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Elezione nuovo Papa: finite le primarie ora le votazioni

In Vaticano il rito delle congregazioni, che poi sono quelle che nel mondo laico sono chiamate primarie, non è molto lungo. Quando il Papa muore durano al massimo quindici giorni e un pochino meno quando questo si ritira. La differenza è data dal fatto che nel secondo caso si risparmia tutto il tempo dell’ultimo saluto che, proprio perché è l’ultimo, obbliga ad un sacco di cerimonie, talune anche un po’ complicate, e porta via un bel po’ di tempo.
Comunque, la sostanza è poi sempre la stessa: quando il papa se ne va, e dopo l’exploit di Benedetto XVI non importa più il come, subito se ne deve fare un altro. Però fare un Papa non è così facile come dirlo. Il vecchio proverbio recita: «morto un Papa se ne fa un altro» lasciando intendere immediatezza di decisione e di scelta. Ciò anche a causa di un’altra ben alimentata credenza che racconta della discesa di uno spirito, che è inquilino stabile di quelle stanze e per questo è detto anche santo, che pare abbia una sorta di occhio lungo nell’indovinare il cardinale giusto.
In verità più d’una volta la berretta scelta è stata, a voler essere di buon cuore, un filino border line, ma d’altra parte non c’è modo di sapere come sarebbe andata se fosse stato eletto un altro. Che ahinoi la storia non si resetta.

 

L’elezione del nuovo Papa:

Quattromila giornalisti da tutto il mondo si trovano in San Pietro per seguire l’avvenimento e nulla ha potuto distrarrli, neppure la bizzarra performance di un gruppetto di deputati berlusconiani che si sono dati appuntamento sulle scalinate esterne del palazzo di Giustizia di Milano per cantare l’inno di Mameli. Che, detto con obbiettività, lo spettacolo è stato un tantinello triste. Principalmente perché il regista, che fa sempre anche la parte del primo attore, ha dato forfait e poi non c’era alcun musico per l’accompagnamento e le voci non erano certo fresche.
C’è stata, ma piove sempre sul bagnato, anche qualche stecca (si specifica canora per evitare maliziose malizie e fraintendimenti visto che siamo in quel di Milano) e come questo non bastasse il tutto è stato condito senza pathos. Che al confronto, quando l’inno lo cantano gli omoni della nazionale di rugby, che peraltro hanno un aspetto un tantinello inquietante, il cuore si strugge. Sarà che questi ci mettono sincera passione e le botte le prendono e le danno in conto proprio. Merce che al di là e al di qua del Tevere non è proprio di corso comune.
In totale le berrette porporate che sceglieranno il nuovo Papa sono 115 e, dato l’esiguo numero non dovrebbe essere difficile arrivare, soprattutto con l’ausilio dello spirito di cui sopra, ad un rapido accordo. Tuttavia pare che i cardinali abbiano il palato sofisticato. Almeno per quel che riguarda l’offerta culinaria delle suore di santa Marta, come si è letto sui media(1). Sul resto pare si pratichi una certa qual indulgenza. Che però non è omogenea. Qualche volta si e qualche volta no. E questo non è proprio bello.

 

Il dossier segreto del Papa:

Circola un dossier che il papa emerito, con mossa bizantina, ha lasciato a tre saggi che poi dovranno trasmetterlo al nuovo titolare del soglio di Pietro. Durante gli incontri delle primarie qualche cardinale ha chiesto di conoscere il contenuto di questo documento per evitare, si sa mai, di eleggere all’alta carica uno tipo poco raccomandabile. Ma il segreto è rimasto tale e i tre continuano a viaggiare con il loro bel fardello.
Che senz’altro ci vuole un bello stomaco. Forse questo è fatto nel senso della ragion di stato che nel caso specifico si può declinare con ragion di religione. Perché alla fine è di questo che si dovrebbe parlare.
Che poi a ben vedere, come la storia e tanti film di 007 hanno insegnato, un dossier è tale e dirompente più per il “chi” e talvolta per il “come” piuttosto che per il “cosa”. Che quest’ultima categoria si esaurisce nelle classiche tre “esse”: soldi, sesso e sangue. E le tre “esse” di solito non sono mai singole ma quale un po’ più e quale un po’ meno fanno tutte parte della ricetta. E sono i romanzi che alla fine vendono di più. Forse perché si scopre il colpevole.
Ora che le primarie sono finite, al contrario di quello che accade in quelle laiche, i candidati ci sono ma non ci sono. Non fa parte del bon ton ecclesiale quello di proporsi in modo chiaro. Abitudine ipocrita, come se a qualcuno sfuggisse che quella posizione rappresenti il coronamento di una carriera. Ma tant’è. Un po’ come la moglie di Di Pietro che, come sostenne lo stesso quando si tratta di certe questioni: «mia moglie non è mia moglie». La vita sa essere ironica e traccia bizzarri paralleli.

La scelta del nuovo Papa:

Infine si dice che questi siano una mezza dozzina ovvero sei. Ignoti alla vasta comunità dei fedeli che si troverà un capo senza sapere il perché lui e proprio lui. Nel chiuso del conclave, i sei papabili (la definizione è appropriata come non mai) e i gruppi che li sostengono continueranno e affineranno le negoziazioni già avviate durante le primarie per arrivare all’elezione di uno solo. Che da adesso in avanti tanto solo non sarà perché avrà come compagno ombra il precedente che poco o tanto peserà. Immaginarsi che questo scompaia, metaforicamente si intende, è poco credibile. Dal momento in cui verrà pronunciato l’ormai famoso extra omnes si comincerà la lotta vera per l’ambito posto.
Che poi tutti dicano che raggiungere quell’incarico sia come prendere in mano “una patata bollente” è solo una civetteria degli ambiziosi. Se a quel posto non si ambisce non ci si lancia nella carriera ecclesiastica che peraltro è dura e faticosa e richiede sacrifici enormi ma si rimane semplici preti di parrocchia o meglio ancora di strada. Che respirare l’aria di tutti non fa male e soprattutto aiuta a capire chi sta intorno. Adesso tutti a dire di trasparenza che è un po’ come parlare di fuoco a Giordano Bruno. Ma ci sarà tempo per riparlarne.

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1) Paolo Conti, Corsera, 10/03/13

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Scritto da

Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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