Per raccontare questa storia fatta di due omicidi a distanza di vent’anni, accuse, confessioni, ritrattazioni, assoluzioni e condanne dobbiamo partire da un dilemma: o Bruno Lorandi è un ignobile mostro o è il più grande Povero Cristo della storia del nostro Paese.
L’uomo che appare in un episodio di Storie maledette della Divina Franca Leosini – per l’occasione fasciata in un abito grigio metallizzato che sembra un omaggio a Balle spaziali di Mel Brooks – è stato accusato di avere ucciso prima il suo unico figlio e poi, a distanza di ventuno anni, la propria moglie. Per il primo omicidio è stato assolto in tutti e tre i gradi di giudizio, per il secondo sta scontando l’ergastolo. Fatto strano: i Giudici che gli hanno inflitto il carcere a vita ritengono che i due delitti siano collegati, come a dire che per il primo è stato assolto ma in fondo si sa che è stato lui. Un caso giudiziario più unico che raro.
Questa è solo una delle stranezze che emergono dalla storia della Maledizione della Famiglia Lorandi.
In questo articolo parliamo di:
- 1 1986, Nuvolera, scompare Christian di 9 anni
- 2 Prime piste investigative
- 3 Confessione di Lorandi: sono stato io
- 4 Le incongruenze
- 5 Le versioni contrastanti di Lorandi
- 6 Assolto con formula piena
- 7 21 anni dopo: uccisa anche Clara, moglie di Bruno
- 8 La scena del delitto
- 9 Per l’accusa Lorandi ha ammazzato
- 10 Qual è il movente di Lorandi?
- 11 La condanna definitiva: ergastolo
- 12 Dubbi e domande sul caso Lorandi
1986, Nuvolera, scompare Christian di 9 anni
È il 1986 e siamo a Nuvolera, paese alle porte di Brescia in cui quasi tutti di cognome fanno Lorandi e questo fatto, oltre a complicare la vita a chi racconta, avrà un ruolo centrale in questa storia. In questo piccolo centro sulla strada che porta verso il Lago di Garda vivono Bruno Lorandi, sua moglie Clara Bugna e il loro unico figlio di nove anni, Christian. Bruno è un piccolo imprenditore edile, la sua è una ditta sostanzialmente individuale che si occupa di marmi, mentre Clara lavora presso un ristorante poco distante da casa; fa parte della partita di cucina, ma quando serve dà una mano in sala.
Il 28/04/1986 Christian, che durante la giornata sta spesso a casa dei nonni, è appena tornato da scuola. Ha mangiato con la nonna e le ha chiesto il permesso di andare a portare i compiti ad un compagno di scuola che vive a pochi passi: Carlo. La nonna acconsente ma gli impone il rientro non oltre le 14.00. Christian prende la bici e va. Le 14.00 passano e il bambino non fa ritorno a casa. La nonna si reca a casa dell’amico in cerca del nipote e si sente rispondere che è appena andato via.
Tutto il paese si mobilita
Quando Bruno Lorandi, o meglio Lorandi Bruno, come è solito appellarsi quando parla di se stesso, fa rientro a casa dal lavoro sono passate le 16.00 e del bambino non c’è traccia. Scatta l’allarme e il paese intero si mobilita per aiutare nelle ricerche.
Ricerche che si protraggono senza risultati per tutta la serata e la mattina successiva, quando vengono formate delle vere e proprie squadre e due campi base. Uno al Bar in piazza, l’altro ovviamente in casa Lorandi. Sono le 13,45 e Bruno si sta avviando verso l’uscita dell’abitazione quando squilla il telefono. A rispondere alle telefonate era stata per tutta la mattina una delle sorelle dell’uomo, cui era stato affidato questo compito; stavolta, per una questione di vicinanza all’apparecchio, risponde Lorandi Bruno. Una voce femminile dall’altra parte del filo dice in dialetto bresciano Se vuoi tuo figlio vai in Maddalena.
La telefonata anonima: se vuoi tuo figlio vai in Maddalena
La Maddalena è un monte che raggiunge l’altezza di 874 metri e che incombe sulla città di Brescia facendole da sfondo. Lorandi Bruno è frastornato, scende sotto casa e racconta ai conoscenti accorsi a dargli una mano quello che è appena successo. Si era deciso di muovere la spedizione in altre zone ma un uomo, presente insieme al figlio motociclista, suggerisce di verificare la segnalazione e si avvia spedito. Lorandi Bruno si lascia convincere e sale in macchina con un poliziotto libero dal servizio, quando i due arrivano alle pendici della Montagna dei bresciani l’uomo e suo figlio sono già lì.
Sono arrivati per primi, racconterà moltissimi anni dopo nel corso di un’intervista al giornalista Igor Patruno che è possibile trovare su YouTube, l’avvocato Alberto Scapaticci, che seguirà Lorandi in tutta la sua lunga storia giudiziaria. Il legale, vero e proprio Principe del foro bresciano, brilla per dialettica e ironia. Spumeggia per circa due ore regalando perle di notevole fattura, fra le quali si staglia: Lo sa come si dice a Brescia? Chi ti toglie dai Pasticci? L’Avvocato Scapaticci. Ha aperto nel 1979 il suo studio che oggi risponde alle chiamate ventiquattrore ore su ventiquattro 365 giorni all’anno. Che dire, Better Call Scapaticci.
Il corpo di Christian senza vita
Torniamo sulla Maddalena. Dopo una breve ricerca Lorandi si addentra in un sottobosco e da lì, in mezzo a una radura, scorge il corpo senza vita di suo figlio. Non si avvicina più di tanto, fa in tempo giusto ad urlare Il mio Christian! Il mio Christian!! per poi svenire ed essere ricoverato per un attacco di pressione alta.
Christian giace vestito, gli manca una scarpa che è poco distante dal corpo, gli occhiali sono rotti e appoggiati sul torace e annodato al collo ha un filo di ferro, che è stato stretto da dietro con un arnese, a mo’ di garrota, il terribile strumento con cui venivano eseguite le condanne a morte in Spagna fino alla caduta del franchismo.
L’epoca della morte viene indicata in circa le ore 15.00 del giorno della scomparsa; Christian è stato prima colpito al volto, poi strozzato con una mano e infine strangolato col filo di ferro. Gli inquirenti, vista l’assenza di tracce erbose sotto le scarpe del ragazzo, ipotizzano sia morto in un luogo diverso da quello del ritrovamento.
Prime piste investigative
Le piste investigative sono tre: un maniaco, una vendetta ai danni della famiglia, un sequestro di persona finito male. Inizialmente quest’ultima sembra la pista più promettente. Certo, Lorandi Bruno non naviga nell’oro, la sua è una famiglia di onesti lavoratori che difficilmente può essere considerata obiettivo di un sequestro a scopo di estorsione.
Però c’è un però. A Nuvolera di Lorandi ce ne sono tanti. La datrice di lavoro di Clara, tanto per dirne una, si chiama Cristina Lorandi, ma soprattutto Carlo, l’amico cui Christian ha portato i compiti il giorno della scomparsa, di cognome fa Lorandi. I suoi sono, per tutti in paese, I Lorandi delle casse da morto. Il padre infatti è un ricco imprenditore che fabbrica bare, i capannoni dell’azienda sono immediatamente dietro casa, lì dove si è recato Christian. Possibile che una banda di sprovveduti sequestratori abbia sbagliato ragazzino? Del resto il Lorandi povero ha la stessa età di quello ricco e quel giorno può essere stato intercettato di fronte al cancello della casa dei Lorandi delle casse da morto. In effetti, potrebbe essere. Ecco forse perché quell’uomo e suo figlio motociclista sono stati così attivi nelle ricerche. Del resto sono proprio il Lorandi delle casse da morto e il suo figlio maggiore. Che abbiano pensato immediatamente all’equivoco e si siano attivati subito per una sorta di senso di colpa?
La lettera anonima: ho ucciso Christian sbagliando persona
In paese tira un’aria strana, stando a quanto racconterà anni dopo l’Avvocato Scapaticci Lorandi Bruno non godeva di grandissima considerazione, veniva considerato uno spaccone, quasi un bullo di paese, e le voci di Nuvolera hanno sempre sostenuto che in qualche modo il padre del bambino fosse coinvolto.
Dopo giorni in cui gli inquirenti sembrano bloccati, il 30 maggio arriva in Questura una lettera, naturalmente anonima.
Io sono quello che ha fatto fuori il piccolo Christian, sbagliando persona perché volevo vendicarmi con Lorandi Virgilio, Santino e il loro capo Romeo per un debito di soldi che mi venivano. Io ho pensato di fare una vendetta. Volendo uscire dal cancello il bambino gli ho chiesto come si chiamava, lui mi ha risposto di chiamarsi Lorandi. Ho chiesto al bambino se doveva portare la bicicletta a casa, altrimenti la nonna lo sgridava e di aspettarlo fuori in strada.
Quando ho preso il bambino l’ho portato in piazza a Nuvolera e mi ha detto di non essere figlio di Lorandi quello delle casse da morto. Ho tentato di portarlo a casa ma trascorsa una mezzoretta nel passare da via Scaiola ho visto una vecchia ed un ragazzo che lo cercavano. Preso dal panico e dalla paura lo portai via. Ho tentato di farlo tacere cingendolo con un braccio intorno al collo. Visto che il ragazzino non parlava più l’ho preso e l’ho messo nel baule.
Verso le cinque sono passato a Nuvolera, vedendo molta gente e non sapendo dove portarlo ho pensato di portarlo il più lontano possibile. Strada facendo scesi dalla macchina e gli misi un filo di ferro al collo. Il giorno dopo diedi duecentomila lire ad una ragazza drogata per telefonare alla famiglia di Lorandi Bruno per far sapere dov’era il piccolo Christian.
Leggendo i giornali e sapendo che la morte di Christian era una vendetta contro il papà mi ero tranquillizzato, però ora che me ne sto andando via da Brescia per sempre ho pensato di dire la verità perché mi sono trovato pentito del mio sbaglio. Dite al papà e alla mamma di Christian che il bambino non ha patito né pianto perché mi è morto subito fra le mani.
Il Lorandi ricco e quello povero
I Carabinieri non danno credito alla missiva, anche perché hanno puntato i fari su una persona: Lorandi Bruno sta letteralmente dando i numeri. Il giorno stesso dell’arrivo della lettera piomba in Caserma sostenendo di aver ricevuto una telefonata anonima da una persona che sostiene di sapere tutto. Si era poi recato dai Lorandi ricchi per chiedere se per caso avesse telefonato anche a loro e quelli gli avevano detto di sì.
C’è un problema: il telefono di Lorandi Bruno è intercettato. A casa sua non aveva chiamato nessuno, mentre ai Lorandi delle casse da morto aveva telefonato lui. Inevitabile per i carabinieri indagarlo e interrogarlo.
Confessione di Lorandi: sono stato io
Lorandi Bruno confessa. Tutto. In primo luogo di essere l’autore della lettera anonima, e su questo i carabinieri avevano pochi dubbi. Soprattutto di avere avuto un ruolo nella morte di Christian, che a suo dire sarebbe però avvenuta a causa di quello che Carlo Goldoni avrebbe definito Un curioso accidente: lui ed il figlio si sarebbero trovati fermi in auto insieme, non si sa bene dove e perché, e Christian si sarebbe intrattenuto in uno strano gioco, quello di infilare la testa nel finestrino semiaperto.
Desideroso di partecipare al divertimento del figlio Lorandi lo avrebbe sospinto dalle terga mandandolo, dopo avere evidentemente confutato la Legge dell’impenetrabilità dei corpi, a sbattere la testa sull’asfalto. Osservando il figlio a terra, privo di sensi e con gli occhi strabuzzati sarebbe andato nel panico e si sarebbe messo alla guida verso l’ospedale. Resosi poi conto che il figlio era morto aveva pensato bene di deviare verso la Maddalena. Lasciato il corpo senza vita nella radura stava facendo ritorno verso casa quando si era avveduto che una delle due scarpe era rimasta in auto. Aveva fatto dietrofront ed era tornato sul monte, non prima di aver raccolto dalla strada un pezzo di filo di ferro che aveva poi attorcigliato intorno al collo del figlio.
Aggiungerà inoltre di essere stato lui a indirizzare le ricerche sul monte, in quanto quando aveva risposto al telefono il giorno dopo la scomparsa del figlio a chiamare era stata una negoziante del paese che voleva sapere se ci fossero novità, lui aveva colto la palla al balzo inventandosi la segnalazione anonima.
La ritrattazione: l’ho fatto per smuovere le acque
Per fortuna di Lorandi Bruno, questa a tratti farneticante confessione avviene in assenza di un avvocato, e quindi, per la legge italiana, non è valida. Lorandi non ha un avvocato di fiducia e gliene viene quindi assegnato uno d’ufficio. Si presenta il Saul Goodman del bresciano e, dopo un breve conciliabolo, Bruno ritratta sostenendo di avere ricevuto pressioni dagli inquirenti.
Più di venti anni dopo, quando Franca Leosini gli domanderà, in altri termini, come diavolo gli fosse saltato in mente di armare tutto questo casino Lorandi risponderà di averlo fatto per smuovere le acque. Con l’aria da cane bastonato che tiene su per tutto il colloquio dice li vedevo che erano sempre lì intorno a Lorandi Bruno, e così gli avrebbe fornito lo spunto del sequestro tramite la lettera anonima per poi subire la pressione e confessare.
Nonostante l’intervento di Scapaticci e la successiva ritrattazione lo arrestano. Ci sono comunque delle incongruenze: la causa della morte (Lorandi parla di caduta dal finestrino con conseguente urto a terra di cui non ci sono tracce) nonché l’idea che Christian fosse stato portato sul luogo del ritrovamento non subito dopo la morte ma alcune ore dopo.
Le incongruenze
Da questo momento in poi, presumibilmente catechizzato dal suo valido legale, Lorandi Bruno si darà una calmata e si professerà sempre innocente.
Oltretutto, sebbene un movente non debba essere necessariamente individuato per giungere ad una condanna, qui è completamente assente. Per quale motivo, assodato che le cose non sono andate come Lorandi Bruno aveva raccontato nella sua confessione, il marmista avrebbe dovuto uccidere il suo bambino? In paese cominciano a girare, e continuano a circolare ancora oggi, delle voci secondo cui un Lorandi in grossa crisi con la sua azienda e stritolato dai debiti avrebbe organizzato, con la collaborazione di complici mai individuati, un finto sequestro, convinto che per un certo senso di comunità i suoi compaesani avrebbero messo insieme una colletta per pagare il riscatto. Con quei soldi avrebbe potuto risolvere i suoi problemi finanziari.
Voci di paese: dal finto sequestro al dubbio sulla paternità
Nelle primissime fasi del simulato sequestro, però, qualcosa sarebbe andato storto e Christian ci sarebbe rimasto secco. A quel punto Lorandi, responsabile morale della morte del figlio, avrebbe cercato di confondere le acque, inventando la storia dello scambio di persona. È una ricostruzione talmente contorta da essere effettivamente in pieno Lorandi Bruno Style.
Qualcuno mette anche in giro l’antipatica voce secondo cui Christian non sarebbe figlio di Bruno, il quale lo avrebbe ucciso per questo motivo. La voce è una panzana bella e buona e ciò fu da subito messo in chiaro.
Pur rimanendo sempre fedele alla propria professione di innocenza, Lorandi Bruno anche durante i successivi interrogatori trova modo di fare un po’ di casino. Ad esempio, continua a modificare la propria versione sull’alibi di cui sarebbe in possesso per quel pomeriggio, con cambiamenti minimi e apparentemente senza grande significato.
Le versioni contrastanti di Lorandi
Quel che ripete è che si trovava a fare dei lavori in una villetta da cui sarebbe tornato a metà pomeriggio. Il punto è che, via via, infarcisce questa informazione di dettagli disparati e talvolta inutili, tipo: sono andato alla villetta ma non ho lavorato perché non mi andava. Poi aggiusta dicendo che si è recato nella villetta, poi è passato dal medico, per fare infine ritorno sul cantiere. In seguito aggiunge che, non avendo voglia di lavorare, era rimasto nel giardino a osservare i lavori nella villetta confinante. Tipo pensionato per strada. Questo racconto lo metterà nei guai in quanto alcune testimonianze sosterranno che i lavori nella casa a fianco all’epoca non erano cominciati. La madre di Lorandi dichiara che il figlio era tornato a casa alle 17.00, mentre lui fissa l’orario di rientro, a seconda della versione del momento, fra le 16,00 e le 16,30.
Ad ogni modo, in considerazione del fatto che se è andato in quella villa ci è andato da solo e il medico non ricorda di averlo visitato, sostanzialmente Lorandi Bruno non ha un alibi per la fascia oraria fra le 14,30 e le 16,30, proprio quella in cui è stato commesso l’omicidio.
I carabinieri proseguono nelle indagini, soprattutto alla ricerca di eventuali complici di Lorandi. Un testimone dichiara di aver visto Christian fra le 14,25 e le 14,30 mentre, poggiato al muro di cinta del condominio in cui abitava, dava l’idea di nascondersi alla vista di qualcuno. Altri raccontano di una Fiat 131 ferma sotto casa Lorandi con a bordo un trentenne dalla barba non rasata e l’aria poco raccomandabile. Non ci saranno riscontri utili.
Perizia psichiatrica: Lorandi è dotato di intelligenza ridotta
C’è da dire che Lorandi Bruno, dal momento della sparizione del figlio a quello dell’inizio del processo, incasina talmente tanto la situazione da mandare in confusione anche gli inquirenti, al punto da far pensare che se rispondessimo al dilemma iniziale dandogli la patente di mostro dovremmo automaticamente pensare che questo delirio lo abbia messo su lucidamente, e allora saremmo di fronte a un vero e proprio genio del male, capace di intorpidire così tanto le acque da far perdere l’orientamento a tutti.
Però, secondo la prima perizia psichiatrica cui fu sottoposto dal Dottor Filippini, Lorandi è dotato di intelligenza ridotta ab origine, scarsa capacità di adattamento razionale alla realtà, personalità povera ed emotività primitiva, con tendenza all’esplosività regressiva ed impulsiva. Non sembra proprio la descrizione di un lucido manipolatore di inquirenti. Ai fini processuali, Filippini conclude sostenendo la capacità di intendere e di volere di Lorandi. Così faranno anche altri psichiatri chiamati a valutare il marmista di Nuvolera.
Assolto con formula piena
Avrà un suo peso anche la perizia tecnica sul filo di ferro trovato al collo di Christian, che esclude sia che questo possa arrivare dal cantiere della villetta in cui Lorandi stava lavorando all’epoca dell’omicidio, sia che sia stato tagliato con forbici di proprietà di Bruno.
È doveroso rimarcare come per tutto il periodo delle indagini e durante il Processo Clara Bugna, la moglie di Bruno e mamma di Christian si dichiarerà a gran voce convinta dell’innocenza del marito.
Il 29/04/1989 Lorandi Bruno viene assolto per insufficienza di prove. Nonostante in sentenza vengano evidenziati diversi punti oscuri la prova non si è formata e quindi non si può giungere a una condanna al di là di ogni ragionevole dubbio.
Appello e Cassazione assolveranno invece Bruno con formula piena, per non aver commesso il fatto.
Come dice il bravo giornalista Andrea Cittadini, cronista de Il Giornale di Brescia e autore del Podcast Delitti Bresciani (che dedica due episodi alla vicenda Lorandi), la macro-domanda è una: come faceva Bruno a sapere dove fosse il corpo del figlio? Scapaticci risponderebbe che lo ha scorto da lontano, alcuni testimoni non sono d’accordo.
La situazione in casa Lorandi dopo il processo
Gli anni successivi alla morte di Christian sono anni duri per i coniugi Lorandi. Non solo il terribile ed innaturale lutto che coglie ogni genitore chiamato a seppellire un figlio, ma il peso dei sospetti, le voci di paese che malignano sui mancati pianti pubblici di Clara, i processi, tutti fattori che concorrono a rendere difficile e lenta la ripartenza. In questo periodo Clara, lo dirà Bruno e lo dirà anche lei, recita il ruolo di giudice, avvocato, investigatore. Interroga continuamente l’uomo, che infatti sosterrà di aver subito all’interno delle mura domestiche un processo ben più tosto di quello celebrato in aula. Clara, è fatto confermato da più parti, si dirà sempre convinta dell’innocenza del marito.
I primi dieci anni sono spesi così, a leccarsi le ferite e a lavorare, per non pensare. Poi, un giorno, Clara si presenta a casa brandendo il volantino di un corso di ballo che si tiene in un paese non molto distante. Decidono di andare, anche perché il corso non è a Nuvolera e chissà come li prenderebbero, due genitori di un figlio morto ammazzato che sgambettano, in quel paese di chiacchieroni.
Feste e viaggi per esorcizzare il lutto
Questa esperienza li riporta in vita: fanno nuove conoscenze, si aprono, raccontano ed esorcizzano i loro fantasmi, partecipano a feste, fanno viaggi all’estero, organizzano frequentemente weekend fuori in compagnia di amici nuovi, amici veri. Alla Leosini, che gli domanda come funzionasse la loro coppia, Bruno risponde alla grande. Dove c’era Bruno c’era Clara e dove c’era Clara c’era Bruno. Aggiunge, per quanto a qualcuno possa sembrare impossibile: dopo i dieci anni di sofferenza siamo stati una coppia felice.
Ne passano altri undici, di anni, che fanno 21 dal momento della morte di Christian, e per Bruno arriva il momento della pensione.
Il giorno della pensione di Lorandi
È il 09 febbraio del 2007 e Bruno torna a casa dalla fabbrica di lavorazione del marmo in cui è passato a lavorare dopo aver chiuso la ditta. L’indomani sarà il suo ultimo giorno dopo 40 anni di lavoro, e pure il suo compleanno. Dalla finestra vede rientrare Clara che sale in casa cinque minuti dopo aver parcheggiato. Si era fermata nella cantina in cui tengono anche la lavatrice e ha portato su della roba da asciugare. Dopo aver cenato, sul divano, i due vengono colti da quelli che con impareggiabile eleganza Franca Leosini definisce ardori da sofà e iniziano un rapporto sessuale che concluderanno spostandosi in camera da letto.
La mattina dopo Bruno si alza alle 06,15, Clara si sveglia giusto il tempo di tirargli le orecchie, fargli gli auguri e informarlo che per regalo ha prenotato qualche giorno in Val di Non e poi si rimette a dormire, perché attaccherà a lavorare più tardi.
Bruno esce verso le 06,40 portando con sé i 100 euro che Clara, l’economa di casa, gli aveva lasciato per comprare i cornetti con cui festeggiare il compleanno e il pensionamento in fabbrica insieme ai colleghi. Qualcuno sosterrà che questa storia delle paste sia una specie di alibi, una maniera per far notare la sua presenza in ditta a quell’ora. Lorandi obietta che non ci sarebbe bisogno di una farsa del genere perché il suo primo compito è quello di accendere il compressore generale in quanto se non lo accendo nessuno può lavorare. L’orario di arrivo in azienda è quindi certo.
21 anni dopo: uccisa anche Clara, moglie di Bruno
Alle 10,19 squilla il telefono della ditta. Cristina Lorandi, datrice di lavoro di Clara, chiede di parlare con Bruno e lo informa che la moglie non si è presentata al ristorante, che lei è andata a cercarla a casa e nessuno risponde al campanello.
Doveva stirare avrebbe risposto secondo la donna Lorandi, il quale negherà sempre di aver pronunciato la frase (vedremo più avanti quale sarà il peso processuale di queste poche parole). Comunque, Bruno inforca la bicicletta e percorre a ritroso i 300 metri che separano la fabbrica da casa sua, trova davanti all’uscio la Lorandi con una vicina di casa e infila le chiavi nella toppa.
La porta si apre su un baratro che sembrava dimenticato, dopo dieci anni felici in cui è stato solo Bruno, il marmista di Nuvolera torna a essere Lorandi Bruno, l’uomo su cui incombe il fardello del sospetto. L’appartamento è quasi completamente al buio, le tapparelle del soggiorno sono ancora abbassate, la luce filtra dalla finestra della cucina. A terra, in mezzo al salottino, c’è il cadavere di Clara, con la corda di un accappatoio avvolta intorno al collo.
La mia Clara! La mia Clara! Grida Bruno, che completa il flash back svenendo sull’uscio di casa per poi venire nuovamente ricoverato.
Nuovi sospetti su Bruno Lorandi
La vicina di casa e Cristina Lorandi testimonieranno che il marmista non ha nemmeno varcato la soglia, prendendo subito a urlare, lui ribatte di essere entrato dentro ma di essere stato immediatamente allontanato proprio dalle due donne. Va sottolineato come, osservando le foto dell’appartamento scattate dagli inquirenti e trasmesse nell’episodio di Storie Maledette, sia evidente che dalla porta di casa il cadavere fosse assolutamente visibile, a patto che ci fosse luce sufficiente fra quella che filtrava dalle finestre della cucina e quella che entrava dalle scale.
Il suicidio viene immediatamente escluso e Lorandi Bruno rientra nel loop di indagini, sopralluoghi, analisi, interrogatori. E naturalmente sospetti.
Lorandi Bruno a Nuvolera, lo abbiamo detto, non è che fosse così ben visto; era inoltre opinione comune che col fattaccio del figlio c’entrasse qualcosa o che quantomeno sapesse più – e più chiaro – di quanto avesse confusamente raccontato. Ha fatto fuori il figlio e adesso anche la moglie, si dice in giro.
Bisogna, però, partire dai pochi fatti noti e dall’osservazione del luogo della scena del delitto.
La scena del delitto
Delle tapparelle abbassate e della luce spenta si è detto, e qualcuno racconterà come Clara avesse invece l’abitudine di alzare le serrande e aprire le finestre appena alzata: in cucina ci sono, davanti alla tv accesa con il volume a zero, tre camice con lo stemma del ristorante in cui Clara lavora stirate ed appese a delle stampelle, una quarta è poggiata sull’asse da stiro. Il ferro, tipo Vaporella, è acceso e riposto nell’alloggio dedicato a capo della tavola. Le chiavi di casa che Clara utilizzava non si trovano. È evidente che l’assassino, chiunque sia, le ha portate con sé; la difesa sostiene che Lorandi Bruno non lo avrebbe mai fatto in quanto in primo luogo aveva le sue, di chiavi, oltretutto sapeva che la porta si chiudeva a scatto.
L’appartamento è in ordine, sono aperti solo uno sportello e un cassetto del mobile credenza del salotto. Clara è a piedi nudi, la giubba del pigiama è sollevata fin sotto il seno, i pantaloni sono leggermente calati. Una delle sedie attorno al tavolo del salottino è fuori posto. Il letto è rifatto, anche se non alla perfezione. Soprattutto, sia le lenzuola che i pantaloni del pigiama di Lorandi Bruno (riposto in un cassetto) presentano tracce di sangue. Sul pigiama sono goccioline, sulle lenzuola e sul cuscino sono viceversa copiose ed evidenti.
Per l’accusa Lorandi ha ammazzato
A otto mesi dal delitto Lorandi Bruno, che si è trasferito a casa della suocera destando forti sospetti nei cognati i quali sosterranno che non parlava mai di Clara, stava quasi sempre in silenzio ad eccezione di quando ripeteva, in una specie di mantra, che quella mattina la moglie doveva stirare, viene arrestato.
La tesi dell’Accusa è questa: Lorandi Bruno ha ammazzato Clara nel letto coniugale mentre questa dormiva e non ha quindi avuto modo di difendersi (non erano presenti sulle mani e sul corpo di entrambi i coniugi graffi o segni di lotta). L’omicidio sarebbe avvenuto all’alba e Lorandi Bruno lo avrebbe commesso prima strangolando la moglie con le mani per poi finirla con la corda dell’accappatoio. Dopodiché avrebbe attuato uno staging: prima avrebbe preso in braccio il corpo della vita della moglie e lo avrebbe spostato nel salotto – il che sarebbe confermato dall’assenza di impronte di piedi nudi sul tragitto – perché se lo avesse lasciato nel letto non ci sarebbero potuti essere dubbi sulla sua colpevolezza. Poi avrebbe preparato la messinscena della stiratura, accendendo il ferro senza però usarlo (la camicie le avrebbe stirate Clara la sera precedente) e la tv, mantenendola a volume 0 perché in caso contrario i vicini sentendo il rumore avrebbero potuto testimoniare che era stata accesa in un orario in cui Lorandi Bruno era ancora in casa, mentre per rendere credibile il racconto del marmista la moglie si sarebbe dovuta alzare ben più tardi.
Infine avrebbe aperto il mobile del salotto per suggerire l’ipotesi del furto finito male.
La ricostruzione del delitto
Le tracce di sangue misto a saliva presenti sulle lenzuola e sul cuscino confermerebbero la tesi dello strangolamento a letto, Lorandi non le avrebbe notate perché al momento dell’omicidio era ancora buio.
Ci sono poi dei punti controversi, cui accusa e difesa danno interpretazioni opposte. Il primo riguarda la vescica di Clara, che secondo l’Accusa fu trovata piena. Se è vero che chiunque di noi, appena alzato, fa per prima cosa tappa in bagno, va da sé che Clara non si sia mai svegliata. Il che farebbe il paio con il fatto che il contenuto gastrico della donna fosse praticamente inesistente. La Difesa ribatte che la vescica era semipiena, e che nello stomaco di Clara fossero presenti tracce di cibo biancastro, e ricorda come la donna avesse l’abitudine, al mattino, di bere uno yogurt. Va inoltre segnalato come, solitamente, in seguito a strangolamento o impiccagione la vittima perda il controllo degli sfinteri rilasciando quantomeno i liquidi. In questo caso non è successo, altro fatto difficilmente spiegabile.
Processo indiziario e scontro sul ferro da stiro
Il Processo è indiziario e le parti in causa sono chiamate a fronteggiarsi in punta di fioretto. Più tumultuoso è lo scontro intorno al tema del ferro da stiro: la Procura dispone una consulenza sul contatore dalla quale emerge che i consumi di casa Lorandi sarebbero stati al minimo durante la notte, com’è immaginabile, avessero avuto un incremento intorno alle 05,50, orario in cui Lorandi Bruno dopo essersi alzato aveva ragionevolmente acceso qualche luce, mentre un vero e proprio picco si sarebbe registrato intorno alle 06,30, quando secondo inquirenti e Pubblico Ministero Lorandi avrebbe acceso il ferro per preparare la sua messinscena. Si sarebbe trattato per l’appunto di un picco momentaneo, perché se il ferro avesse lavorato i consumi si sarebbero dovuti mantenere costantemente a un livello più elevato, cosa che non accadde.
Nessuno può mettere Scapaticci in un angolo, figuriamoci se ce la può fare un contatore della luce. Il punto è che, nel fare l’analisi dei consumi, la centrale elettrica avrebbe erroneamente cancellato i dati registrati da quella sorta di mini computer che è il contatore di nuova generazione. Sarebbe stato quindi incaricato un sedicente esperto dell’Enel che sosteneva di essere in grado di far rivivere il contatore morto (parole e musica di Scapaticci), ma l’esperimento non riesce. L’avvocato incarica quindi altri due esperti di svolgere un’analisi sull’attività di quel contatore in altri momenti, per valutare eventuali episodi rilevanti. Ne viene fuori che anche quando la casa era sotto sequestro e non c’erano quindi né lampadine né elettrodomestici in funzione più di un picco era stato registrato, il che annullerebbe a suo dire le valutazioni sul giorno del delitto.
Le ipotesi sulle macchie di sangue della moglie
C’è poi il tema del sangue. Lorandi Bruno ipotizza possa essere stato perso da Clara durante il rapporto sessuale della sera precedente, racconta con imbarazzo di problematiche derivanti dalla menopausa della moglie, venendo soccorso dalla dialettica della Leosini che parla di secchezza vaginale. Scapaticci ha un’idea diversa e fa cenno ad alcuni disturbi gengivali di Clara, per i quali sarebbe stata in cura presso un dentista di Nuvolera; i sanguinamenti gengivali notturni sono un fatto diffuso, permane qualche perplessità sulla copiosa quantità di tracce ematiche miste a saliva riscontrate.
L’avvocato fa inoltre notare come fra casa Lorandi e la ditta ci siano solo 300 metri, quattro tombini e un cassonetto, che siano stati accuratamente scandagliati al pari dei campi che costeggiano la strada, eppure le chiavi di casa di Clara non sono state mai ritrovate. Se è stato Lorandi Bruno ad ucciderla dove le ha nascoste? Le ha forse mangiate? L’Accusa tenta di dimostrare che Lorandi si è allontanato dal posto di lavoro per circa dieci minuti nel corso della mattinata, suggerendo che sia stato quello il frangente in cui ha fatto sparire le chiavi. Viene stabilito che forse per quei dieci minuti il marmista non era al tavolo del compressore ma che non ci sia nulla di strano, poteva essere impegnato momentaneamente in altre mansioni o anche, ad esempio, alla macchinetta del caffè a fare una pausa.
Un collega testimonierà di averlo visto col fiatone di prima mattina e che, avendogli domandato cosa fosse successo, si sarebbe sentito rispondere che aveva dovuto fare precipitosamente ritorno a casa perché aveva dimenticato i 100 euro per le paste. Lorandi negherà con forza la circostanza.
Il giovane con problemi di giustizia e il furto di denaro in casa
Scapaticci, manco a dirlo, ha diverse altre carte da giocare. Clara aveva un rapporto molto stretto con un giovane collaboratore del ristorante che in passato aveva avuto dei problemi con la giustizia e per questo era stato allontanato dal posto di lavoro, lo aveva preso un po’ come figlioccio, spendendosi per farlo riassumere. Aveva tale fiducia nei confronti del ragazzo da avergli confidato di tenere in casa una certa somma di denaro (fra una versione e l’altra di Lorandi Bruno diciamo circa 5000 euro) che le sarebbero serviti per pagare dei lavori dentistici. Alla Leosini che obietta non ci fossero tracce bancarie di simili risparmi il marmista risponde serenamente che la moglie veniva pagata in nero. La credenza era aperta, non è che il figlioccio aveva perso il pelo ma non il vizio? Se a uccidere Clara era stato Lorandi i 5000 euro dove sono spariti, insieme alle chiavi? C’è da dire però che se le chiavi dovevano esistere per forza lo stesso non si può dire del denaro.
Clara, spiega inoltre Scapaticci, aveva addosso l’accappatoio semisfilato. Dormiva con l’accappatoio? Certo, se si sposa la tesi della messinscena si può pensare sia opera di Lorandi Bruno.
Inoltre, Clara stava stirando la divisa da cameriera del ristorante perché, in occasione di un banchetto previsto il 10 febbraio, avrebbe dovuto servire ai tavoli, cosa che non accadeva così di frequente. Come faceva Lorandi Bruno a saperlo?
Magari Clara stava stirando davanti alla tv, aveva sentito suonare, aveva azzerato il volume per interloquire con l’ospite e poi le cose erano precipitate.
E per quanto riguarda gli svenimenti in occasione dei rinvenimenti dei due cadaveri a distanza di 21 anni, che qualcuno considera identiche sceneggiate: in entrambi i casi il 118 aveva disposto il ricovero per pressione alta, il marmista non stava certo simulando.
Qual è il movente di Lorandi?
Infine, anche stavolta, c’è il tema del movente. Per quale motivo Lorandi Bruno avrebbe ammazzato la sua compagna di una vita? La tesi dell’accusa arriva a mettere in discussione le sentenze di 20 anni prima: Clara – la circostanza è confermata da diversi testimoni – avrebbe vissuto con l’ossessione di sapere cosa fosse successo a Christian, leggeva, si documentava e sarebbe venuta a conoscenza di come fossero state riaperte le indagini di alcuni cold case grazie al progresso delle scienze forensi.
Quindi avrebbe pressato il marito per chiedere la riapertura delle indagini sull’omicidio del figlio. Lorandi Bruno non aveva nessuna intenzione di farlo perché, l’Accusa ne è certa, per quanto ritenuto innocente in tre gradi di giudizio, il figlio lo aveva ammazzato lui. Al di là dell’obbrobrio giuridico ci sono alcuni aspetti da sottolineare.
Clara voleva far riaprire le indagini sulla morte del figlio
Sbrighiamo subito le questioni formali: uno dei pilastri del diritto penale italiano è il principio di ne bis in idem, il quale stabilisce che un individuo non può essere giudicato o punito due volte per lo stesso fatto. Il suddetto principio è sancito dall’articolo 649 del Codice di Procedura Penale, che vieta un nuovo giudizio per un imputato già assolto o condannato in via definitiva per lo stesso reato. In sostanza, se anche le indagini fossero state riaperte e nuove analisi scientifiche avessero inguaiato Lorandi Bruno, questi non sarebbe mai stato sottoposto ad un processo.
Assolto in tre gradi di giudizio, assolto per sempre. Certo, questo non avrebbe cancellato, nell’eventualità, lo stigma sociale, ed è lecito dare per scontato che avrebbe messo fine al matrimonio con Clara, ma il marmista di Nuvolera il carcere non lo avrebbe visto nemmeno col binocolo. Che senso aveva commettere un omicidio rischiando un processo per evitare di riaprire un’indagine che ad un processo non avrebbe mai portato?
La condanna definitiva: ergastolo
L’Accusa rilancia: a preoccupare Lorandi non era un eventuale ma impossibile processo, piuttosto la questione era economica. Non aveva intenzione di investire la sua esigua liquidazione e la pensione in nuove indagini (che, la convinzione rimane quella, avrebbero condotto a lui).
Anche qui, c’è un però. Fin dall’epoca della assoluzione di Lorandi Bruno per l’omicidio del figlio, l’avvocato Scapaticci aveva presentato diverse istanze di riapertura delle indagini, sempre firmate da entrambi i coniugi.
Difficile credere che, dopo aver chiesto più volte alla Procura di riprendere ad indagare sulla morte del figlio, Lorandi abbia pensato bene di ammazzare la moglie per impedire la riapertura.
Ad ogni modo stavolta persino l’Avvocato Scapaticci deve arrendersi e Lorandi viene condannato in via definitiva all’ergastolo, che attualmente sta scontando agli arresti domiciliari presso casa di una delle sue sorelle, per motivi di salute.
Dubbi e domande sul caso Lorandi
Eppure, Lo strano caso di Lorandi Bruno è strano davvero e si lascia dietro dubbi e domande. Rimanendo attaccati alle due diverse verità processuali: è credibile che Lorandi non abbia ammazzato Christian ma abbia ucciso Clara? Ha ragione l’Accusa, quando fra le righe sostiene che la prima assoluzione fu un errore? Se la logica degli inquirenti è quella giusta, o li ha uccisi entrambi o non ne ha ucciso nessuno. Non si vede perché avrebbe dovuto ammazzare la moglie se non aveva nulla da temere sulla storia di venti anni prima, a meno che quello di Clara non debba essere considerato un femminicidio del tutto slegato dalla morte di Christian, una di quelle storie di gelosia e possesso che tristemente campeggiano ogni giorno sulle pagine dei giornali. Oppure Lorandi ha ucciso Christian, se l’è cavata e non ha ucciso Clara, che è stata ammazzata per rapina, per quei cinquemila euro nascosti nella credenza.
Però, sia il figlio che la moglie sono stati strangolati e strozzati, aggrediti prima a mani nude e poi con un attrezzo. E quindi è stato Lorandi Bruno, che avrebbe fatto fuori la moglie il giorno in cui compiva gli anni ed andava in pensione, strano modo di festeggiare.
Oppure.
Le tesi dell’avvocato di Lorandi
Oppure ha ragione Alberto Scapaticci, che già immediatamente dopo l’assoluzione di Bruno per la morte di Christian aveva fatto una segnalazione alla Procura. Aveva ricordato come sui pulitissimi jeans del bambino fossero presenti, fra la ginocchia e la parte interna dei polpacci, due identiche macchie di grasso, esattamente nel punto in cui si vanno a formare sui pantaloni del passeggero quando una moto perde olio.
Specialmente se è una moto poco strutturata esternamente, come quelle da cross, nella cui mini attrezzeria da primo intervento è sempre presente, oltre ad un cacciavite, una chiave a tubo, che è lo strumento ideale per realizzare una garrota artigianale. Nelle immediate vicinanze della radura in cui fu ritrovato il cadavere di Christian c’è una pista da motocross. Il piccolo Lorandi è arrivato lì sulla moto da cross di qualcuno? Ma di chi?
Ricordate Il Lorandi delle casse da morto, che tanto si era dato da fare nelle ricerche, che aveva suggerito di seguire la segnalazione e di precipitarsi sulla Maddalena, che era accompagnato dal figlio maggiore, in sella a una moto? Una moto da cross.
L’ipotesi del giro in moto che costò la vita a Christian
Le cose sono andate come suggerisce l’Avvocato? Christian rimane rapito dalla moto del fratello maggiore del suo amico Carlo, gli chiede di salire per fare un giro con lui, coprono i 30 km che separano Nuvolera dalla Montagna dei bresciani, poi succede qualcosa e Christian muore? Magari viene sbalzato dalla moto, è ferito e quello, nel panico, lo finisce strangolandolo? Potrebbe anche essere, ci sono gli occhiali rotti e quelle macchie di grasso del resto non si spiegano. Poi c’è un operaio della ditta del padre, che vede il tagazzo armeggiare con degli attrezzi e una pedivella.
Clara uccisa da qualcuno del paese che non voleva far riaprire le indagini?
E Clara? Il paese è piccolo e la gente mormora, magari si è sparsa la voce che la Bugna vuole a tutti i costi far riaprire le indagini, che le scienze forensi hanno fatto grandi progressi, che i Lorandi e il loro avvocato hanno forti sospetti su qualcuno. E allora quel qualcuno, lui sì che avrebbe interesse a fermare Clara e a non fare riaprire le indagini, si presenta alla porta e fa fuori anche lei. Sono passati venti anni ma è ancora relativamente giovane e forte, e il modo in cui uccide è più o meno lo stesso. Ci va quel giorno, l’ultimo di lavoro di Bruno, perché è l’ultimo giorno in cui potrà sorprendere Clara in casa da sola.
Lorandi Bruno: un ignobile mostro, o il più grande Povero Cristo della storia del nostro Paese?
Se questa storia fosse un romanzo in cui tutto torna anche se dopo anni, fra flashback e ricordi, tipo La verità sul caso Harry Quebert di Joel Dicker, probabilmente finirebbe così, con tutte le tessere del mosaico che dopo quattro lustri si rimettono a posto e un assassino efferato che rimane impunito, a godersi ricchezza e potere nella comunità.
Però questo non è un romanzo e nemmeno un mosaico, è piuttosto un puzzle sbilenco in cui puoi muovere i pezzi come vuoi, accoppiandoli in diversi modi, ma sempre forzando, perché non si incastreranno mai perfettamente.
In fondo, di domanda ne rimane una: Lorandi Bruno è un ignobile mostro, o il più grande Povero Cristo della storia del nostro Paese?