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La storia di Tangentopoli

L’Italia degli anni Novanta fu scossa da un terremoto politico e sociale senza precedenti, un fenomeno che passò alla storia con il famosissimo nome di Tangentopoli.

Non si trattò di un singolo scandalo, ma della rivelazione di un sistema di corruzione endemico e diffuso, che permeava le più alte sfere della politica e dell’economia, segnando la fine della cosiddetta Prima Repubblica e la scomparsa di partiti storici che avevano dominato la scena per decenni.

Un periodo tumultuoso, che vide il suo fulcro e inizio nell’inchiesta “Mani Pulite”, che lasciò un segno indelebile sulla coscienza collettiva, aprendo un dibattito ancora oggi vivo sulle sue cause, le sue conseguenze e la sua eredità nel mondo della politica e non solo.

Dalla Guerra Fredda al crollo del Muro

Per comprendere le origini di Tangentopoli dobbiamo fare un grande passo indietro nella storia e nella politica del nostro Paese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il sistema politico italiano si era consolidato attorno a partiti di massa, in particolare la Democrazia Cristiana, che deteneva il potere per gran parte del dopoguerra, e il Partito Socialista Italiano, spesso suo alleato di governo.

In un’Italia divisa dalla Guerra Fredda, con il Partito Comunista Italiano a rappresentare una forza di opposizione rilevante ma esclusa dal governo, si sviluppò un sistema di gestione del potere basato sul clientelismo, la lottizzazione e il finanziamento illecito dei partiti.

Le tangenti divennero una prassi consolidata, un “costo della politica” accettato e diffuso. Imprenditori pagavano mazzette per ottenere appalti pubblici o favori, e parte di questi fondi confluiva direttamente nelle casse dei partiti, alimentando una complessa rete di relazioni illecite.

Questo sistema, sebbene a molti noto, rimase largamente impunito per decenni, anche grazie a un’omertà di fatto e a una legislazione che non sempre facilitava le indagini sui crimini dei “colletti bianchi“. Il rallentamento delle tensioni della Guerra Fredda e le crescenti pressioni economiche, con un debito pubblico in forte crescita, contribuirono a incrinare gli equilibri consolidati, rendendo il terreno fertile per un’indagine che avrebbe scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora.

Mani Pulite: l’inizio del terremoto giudiziario

La valanga di Tangentopoli si scatenò il 17 febbraio 1992, quando l’allora pubblico ministero Antonio Di Pietro, su richiesta del GIP Italo Ghitti, ottenne l’arresto di Mario Chiesa, un esponente del PSI e presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, colto in flagrante mentre intascava una tangente. Inizialmente etichettato da Bettino Craxi, allora segretario del PSI, come una “scheggia impazzita” e un “mariuolo“, la sua confessione aprì invece uno squarcio in un sistema molto più vasto e strutturato.

L’arresto di Chiesa fu infatti solo l’inizio. Nei mesi successivi, l’inchiesta, condotta dal pool di magistrati milanesi coordinato dal procuratore Francesco Saverio Borrelli e composto da figure come Antonio Di Pietro, Gerardo D’Ambrosio, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro, Francesco Greco e Tiziana Parenti, si allargò a macchia d’olio. Le confessioni incrociate degli indagati, spesso imprenditori e politici, crearono un effetto domino che travolse esponenti di tutti i partiti dell’arco costituzionale: Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano, Partito Liberale Italiano, Partito Socialdemocratico Italiano, Partito Repubblicano Italiano e persino settori del Partito Democratico della Sinistra (ex PCI).

Migliaia di avvisi di garanzia e procedimenti penali

Migliaia furono gli avvisi di garanzia, i procedimenti penali e gli arresti che coinvolsero figure di spicco della politica e dell’economia. Tra gli eventi chiave, si ricordano gli arresti di numerosi imprenditori che confessarono il pagamento di tangenti, gli avvisi di garanzia a sindaci di Milano come Paolo Pillitteri, e a tesorieri di partito come Severino Citaristi della DC. Simbolo di quella stagione fu la “maxi tangente” di 150 miliardi di lire versata da Montedison (di Raul Gardini, poi suicida nel 1993) per la fusione con l’ENI, che divenne la “madre di tutte le tangenti“.

La reazione dell’opinione pubblica fu divisa e polarizzata: da una parte un forte sostegno all’azione della magistratura, dall’altra critiche sull’eccessiva mediatizzazione e sui metodi d’indagine. Nel dicembre 1994, Antonio Di Pietro, il magistrato più celebre del pool, si dimise dalla magistratura, alimentando ulteriori dibattiti.

La fine della Prima Repubblica

L’impatto di Tangentopoli sul sistema politico italiano fu devastante e irreversibile. I partiti che avevano governato l’Italia per quasi cinquant’anni furono letteralmente spazzati via. La Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano, in particolare, subirono un crollo verticale di consensi, arrivando in alcuni casi alla loro totale dissoluzione o a profonde riorganizzazioni che ne mutarono radicalmente la natura e il nome. Le elezioni politiche del 1992 avevano già mostrato una forte disaffezione degli elettori, con un’astensione significativa e una perdita di consenso per i partiti di maggioranza.

La “rottamazione” della vecchia classe politica e dei suoi schemi portò all’affermazione di nuove formazioni politiche e di nuovi leader. Il panorama politico italiano venne completamente ridisegnato, portando alla nascita di quella che viene comunemente definita la Seconda Repubblica, con l’ingresso sulla scena di figure come Silvio Berlusconi, con la sua Forza Italia, che segnò l’inizio di una nuova fase, caratterizzata da una maggiore personalizzazione della politica e da un bipolarismo più netto rispetto al multipartitismo frammentato della Prima Repubblica.

Conseguenze sociali ed economiche di Tangentopoli

Le conseguenze di Tangentopoli non si limitarono alla sfera politica, ma ebbero profonde ripercussioni anche a livello sociale ed economico. La rivelazione di una corruzione così diffusa generò un immediato sentimento di insicurezza e sfiducia tra i cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche, percepite come corrotte e inefficaci. La fiducia verso partiti, amministratori pubblici e persino settori della magistratura fu seriamente compromessa, portando a un diffuso senso di disillusione.

A livello economico, il sistema delle tangenti aveva generato costi maggiori per opere e servizi pubblici, favorendo la selezione di imprese inefficienti e portando a sprechi di risorse pubbliche enormi, che si traducevano in tasse più elevate e un aumento del debito pubblico. L’inchiesta, se da un lato promise una “pulizia“, dall’altro generò anche un periodo di incertezza economica, con il blocco di numerosi appalti e progetti, e una crisi di credibilità per molte grandi aziende coinvolte negli scandali.

Tuttavia, si assistette anche a un ricambio significativo nel Parlamento, con quasi il 70% di nuovi eletti nelle elezioni del 1994, il più alto nella storia repubblicana, a testimonianza di una spinta al rinnovamento.

Un dibattito ancora aperto

A distanza di oltre trent’anni, l’eredità di Tangentopoli rimane oggetto di un dibattito acceso e spesso polarizzato. Alcuni la considerano un’occasione mancata per una vera e propria trasformazione civica e morale del Paese, criticando l’eccessiva politicizzazione dell’inchiesta o la sua incapacità di eradicare completamente le radici della corruzione. Si sostiene che, sebbene abbia distrutto il vecchio sistema partitico, non abbia necessariamente portato a una “purificazione” duratura, ma piuttosto a nuove forme di opacità e a una corruzione meno evidente.Altri, invece, la vedono come uno snodo necessario che ha rivelato le patologie di un sistema logoro e ha aperto la strada a un indispensabile ricambio politico e a una maggiore consapevolezza sulla necessità di trasparenza.

Senza dubbio, Tangentopoli ha avuto il merito di portare alla luce un problema sistemico, costringendo il Paese a confrontarsi con una realtà scomoda e ad avviare un processo, seppur incompleto e controverso, di autoriforma. L’eco di quel periodo risuona ancora oggi nel dibattito pubblico, influenzando la percezione dei partiti, della magistratura e la costante ricerca di una maggiore etica nella vita pubblica italiana.

Pierfrancesco Palattella

Giornalista, Web Writer, Seo copy, fondatore di La Vera Cronaca