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Adulti e disoccupazione: perdere il lavoro dopo i 40 anni

La perdita del lavoro è una congiuntura estremamente sfavorevole che può abbattersi sulla vita di ciascuno portandosi dietro l’ enorme fardello di problematiche ad essa connesse; come ogni avvenimento sfavorevole naturalmente è difficile procedere ad una classificazione in ‘peggiore’ o ‘migliore’ differenziando per genere o età, tuttavia per capirne più a fondo le peculiarità, una distinzione può certamente tornare utile.
Per dirla in maniera più spiccia, perdere il lavoro a 50 anni è sicuramente un’altra cosa che non perderlo a 20; né meglio né peggio probabilmente, semplicemente una cosa diversa.
È questa la tesi portata avanti da un’associazione che tutela il diritto al lavoro e che si occupa di persone che il lavoro lo perdono in età cosiddetta matura, cioè over 40; Atdal Over 40, questo il nome dell’associazione, si occupa di fornire supporto ed assistenza a queste persone che si ritrovano, in età avanzata ad essere disoccupate.
Non sono pochi i casi e, quando capita, ci si ritrova ad affrontare problemi che possono apparire insormontabili. Come ci spiega il presidente dell’ associazione, Stefano Giusti:

I disoccupati over 40 in Italia:

“La nostra associazione opera su 2 livelli: uno politico istituzionale, nel senso che tentiamo di sensibilizzare le istituzioni su questa problematica; un altro livello invece è di orientamento ed assistenza alle persone che perdono il lavoro. Non facciamo collocamento sia ben chiaro, anche perché non lo potremmo fare; diamo supporto ed assistenza, a noi ci si può rivolgere per capire cosa si deve fare. Ci appoggiamo a strutture per fare formazione orientamento nei percorsi di reinserimento.”
La vostra è un’ associazione apolitica?
“Si, assolutamente apolitica: anche se poi, come ovvio che sia, abbiamo le nostre idee in riferimento alle politiche del lavoro e a come dovrebbero essere; facciamo proposte precise per chi lo vuole raccogliere.”
Quanti sono i disoccupati over 40 in Italia?
“Sono circa 1,5 milioni; è un problema grosso anche perché dietro questo numero ci sono spesso interi nuclei familiari, quindi la questione diviene più ampia. Tra l’altro tale numero non è ancora censito in maniera ufficiale da nessuno, ed è questo il problema maggiore; l’Istat, per fare un esempio, quando parla di disoccupazione lo fa o in termini generali o in riferimento alla disoccupazione giovanile.”

Cosa vuol dire perdere il lavoro da adulti:

Secondo voi sarebbe più utile differenziare per fasce d’età?
“Sarebbe certamente utile, anche  perché in quel modo si potrebbero differenziare anche gli interventi da effettuare. Ci tengo a specificare che questa non è una guerra tra poveri, tra disoccupati giovani e disoccupati over 40; la disoccupazione è una, unica e trasversale a tutte le età. La questione è che ci deve essere un approccio diverso tra una persona di 20 anni ed una di 45 che viene espulsa dal mondo del lavoro. Questo è chiaro.”
Quale è la differenza tra il perdere il lavoro a 20/25 anni e perderlo in età adulta?
“La perdita del lavoro a 40/45 anni porta con sé due grosse conseguenze: la prima, gli impegni sociali già contratti dalla persona come ad esempio un mutuo, una famiglia da mantenere ecc… Trovarsi improvvisamente senza un reddito è dura. Poi vi è un altro aspetto non da poco, il problema psicologico; alzarsi la mattina a 45 anni e vedere i figli che vanno a scuola, la moglie che va a lavorare e starsene a casa in quanto disoccupato, porta queste persone ad una perdita di autostima notevole oltre che ad un rischio di cadere in depressione e patologie connesse.”
Quindi si parla di problematiche comuni a tutti ma che, con l’ avanzare dell’ età, diventano più gravose?
“Certamente. Ribadisco per evitare equivoci, non è che perdere il lavoro a 20 anni sia tutto rose e fiori o non porti a alcuna conseguenza grave; la nostra non vuole essere una guerra tra poveri. Noi diciamo solo che sono due situazioni diverse e che vanno quindi considerate nella loro diversità. Deve essere in sostanza un approccio diverso al problema.”

Favorire il reinserimento degli over 40 disoccupati:

Quali potrebbero essere secondo la vostra associazione questi approcci per affrontare il problema?
“Bisogna cominciare a combattere prima di tutto la mentalità italiana per la quale, ad esempio, leggendo gli annunci di lavoro quasi tutti scrivono max 35 anni. Aspetto che, tra l’altro, non sarebbe nemmeno troppo a norma di legge perché c’è una normativa europea che dovremmo recepire e che sottolinea come negli annunci di lavoro non ci possano essere discriminanti riguardanti sesso, età e religione.”
È solo un problema di mentalità o ci sono altri elementi di discriminazione?
“Ci sono anche fior di leggi che danno incentivi all’assunzione e sgravi fiscali solo per categorie fino ai 30/35 anni; quindi è chiaro che nessun imprenditore assumerà mai un 45enne nella propria azienda.”
Altri fattori di criticità?
“In Italia, e questo riguarda tutti, chi perde il lavoro non sempre ha gli ammortizzatori sociali; anzi, quasi mai. Solo il 30% dei disoccupati è coperto.Tutta la gran massa di lavoratori precari, o con contratti di collaborazione, a progetto ecc… quando perdono il lavoro non hanno diritto a niente. Bisognerebbe, secondo noi, allargare gli ammortizzatori sociali a tutte le categorie che ora ne sono sprovviste.”
Tornando alla vostra battaglia per i lavoratori over 40, avete fatto passi concreti per portare alla ribalta questa problematica?
“Abbiamo presentato raccolte firme e proposte di legge al parlamento che, però, non sono state mai discusse; stanno lì. Il problema è proprio che non se ne parla mai di questo argomento.”
C’è quindi una mancanza di informazione su questo argomento?
“Certamente, e a tutti i livelli. Per fare un esempio, sono pochissimi i centri per l’impiego che hanno sportelli di orientamento differenziati: quindi se si presenta un uomo di 60 anni gli viene proposto lo stesso tipo di orientamento di un ragazzo di 20. E non è la stessa cosa. È un po’ come andare dal medico, un uomo di 60 anni si porta dietro una determinata patologia che non può essere, per forza di cose, la stessa di uno di 20.”

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Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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