I Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) rappresentano, da decenni, uno degli strumenti finanziari più noti e diffusi nel portafoglio dei risparmiatori italiani. Essi sono una categoria specifica di Titoli di Stato, cioè obbligazioni emesse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze attraverso il Dipartimento del Tesoro.
L’obiettivo principale di tali emissioni è finanziare il debito pubblico dello Stato, oltre a coprire le esigenze di liquidità a breve termine necessarie per la gestione della cassa. La loro popolarità tra il pubblico è radicata nella percezione di elevata sicurezza e nella loro semplicità strutturale, che li rende accessibili anche agli investitori meno esperti.
In questo articolo parliamo di:
Caratteristiche dei BOT
I Buoni Ordinari del Tesoro si distinguono nettamente dalle altre tipologie di Titoli di Stato, come i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali), per la loro breve durata. La loro scadenza è infatti limitata, non superando mai i dodici mesi, con emissioni standard a 3, 6 o 12 mesi. Possono esistere anche i cosiddetti BOT flessibili, con durate variabili ma comunque inferiori all’anno, emessi in base alle esigenze specifiche di cassa del Tesoro.
Dal punto di vista della remunerazione, i BOT sono classificati come titoli zero coupon, ovvero titoli che non prevedono il pagamento periodico di cedole (interessi) durante la loro vita. Il rendimento per l’investitore è generato interamente dallo scarto di emissione, dato dalla differenza tra il valore nominale (o prezzo di rimborso, che è sempre pari a 100) e il prezzo di emissione (o prezzo di acquisto), che è sempre inferiore al valore nominale.
In sostanza, l’investitore acquista il BOT a un prezzo scontato rispetto al valore di rimborso che riceverà alla scadenza. Ad esempio, se un BOT da 1.000 euro viene acquistato a 998 euro, il guadagno lordo sarà di 2 euro alla scadenza.
Il meccanismo di collocamento: le aste
L’emissione dei BOT avviene regolarmente attraverso un meccanismo di asta competitiva sul rendimento, gestito dalla Banca d’Italia per conto del Tesoro.
Le aste dei BOT con scadenze a 6 e 12 mesi seguono un calendario fisso, generalmente tenendosi rispettivamente a fine e a metà di ogni mese, mentre le emissioni a 3 mesi e quelle flessibili sono più variabili.
Come partecipare alle aste dei BOT
Gli investitori privati non possono partecipare direttamente all’asta. Per acquistare i BOT sul mercato primario (al momento dell’emissione) è necessario rivolgersi a un intermediario finanziario autorizzato come una banca o una società di intermediazione mobiliare (SIM), presentando la propria offerta.
Nelle aste, le offerte degli operatori non sono espresse in termini di prezzo, bensì in termini di rendimento richiesto, in linea con la prassi del mercato monetario dell’area euro. Il taglio minimo acquistabile è fissato a 1.000 euro e i multipli di tale cifra.
Per chi volesse investire in BOT dopo l’emissione, è possibile acquistarli anche sul mercato secondario (ad esempio il Mercato Telematico dei titoli di Stato o MOT di Borsa Italiana). In questo caso, il prezzo di acquisto è determinato dalla domanda e dall’offerta, non dal meccanismo d’asta.
I vantaggi dei BOT
L’attrattiva principale dei BOT risiede nella loro intrinseca sicurezza. Essendo titoli di debito emessi dallo Stato italiano, il loro rimborso è garantito dalla Repubblica Italiana.
Nonostante ogni investimento comporti un rischio emittente (il cosiddetto rischio Paese), i titoli di Stato italiani sono storicamente considerati un investimento a basso rischio, specialmente quelli a breve termine come i BOT, la cui breve durata minimizza l’esposizione alle fluttuazioni dei tassi di interesse e alla volatilità del mercato.
La brevità della scadenza è un altro elemento chiave, che li rende strumenti altamente liquidi e ideali per la gestione della liquidità a breve termine. L’investitore sa che potrà rientrare in possesso del capitale in un arco temporale massimo di un anno.
Un importante elemento a favore per i risparmiatori italiani è il regime fiscale agevolato. I redditi derivanti dai BOT, così come quelli di tutti i Titoli di Stato, beneficiano di una aliquota fiscale del 12,5% sul capital gain (lo scarto di emissione), significativamente inferiore all’aliquota ordinaria del 26% applicata alla maggior parte degli altri strumenti finanziari, come le azioni o i fondi.
Rendimento e costi
Nonostante i numerosi vantaggi, l’investimento in BOT non è esente da considerazioni critiche. Il rovescio della medaglia della sicurezza e della breve durata è un rendimento generalmente inferiore rispetto ai titoli a medio-lungo termine (come i BTP) o ad altri strumenti finanziari con profilo di rischio maggiore (come le azioni).
Inoltre, il rendimento effettivo dell’investimento è sempre ridotto dai costi operativi e dalla tassazione. All’acquisto tramite asta o mercato secondario si applicano le commissioni dell’intermediario, il cui ammontare massimo è stabilito per legge e varia in base alla vita residua del titolo. A questi si aggiungono le spese per l’apertura e la gestione del conto titoli e, in alcuni casi, le commissioni per l’esecuzione degli ordini.
L’impatto di questi costi, pur essendo percentualmente basso, può erodere in modo significativo il rendimento netto, soprattutto in contesti di bassi tassi di interesse. La formula per calcolare il rendimento netto deve sempre considerare: il guadagno lordo dato dallo scarto di emissione, l’imposta del 12,5% su tale guadagno, e la sottrazione di tutte le commissioni bancarie e le spese di gestione.
I BOT nel portafoglio investimenti
Nella strategia di investimento, i Buoni Ordinari del Tesoro assolvono principalmente la funzione di strumento di parcheggio della liquidità e di riserva di valore a breve termine. Non sono l’opzione ideale per chi cerca una crescita significativa del capitale nel lungo periodo, ma sono perfetti per chi necessita di mantenere il capitale disponibile con un rischio minimo, magari in attesa di opportunità di investimento più vantaggiose.
Per la loro stabilità e liquidità, i BOT sono un pilastro per la diversificazione di portafogli più complessi, offrendo un contrappeso alle fluttuazioni di asset più volatili.
In un contesto economico caratterizzato da elevata inflazione, il loro rendimento reale (al netto dell’inflazione) può risultare ridotto, ma la loro intrinseca sicurezza continua a renderli la scelta preferita per quella fascia di risparmiatori che predilige la protezione del capitale alla ricerca di rendimenti elevati, incarnando la tradizionale prudenza del risparmiatore italiano.