Seguici su:

Focus

Letto 6025 Volte
Condividi

Salute Partecipata: la rivoluzione passa dalla Rete

I cambiamenti nel campo della cultura della salute in Italia ci sono; sono significativi, alquanto rapidi e piuttosto trascurati dagli operatori sanitari e dalle istituzioni. Gli elementi chiave sono la multicanalità informativa, l’approccio olistico alla salute, l’autocura (riguarda ben il 20% delle pratiche di cura), il crescente bisogno e valore etico dell’ascolto del paziente.
Internet è diventato luogo di scambio sulla salute. Un quarto degli internauti italiani si collega per cercare informazioni sulla salute: dai temi più quotidiani e legati al benessere (allergie, intolleranze, contraccezione, piccoli problemi dei bambini) ai problemi di salute più importanti (l’Alzheimer, il Parkinson, i tumori…) per i quali la rete diventa uno strumento importante di ricerca di informazione sulle terapie, sui centri di riferimento (non solo per i pazienti, ma anche per i familiari). Insomma, i pazienti si muovono “da soli” e parlano “tra loro”.

Il concetto di salute partecipata

L’esigenza di una fascia di popolazione sempre più vasta che ha accesso alla rete e solitamente caratterizzata da un livello di istruzione medio alta ha portato alla nascita del concetto di salute partecipata ovvero del cosiddetto empowerment del paziente, che consiste nello sperimentare e scegliere in modo condiviso gli strumenti per una migliore sanità – più efficace prima ancora che più efficiente – accanto ad una sana azione di controllo, pressione e cittadinanza attiva.
In Inghilterra opera da qualche anno la piattaforma Patient Opinion (every voice matters) nato per condividere esperienze e opinioni sui servizi sanitario al fine ultimo di migliorare il servizio sanitario nazionale, perché la partecipazione è anche impattare sulle strutture organizzative esistenti. Tuttavia, se si vuole evitare di cadere dalla padella della dominanza medica alla brace di quella tecno-informatica serve davvero trovare un nuovo rapporto tra gli attori del sistema.

Ancora non si parla di sanità digitale

Internet può esser visto come una tecnologia abilitante, una possibilità (per quanto ancora troppo ipotetica) di ridistribuzione e riequilibrio dell’informazione, della relazione e del potere, rispetto alla classe medica, alla burocrazia italiana e alla tecnocrazia globalizzata.
L’informatizzazione, non vuol dire ancora sanità digitale ad alta comunicazione; ne è un prerequisito necessario ma non sufficiente, sempre che venga progettata e realizzata per riorganizzare le modalità di produzione e distribuzione dei servizi sanitari e sia accompagnata da un forte cambiamento della cultura organizzativa e una massiccia opera di coinvolgimento e formazione a tutti i livelli.

L’informatizzazione della sanità

Il processo di informatizzazione o di digitalizzazione sanitaria in atto nella sanità pubblica per esempio, può essere un vero cambiamento solo se affiancato da un cambio della cultura organizzativa e uno snellimento delle procedure caratterizzanti. L’informatizzazione non porta di per sé ad una riduzione e semplificazione dei processi e una riduzione dei costi. Anzi, senza dubbio c’è il rischio che si possa trasformare in un ulteriore costo per il sistema e uno strumento che amplifica il potere della burocrazia.
Per questo c’è bisogno di una nuova alleanza tra medici e cittadini-pazienti, che rischiano entrambi di pagarne i costi più che ottenerne vantaggi. Ma va costruita su un rapporto più collaborativo e paritario come sta prefigurando in America la Society for Participatory Medicine, associazione che promuove una medicina partecipativa.
Il cittadino digitale non è e non sarà mai più il paziente di una volta. Certo, non tutti diventeranno attivisti, come e-patient Dave, il paziente blogger che ha fatto della e-health una vocazione, figlio di quel fenomeno che è stato e-patient il blog, sito globale per la medicina partecipativa, ma dall’era di Internet non si torna indietro.
Ad esempio, quale potrà essere la portata di un’innovazione (ancora non capillare nel Paese purtroppo) chiamata FSE, Fascicolo sanitario elettronico?. Di certo segnerà un cambio di paradigma nella digitalizzazione, disponibilità, controllo ed eventuale scelta di condivisione dei propri dati sanitari da parte del cittadino.

Salute 2.0 e rapporto medico / paziente

C’è un senso di appropriazione, partecipazione e responsabilizzazione che può creare una nuova consapevolezza rispetto alla gestione della propria salute, rispetto alla scienza medica, rispetto alla capacità dei sistemi e delle tecnologie sanitarie. O anche per questioni più semplici e quotidiane, come la diversa mobilità nella società odierna, dove è sempre più raro avere un “medico di famiglia” che ti conosce “dalla culla alla tomba”, così come riuscire a conciliare la disponibilità di servizi sanitari coi tempi sempre più stretti del lavoro, della famiglia ecc.
Lungi dal pensare che la tecnologia e il FSE possano essere sostitutivi del rapporto personale medico-paziente, quanto piuttosto uno strumento estremamente utile ad entrambe le parti e ancora di più lo diventerà nei prossimi anni/decenni.  E’ chiaro che non si possono “relegare” le persone ad internet, né espropriarle “della propria dignità e del proprio diritto ad essere ascoltati e visitati”.

Quanti medici sanno usare gli strumenti della rete?

Ma accanto ai pazienti 2.0 quanti sono i medici che hanno approfondito e sanno utilizzare gli strumenti della rete e della medicina 2.0, quanti sono capaci di ammettere i limiti della propria scienza e conoscenza, quanti credono davvero nella “centralità del paziente”, quanti sono disposti ad ascoltare davvero, discutere ed educare i propri assistiti, a scendere dal proprio piedistallo, a personalizzare e umanizzare il rapporto di cura invece che cedere alle seduzioni/soluzioni del “farmaco facile”?
A differenza degli altri mass-media la Rete: dà alle persone una possibilità di interazione, un’opportunità di capire ed utilizzare in modo partecipativo, responsabile e costruttivo l’energia comunicativa e relazionale delle persone. La comunicazione via internet infatti non è necessariamente spersonalizzante ma dipende dalle persone, dalle loro conoscenze e capacità (digitali e non), dall’evoluzione dei loro ruoli e da come decidono di esercitarli. Un esempio?

Se usata bene la sanità digitale rafforza il legame medico / paziente

Quando un medico ha una profonda conoscenza personale di un “suo” cittadino-assistito digitale, la mail – o ancor più il suo FSE – può essere un ottimo strumento per inviargli consigli e risposte personalizzate che Google, Medpedia o altre persone in rete non sono certo in grado di offrire.
In tal modo si può avere il tempo per dare risposte più ponderate e documentate (sull’interazione tra farmaci, ad esempio), si ottimizza il tempo di entrambi concentrando l’attenzione e la presenza per le questioni di salute più serie e importanti, si potrebbe monitorare e migliorare l’aderenza alle prescrizioni, ecc.
In breve, se usata adeguatamente, la sanità digitale e partecipata può rafforzare la fiducia e il rapporto personale medico-cittadino.

Promotori della salute partecipata

Tra i principali promotori del concetto di salute partecipata il settore del volontariato socio-sanitario, che è una grandissima realtà italiana e che sarà sicuramente un valido aiuto nella crescita della sanità in rete, ovviamente dal basso ovvero dalle esigenze della popolazione.
Associazioni che nascono nel rispetto del principio di “Salute partecipata”, come l’ associazione di persone con la sclerosi multipla che si sono attivate (inizialmente in rete su Facebook) intorno alla questione della CCSVI. L’ultima nata è Isolattiva, associazione sarda nata con l’obiettivo di “rendere le persone con sclerosi multipla attive e propositive figure per la costruzione di un’idea plurale di salute, che ponga la diversità come valore e non più come “peso” sociale”.
La sensazione, a caldo, è che l’interesse su questi temi stia crescendo rapidamente, e che la strada da fare sia molta ma che c’è anche molta voglia di fare.

Pubblicato in Focus

Scritto da

Scrittore, giornalista, ricercatore di verità - "Certe verità sono più pronti a dirle i matti che i savi..."

Potrebbe interessarti

Lascia un commento

Seguici su: