturali o socio-economici, che possono essere mitigati attraverso una rigorosa standardizzazione e l’uso di campioni normativi diversificati.

Infine, sebbene il QI è un valido strumento in contesti clinici ed educativi per identificare difficoltà di apprendimento, disturbi dello sviluppo cognitivo, come l’autismo, o talenti eccezionali, deve essere considerato come parte di una valutazione più ampia che include osservazioni cliniche, colloqui e altre misurazioni.

Claudia Barbara

Giornalista ed esperta di Digital Marketing