L’apertura della Partita IVA rappresenta un passo fondamentale per chiunque intenda avviare un’attività lavorativa in forma autonoma in Italia, sia essa professionale, commerciale o artigianale. Non è semplicemente un numero identificativo fiscale, ma un vero e proprio “biglietto d’ingresso” nel mondo del lavoro indipendente, con le sue regole, i suoi adempimenti e le sue opportunità.
Per questo, comprendere come funziona e quali passaggi affrontare è essenziale per iniziare con il piede giusto e gestire al meglio la propria attività.
In questo articolo parliamo di:
Cos’è la partita IVA e quando è obbligatoria
La partita IVA è un codice numerico di 11 cifre che identifica un soggetto fiscale che esercita un’attività di impresa, arte o professione in modo abituale e continuativo. È il riconoscimento formale da parte dell’Agenzia delle Entrate della propria posizione di lavoratore autonomo.
L’obbligo di aprire la partita IVA sorge quando un’attività viene svolta con i caratteri dell’abitualità e della professionalità. Questo significa che se si generano redditi autonomi in modo occasionale e sporadico, al di sotto di determinate soglie (generalmente considerate intorno ai 5.000 euro lordi annui per le prestazioni occasionali, anche se non esiste una soglia legale definita e il criterio principale resta l’abitualità), si può operare con la ritenuta d’acconto. Tuttavia, nel momento in cui l’attività diventa regolare, strutturata e finalizzata alla produzione di reddito in modo sistematico, l’apertura della partita IVA diventa un requisito imprescindibile per essere in regola con il fisco.
I passaggi per l’apertura della partita IVA
Aprire una Partita IVA non è un processo eccessivamente complesso, ma richiede attenzione ai dettagli e la compilazione di moduli specifici.
La scelta del codice ATECO
Il primo e forse più importante passo è l’identificazione del Codice ATECO (Attività Economica) che meglio descrive l’attività che si intende svolgere, fondamentale perché determina il settore, le relative classificazioni fiscali, previdenziali e, in alcuni casi, le licenze o le autorizzazioni necessarie. L’Agenzia delle Entrate fornisce tabelle dettagliate dei codici ATECO e una scelta errata potrebbe comportare problemi futuri, pertanto è consigliabile una ricerca accurata o l’assistenza di un commercialista.
Scelta del regime fiscale
Questa è un’altra decisione fondamentale che avrà un impatto significativo sulla tassazione e sugli adempimenti. I principali regimi fiscali sono sostanzialmente due.
Il regime forfettario è il sistema agevolato per eccellenza, pensato per le piccole attività. Prevede una tassazione sostitutiva molto bassa (5% per i primi 5 anni per le nuove attività, poi 15%) calcolata non sul reddito reale, ma su un coefficiente di redditività legato al codice ATECO. Ci sono limiti di ricavi (attualmente 85.000 euro annui), e altri requisiti specifici (ad esempio non avere spese per collaboratori o dipendenti superiori a 20.000 euro). Non applica l’IVA, né la ritenuta d’acconto, semplificando notevolmente la gestione.
Il regime ordinario (o semplificato per le piccole imprese) si applica quando non si rientra nei requisiti del forfettario o si preferisce la gestione ordinaria. Prevede la tassazione IRPEF (per le persone fisiche) o IRES (per le società) sul reddito effettivamente prodotto (ricavi meno costi deducibili), con aliquote progressive e l’IVA è applicabile e detraibile.
La comunicazione all’Agenzia delle Entrate
L’apertura della Partita IVA avviene presentando il Modello AA9/12 (per persone fisiche) o AA7/10 (per soggetti diversi dalle persone fisiche) all’Agenzia delle Entrate. Questa comunicazione può essere fatta in diversi modi, tra cui la più consigliata è telematicamente, tramite un intermediario abilitato (commercialista o CAF).
In alternativa si può procedere direttamente online, se si possiede SPID, CNS o CIE, accedendo ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate e compilando il modulo, o tramite PEC, inviando il suddetto modulo compilato e con firma digitale all’AdG
Infine, ci si può recare fisicamente presso un ufficio dell’Agenzia, anche se meno frequente oggi.
Iscrizione alla Camera di Commercio
Se l’attività rientra nel settore del commercio, dell’artigianato o dell’industria, è obbligatoria l’iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, che avviene tramite la Comunicazione Unica (ComUnica), che ingloba in un’unica pratica anche l’apertura della Partita IVA, l’iscrizione all’INPS e all’INAIL (se dovute).
Iscrizione all’INPS e all’INAIL
Tutti i lavoratori autonomi devono versare i contributi previdenziali per la propria pensione.
Per professionisti senza cassa previdenziale autonoma (come consulenti, copywriter, sviluppatori software) c’è la gestione separata. I contributi sono calcolati in percentuale sul reddito imponibile e non prevedono un minimale fisso.
Per chi svolge attività commerciale o artigianale è prevista la gestione commercianti e artigiani, con contributi minimi fissi annuali (indipendenti dal reddito fino a una certa soglia) e contributi percentuali sul reddito eccedente il minimale.
L’iscrizione all’INAIL è invece obbligatoria solo per determinate categorie di lavoratori autonomi che svolgono attività considerate a rischio, come gli artigiani.
Gli adempimenti e gli obblighi della partita IVA
Una volta aperta la Partita IVA, il lavoratore autonomo si trova ad affrontare una serie di adempimenti e obblighi fiscali e amministrativi.
In primis, la fatturazione, con ogni prestazione di servizio o vendita di bene deve essere documentata da una fattura. In base al regime fiscale, la fattura avrà caratteristiche diverse (con o senza IVA, con o senza ritenuta d’acconto). Dal 2019, la fatturazione elettronica è obbligatoria per quasi tutte le operazioni tra operatori economici e verso la Pubblica Amministrazione.
Anche se in forma semplificata per i regimi minori, è obbligatorio tenere traccia delle entrate e delle uscite. Per il forfettario, la contabilità è minima, basata solo sui ricavi. Per il regime ordinario/semplificato, la contabilità è più complessa e richiede la registrazione dettagliata di tutti i costi e ricavi.
Per chi è in regime ordinario/semplificato, l’IVA deve essere calcolata e versata periodicamente (mensilmente o trimestralmente), al netto dell’IVA sugli acquisti.
Annualmente, è inoltre obbligatorio presentare la Dichiarazione dei Redditi, dove si comunicano all’Agenzia delle Entrate i ricavi, i costi (se regime ordinario), e si calcolano le imposte dovute.
Quest’ultime (imposta sostitutiva per il forfettario, IRPEF/IRES per l’ordinario) e i contributi previdenziali devono essere versati entro le scadenze stabilite, spesso in acconto e saldo.
Infine, tutte le fatture emesse e ricevute, così come la documentazione contabile, devono essere conservate secondo le normative vigenti.
Vantaggi e svantaggi della partita IVA
Intraprendere la strada della partita IVA significa affacciarsi a un mondo ricco di opportunità ma anche di sfide.
Tra i vantaggi principali, spicca senza dubbio l’autonomia, con i lavoratori che hanno la libertà di organizzare il proprio lavoro, decidere orari e progetti, e avere un controllo diretto sulla propria attività. Una evidenza che si traduce in una maggiore flessibilità, consentendo di lavorare per più clienti e diversificare così le fonti di reddito.
Non meno importante è il potenziale di guadagno, poiché non esistono i limiti imposti da un contratto di lavoro dipendente, e il proprio successo è direttamente legato all’impegno e alla capacità. Per le nuove attività, inoltre, esistono spesso benefici fiscali, come nel caso del succitato regime forfettario, che offre la possibilità di accedere a una tassazione notevolmente ridotta.
Infine, la partita IVA è un percorso di crescita professionale che permette di costruire il proprio brand, la propria reputazione e di sviluppare competenze uniche nel proprio settore.
D’altra parte, il lavoro autonomo presenta anche degli svantaggi rilevanti. La gestione fiscale e previdenziale è decisamente più complessa rispetto al lavoro dipendente, e spesso richiede il supporto di un commercialista, con i relativi costi.
Un altro aspetto critico è la mancanza di tutele tipiche del lavoro subordinato: non si hanno ferie pagate, TFR (Trattamento di Fine Rapporto), indennità di malattia o disoccupazione (salvo specifiche e limitate coperture previste per alcune gestioni INPS).
L’incertezza del reddito è un’altra variabile da considerare, poiché il guadagno può essere variabile e non garantito mensilmente, comportando anche maggiori responsabilità legali e fiscali rispetto al lavoro dipendente.
Infine, c’è l’onere della gestione amministrativa, dovendo dedicare tempo alla burocrazia, alla fatturazione e agli adempimenti, attività che sottraggono ore preziose al lavoro effettivo.