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Italia: tutti in piazza a protestare

Alessio, chiamiamolo così, è un giovane studente universitario. A lui del trasferimento dei beni demaniali dallo Stato agli atenei importa ben poco. Vorrebbe solo laurearsi e diventare ricercatore. Ma come tanti altri studenti, Alessio in questi giorni all’università non ci sta mettendo piede.
È in piazza, da mattino a sera, a protestare contro la riforma Gelmini, colpevole, a suo avviso, di ridurre a zero il valore della rappresentanza studentesca e di tirare un po’ troppo la cinghia dei ricercatori. Non è giusto, pensa, che per valorizzare la mia ricerca io debba emigrare in qualche città sperduta della valle del Reno.
Suo padre ha idee diverse, ma non lo critica. Lo osserva e ritorna col pensiero a tanti anni fa, quando lui, che all’epoca non aveva i soldi per pagarsi la retta, scendeva per strada reclamando il diritto allo studio per tutti, anche per i non abbienti. 1968.
Una vita fa. Quell’anno il campionato di calcio lo avrebbe vinto il Milan di Rivera e Trapattoni. Oggi il Milan è ancora primo in classifica e Federico, chiamiamolo così, il Milan se lo sogna tutti i giorni.

 

Conflitto di generazioni:

Federico è un calciatore di serie A, che si è infortunato e si è voluto curare da un medico di proprio gradimento, e per questo ha litigato con il presidente, che lo ha messo in vendita. Federico ha rifiutato di firmare per un’altra squadra di serie A che lo aveva cercato. ‘Troppo brutta quella città’, aveva detto al presidente, ‘io voglio restare qui’, e da allora si allena con un gruppo di ragazzini di diciotto anni, ai margini della prima squadra.
Tutti i giorni gli sembrano uguali, adesso. Guida il suo Cayenne fino al campo di allenamenti e ripensa all’ultima conquista, una valletta tv, neanche ricorda quale sia il canale, sono tutte uguali ormai. Ma nonostante tutto, Federico è triste. Ripensa alle parole di suo padre, che alla sua età, nel 1968, li guadagnava in due mesi i tremila euro che Federico porta a casa ogni giorno. E ripensa alle battaglie che combatteva, suo padre, un operaio, per ottenere un aumento di salario. Glielo diceva sempre: “Non era solo per il grano, era una battaglia per i nostri diritti”. E così si decide.
Chiama altri calciatori, li convince. Vuole organizzare uno sciopero. Si, esatto, proprio uno sciopero, come fanno quei ragazzi che adesso occupano le università e invadono le piazze. E poco importa se ai tempi di suo padre si parlava di primavera di Praga e adesso l’unica Praga di primavera che interessa è quella dello Sparta, finale di Coppa Uefa, a maggio. Si tratta di diritti, e la gente farà bene a capirlo, una volta per tutte.

Pubblicato in Archivio Notizie

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Scrittore tagliente ed ironico; avvocato e romanziere.

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