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Epatite C: presentato progetto di vaccino a base di cannabis

Vaccino cannabis per epatite C

Le terapie di cui disponiamo attualmente per curare l’epatite C non consentono di debellare il virus nel 100% dei pazienti. Tuttavia oggi esistono farmaci molto efficaci in grado di bloccare il decorso della malattia, anche se talvolta presentano controindicazioni e effetti indesiderati forti e debilitanti.
La ricerca internazionale è da tempo impegnata nello studio di nuove soluzioni per arrivare a produrre nuovi farmaci in grado di curare definitivamente la malattia. Di recente identificazione è, ad esempio, la scoperta di un nuovo trattamento che sarebbe in grado di guarire il 90% dei malati di epatite C: il costo proibitivo di questa terapia è tuttavia insostenibile per qualsiasi sistema sanitario pubblico, tanto che 14 paesi europei, tra cui l’Italia, collaboreranno per la contrattazione con gli USA di un prezzo più accessibile.
Il Ministro Lorenzin ha assicurato che entro il 2016 le cure per i malati di epatite C saranno totalmente a carico del SSN.

Come la cannabis potrebbe funzionare contro l’ Epatite:

Nel frattempo anche la medicina alternativa è al lavoro per realizzare terapie efficaci contro l’epatite C. Il Wyoming Institute of Technology (Denver, Colorado) ha di recente pubblicato un comunicato stampa in cui il dottor Matt Stone spiega come i suoi ricercatori metteranno presto a punto un vaccino a base di cannabis contro questa patologia.
La singolare idea è partita da una stagista del gruppo che, grazie all’assunzione di marijuana ricavata da un particolare ceppo da lei sviluppato, avrebbe dichiarato di aver definitivamente sconfitto il virus. Dopo le dovute analisi, è stato appurato che in realtà la malattia non era stata debellata dal suo organismo, ma alcuni miglioramenti erano evidenti.
Questo ha spinto gli studiosi a voler approfondire la ricerca su una terapia contro l’epatite C a base di cannabinoidi, utilizzando proprio quel particolare ceppo con cui si erano notati incoraggianti risultati, denominato Chunky Crimson. Esistono infatti diversi ceppi di cannabis che possono essere ricavati dai semi di tipo autofiorente o femminizzato, ma la ricerca è in grado di creare in laboratorio ceppi appropriati alle diverse finalità terapeutiche.
Secondo il team del WIT, assumendo 3 volte al giorno un particolare farmaco – prodotto in collaborazione con la casa farmaceutica GlaxoSmithKline – e associato ad una supposta una volta al dì (entrambi a base di cannabis) sarebbe possibile guarire dall’epatite C e, a dimostrazione di ciò, pare siano state effettuate prove umane attendibili.
Se la Food and Drug Administration dovesse approvare i due nuovi medicinali, questa terapia alternativa potrebbe iniziare a comparire nelle farmacie già nel 2015. Resta da sperimentare sull’uomo anche la somministrazione per via sottocutanea del vaccino a base di marijuana medica.

I dati in Italia: come si manifesta l’epatite C

Determinare con esattezza quante persone siano positive al virus C dell’epatite è impossibile, dal momento che si tratta di una patologia “silenziosa” nel 70% dei casi e quindi spesso i sintomi possono passare inosservati.
Secondo le stime, tuttavia, oltre 1,5 milioni di persone in Italia e circa il 3% della popolazione mondiale sono positive all’epatite C. Se la malattia non viene curata con il tempo può dare luogo a patologie gravi come la cirrosi o il cancro del fegato. Il contagio avviene attraverso il contatto con il sangue infetto e quindi i soggetti maggiormente a rischio sono le persone sottoposte a trasfusioni, emodialisi o interventi chirurgici, ma anche il personale sanitario, e tutti coloro che utilizzano in modo promiscuo oggetti taglienti, lamette, piercing, tatuaggi… oltre ai tossicodipendenti, e naturalmente al rischio di trasmissione (seppur minimo)madre-figlio.
Il rischio di trasmissione nel nostro Paese è comunque notevolmente diminuito negli ultimi decenni, grazie alle migliorate condizioni igieniche e socio-economiche e alle precauzioni universali introdotte, come ad esempio specifici esami ematologici o utilizzo di siringhe monouso. I principali fattori di rischio oggi sono gli interventi chirurgici, i trattamenti cosmetici non idoneamente eseguiti e l’uso di droghe per endovena.

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Scritto da

La Vera Cronaca, giornale online libero e indipendente

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