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Legge sulle Lobby: la politica non sa decidere

Ancora una volta il governo Letta traccheggia. Questa volta si tratta del provvedimento sulle lobby. Il busillis sta sul fatto se si deve esercitare il controllo oppure no. Il tetto di 150€ per le elargizioni liberali è ritenuto basso. Istituita una commissione che analizzi cosa fanno gli altri in Europa. Ne è stata fatta una analoga per i costi della politica. Fu un fiasco.
Quando in ambito politico si devono prendere provvedimenti che portino chiarezza e trasparenza in qualche zona grigia del comportamento pubblico si scopre che «la materia è molto delicata».
È molto delicata la materia del finanziamento della politica, è molto delicata la materia della remunerazione dei parlamentari, è molto delicata la materia «sulla regolamentazione dei gruppi di pressione». Che poi sarebbero le famose lobby.
Ovviamente Enrico Letta e i suoi ministri non sfuggono alla regola: legiferare sulle lobby è materia delicata. «Bella forza – direbbe uno che vien dalla campagna – si parla di soldi e i soldi, si sa, sono materia delicata. Più per chi li ha che per chi non li ha» 
E, giusto per dare una mano, sempre a quell’unico che vien dalla campagna, le lobby sono quelle organizzazioni (possono essere sia associazioni di categoria, come i produttori di armi negli Usa, ma anche aziende private che operano conto terzi, come le agenzie di pubbliche relazioni giusto per fare due esempi) che tampinano i legislatori (leggasi politici) affinché prendano decisioni a loro favorevoli.

 

L’attività del lobbista: cos’è una lobby

Il verbo “tampinare” forse non è il più ortodosso e magari neppure il più politicamente corretto ma rende bene l’idea. Quando si parla di trasparenza meglio essere chiari, per l’appunto, e magari anche un tantinello rudi piuttosto che, come si usa dire, «girarci attorno» che a questo già ci pensano Enrico Letta, i suo ministri e tutti i politici in genere.
L’attività del lobbista, che detto per inciso è un lavoro come un altro, ricopre un ruolo assai rilevante nel processo decisionale e consiste nel presentare le tematiche, opportunità e problemi, del mercato di riferimento affinché questo sia reso più profittevole o perché si riducono gli obblighi o perché si aumentano le possibilità di generare business.
Naturalmente, come in ogni relazione umana, le sole nude cifre ed il rigido razionalismo cartesiano non bastano, di norma sono entrambi assai noiosi, è quindi necessario che si crei empatia, feeling dicono quelli che hanno studiato, tra gli interlocutori.
Quindi il lobbista, oltre che preparato sulla sua materia, deve saper instaurare relazioni ed avere buoni rapporti. Tra gli strumenti utilizzabili sono previste anche le cosiddette elargizioni: biglietti per il teatro o per lo stadio o magari la classica penna stilografica. In questo campo comunque la fantasia del lobbista si può scatenare.
Quindi visto che ci sono in ballo anche biglietti per il teatro e penne stilografiche e soprattutto che forse, forse, in passato qualche piccolo, piccolo, abuso c’è stato e che i tempi e i cittadini richiedono un tantino più di trasparenza ecco la buona intenzione del governo di legiferare in materia e definire delle regole. In via del tutto teorica la questione dovrebbe essere delicata sì ma non molto complicata. Magari un po’ di buon senso aiuterebbe.

 

Il disegno di legge sulle lobby:

E infatti all’ultimo consiglio dei ministri si sono presentate ben due bozze di ddl a testimonianza di quanto sia sentito il problema e, immediatamente, si sono formati due fronti, la classica storia del guelfi e ghibellini. Tanto in Italia ci si è abituati.
C’è chi è più rigorista e chi lo è meno. C’è chi vuole un semplice «elenco» dei lobbisti e chi vuole che si formi un «albo», chi prevede l’obbligo d’ascolto da parte della amministrazione e chi invece no, chi prevede che se si rigetta un suggerimento questo vada motivato e chi no.
Poi c’è chi vorrebbe che a fine anno il ministro e tutti i suoi rilasciassero una sorta di lista dei lobbisti con cui si è venuti in contatto. E questo è un punto cruciale per almeno tre dei ministri in carica: Emma Bonino, Angelino Alfano e Flavio Zanonato. Strano che una radicale e un Pd abbiano di questi problemi. La trasparenza dovrebbe essere il loro pane e companatico.
In particolare pare che il ministro Zanonato si sia scatenato parlando addirittura di «scatola nera da mettere sulla schiena dei ministri così ci registrate tutti i movimenti.» Che in realtà la risposta all’obiezione del ministro ex sindaco di Padova sta nel chiedergli «perché no?»
Infatti non si capisce cosa ci sia da nascondere o quale segreto si disveli se, a fine anno cioè a cose già avvenute, il ministro Zanonato scrive di aver incontrato il tal lobbista o il talaltro. Forse, lui cattolico, ha mal interpretato il senso della frase evangelica «non sappia la mano destra quello che fa la sinistra.» Non era un invito né alla dissociazione né all’occultamento ma semplicemente alla modestia.
Altro punto su cui, anche se non palesemente, pare si sia rilevato qualche malumore è stato quello relativo alle elargizioni a cui si propone di porre il tetto di 150€. Troppo basso sostiene qualcuno. Già, peerché quell’importo è l’equivalente di un paio di biglietti del teatro o della tribuna dello stadio o anche di una penna stilografica di medio pregio. Che anche qui viene spontanea la domanda: «ma perché ci devono essere delle regalie? Dove sta scritto?»
Che poi la dizione «elargizione liberale» si presta a maliziose e innocenti interpretazioni. Che tanto più sono maliziose quanto più sono innocenti. Ma chissà che cosa frulla nella testa dei politici quando sono al lavoro.

A decidere sarà una commissione:

Per risolvere la questione Enrico Letta noto per il suo irruente decisionismo ha deciso che nell’immediato è meglio non decidere e quindi, come nella migliore delle tradizioni, ha demandato il tutto all’analisi esplorativa di una commissione.
Incaricato della stessa è il ministro per le Politiche europee Enzo Moavero, che avrà il compito di «capire che tipo di normativa introdurre in una logica di coerenza con gli altri Paesi europei.» Il fatto è che questa assomiglia stranamente ad un’altra commissione che aveva come scopo capire quali erano gli stipendi dei parlamentari d’Europa.
L’obiettivo era quello di creare uniformità tra gli stipendi italici e la media del continente. Quella commissione lavorò alacremente per mesi per giungere alla conclusione che non era giunta a capo di nulla. Tipico. Chissà se la commissione di Ezio Moavero, che discende da Ferdinando Bocconi fondatore dell’università omonima, saprà arrivare a qualche conclusione. Per ora il problema, guarda caso, è rimandato. Poi, si vedrà.

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Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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