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Le scuole italiane cadono a pezzi

Gli edifici scolastici italiani si trovano in condizioni vergognose: molti cadono a pezzi, alcuni sono stati costruiti quasi un secolo fa e altri presentano seri problemi agli impianti elettrici, termici o idrici.
Il quadro è desolante e a tracciarlo è il Censis: nelle scorse ore l’istituto di ricerca socio-economica ha diffuso i dati relativi allo stato di salute (si fa per dire) dei nostri istituti scolastici. Spiccano numeri dei quali ci si può vergognare: sono circa 24mila gli istituti sparsi sul territorio italiano che cadono letteralmente a pezzi. Ben oltre la metà, considerato che in totale in Italia si contano 41 mila istituti scolastici.
Il 15% delle nostre scuole è stato costruito prima del 1945 e nel 58,5% degli edifici scolastici statali si registrano seri problemi di funzionamento agli impianti elettrici, idraulici, termici: in oltre la metà delle scuole statali italiane la luce l’acqua o il riscaldamento sono un optional.
E ancora, da un punto di vista estetico la situazione non è migliore: si contano 9mila strutture con intonaci che cadono; 7.200 istituti che necessiterebbero di lavori di ristrutturazione di tetti e coperture; 3.600 che riportano gravi danni sulla struttura portante dell’edificio e, dulcis in fundo, oltre 2.000 istituti scolastici che espongono i propri alunni a rischio amianto. Ce ne è per tutti i gusti.

 
 

Edifici scolastici vecchi:

La questione principale sembra essere una: gli edifici scolastici italiani sono vecchi e non sempre si riesce a garantire lavori di manutenzione o riammodernamento. Oltre il 15% degli istituti risulta essere stato edificato prima del 1945, in totale solo il 25% risale ad una data successiva al 1980.
Lavori per rimettere in sesto gli edifici sono sempre più rari e, quando questi avvengono, non sono all’altezza: il tutto in pieno stile all’italiana. Secondo i dirigenti scolastici la qualità dei lavori realizzati in oltre 10mila edifici pubblici negli ultimi 3 anni è stata scadente o inadeguata. Lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria che non hanno sortito gli effetti sperati.

Una burocrazia lenta

La questione è, anche, burocratica; come sempre accade in Italia. Risorse stanziate con il contagocce e ritardi di spesa accumulati che avevano portato il ministero delle Infrastrutture a stimare in 110 anni il tempo necessario per rimettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani. Non propriamente un tempo accettabile.
Con l’avvio di 603 progetti di edilizia scolastica stabilito dal decreto del fare del governo Letta (2013) che ha sancito la assegnazione del 95,7% dei 150 milioni di euro stanziati per l’edilizia scolastica si è fatto, secondo il Censis, un passo avanti. In precedenza il meccanismo era stato molto più farraginoso.
Le delibere Cipe del 2004 e del 2006 avevano stabilito l’attivazione di 500 milioni di euro per l’edilizia scolastica: a metà 2013 ne erano stati utilizzati 143. Solo 527 interventi su 1659 previsti. Tutti gli stanziamenti successivi al 2006 sono ancora in fase di istruttoria o, nei casi migliori, in via di attuazione.

I Fondi Europei

L’utilizzo dei Fondi Europei va anche in questa direzione: per il periodo 2007-2013 il Programma operativo gestito dal Miur e relativo al Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) ha assegnato oltre 220 milioni di euro a 541 scuole: il Fesr è destinato a correggere gli squilibri regionali ed è quindi rivolto a regioni particolarmente svantaggiate o arretrate.
Nel caso italiano i fondi sono attivi per Campania, Calabria, Puglia e Sicilia e riguarderanno la messa in sicurezza degli edifici, l’accessibilità alle strutture, gli impianti sportivi e il risparmio energetico.

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