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Una manovra economica piena di rischi

Diceva Jhon F. Kennedy che se una società libera non può aiutare i molti che sono poveri, non può salvare i pochi che sono ricchi. L’attuale governo, secondo questo illuminato concetto, poichè con i suoi interventi non sta facendo nulla per alleviare le precarie condizioni economiche in cui versano milioni di cittadini italiani, sta creando le basi per la rovina anche dei ceti ricchi.
La mobilitazione di questi giorni di molte categorie sociali in difesa dei propri elementari diritti sociali ed economici è solo un’anticipazione di quanto presto avverrà nell’intero nostro Paese.
Per molti osservatori, infatti, gli effetti della manovra economica appena varata, si faranno presto sentire con tutta la capacità dirompente contenuta, andando soprattutto a costituire un attacco senza precedenti alla ricerca ed a moltissimi lavoratori di vari comparti pubblici.

Tutte le categorie interessate dai tagli:

Ci saranno conseguenze negative certe a causa del blocco degli stipendi per quattro anni, dell’azzeramento della contrattazione, del blocco del turn over e della stabilizzazione dei precari, della soppressione di molti enti di ricerca (nell’ ultima versione tutti possono essere oggetto di accorpamento o soppressione), del taglio delle risorse per i contratti dei precari che rischiano ancora di più il licenziamento.
E’ certamente a rischio anche l’autonomia e la funzionalità degli enti di ricerca con la compromissione della professionalità di tutti i lavoratori del comparto. Tutto ciò, malgrado il nostro Paese sia fra gli ultimi in Europa per gli investimenti in ricerca, in rapporto al PIL, che sono fermi sui numeri del 1985.
Intanto il ministro Gelmini  continua a praticare ed elargire lezioni politiche, sociali e culturali con cui non ha domestichezza alcuna ed i cui risultati generali si trovano sintetizzati, per esempio, nella riduzione della scuola italiana ad un vero e proprio colabrodo.
Le categorie interessate dai tagli sono particolarmente preoccupate per la manovra piombata sulle loro teste, perchè essa non interviene sulle ragioni della crisi, non colpisce gli sprechi, ma taglia selvaggiamente lo stato sociale, blocca le retribuzioni dei dipendenti pubblici, aumenta la precarietà e abbassa i diritti.
In questo quadro, – affermano – i settori della conoscenza, come la ricerca, sono visti solo come occasione di risparmio per la spesa pubblica e quindi sottoposti a tagli pesanti. Prepariamoci a convivere con un Paese in pieno subbuglio.

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Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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