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Calo dei consumi di benzina:
La benzina ha mostrato un calo pari allo 20,3% (-142.000 tonnellate) rispetto a febbraio 2011, il gasolio autotrazione del 15% (-302.000 tonnellate). Su questo calo ha influito anche la parentesi di maltempo eccezionale che si è abbattuta sulla nostra penisola nei mesi di febbraio con giorni di nevicate come non si vedevano da tempo.
Tuttavia la causa maggiore di questa diminuzione dei consumi è da attribuirsi alla forte crisi in atto ed al contemporaneo aumento dei prezzi dei carburanti che stanno raggiungendo picchi mai toccati in precedenza: si parla di massimi storici per il nostro paese, e non sembra essere una esagerazione.
Nel 2008 la media annua del gasolio era di 1,3644 al litro, con picchi massimi pari a 1,5480 e minimi di 1,0990: sembra passata un’eternità a guardare il prezzo attuale del gasolio che si aggira attualmente (distributori Eni) sugli 1,769 euro al litro.
La verde viaggia su cifre mediamente di 10 centesimi di euro più alte, con picchi estremi che arrivano a sfiorare i 2 euro al litro (in alcuni casi questa soglia viene anche superata, come è stato riscontrato di recente su un distributore sulla A14 nei pressi di Ancona). Secondo la Commissione europea (rilevazione dei prezzi dei carburanti al 20 febbraio scorso) l’Italia è il paese Ue dove il prezzo medio della benzina alla pompa è il più alto d’Europa.
Perchè la benzina costa così tanto?
Come si arriva a prezzi così alti e come è composto il prezzo della benzina? Ormai è storia nota: Scomponendo il prezzo alla pompa solo una percentuale minoritario, riconducibile all’incirca al 35% del prezzo totale, è riconducibile al prezzo internazionale del carburante: per una componente pari quasi al 60% pesa la tassazione, ovvero Iva e accise (ed in questo pesano anche le nuove accise aggiunte nel corso del 2011 che sono state pari a circa 20 centesimi sulla benzina e a 23 centesimi sul gasolio).
L’elenco completo delle accise sulla benzina dal 1935 è storia piuttosto nota e comprende le seguenti voci:
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1,90 lire (0,00103 euro) per il finanziamento della guerra d’Etiopia – 1935-1936;
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14 lire (0,00723 euro) per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;
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10 lire (0,00516 euro) per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963;
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10 lire (0,00516 euro) per il finanziamento dell’Alluvione di Firenze del 1966;
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10 lire (0,00516 euro) per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968;
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99 lire (0,0511 euro) per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976;
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75 lire (0,0387 euro) per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980;
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205 lire (0,106 euro) per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;
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22 lire (0,0114 euro) per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
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0,02 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
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0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
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da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011;
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0,04 euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011;
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0,0089 euro per far fronte all’alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
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0,082 euro per il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011.
Ciò che resta al netto di tasse e materia prima è attestabile intorno al 7-8%, una percentuale con la quale si dovrebbe remunerare la filiera distributiva, gestore compreso, ed entro la quale sarebbe quindi limitato lo spazio di intervento delle aziende ridotto quindi a pochi centesimi.
Tasse ma non solo:
Colpa soprattutto delle tasse quindi, ma anche di un settore restio a cambiamenti: i governi non sono mai stati in grado di effettuare migliorie sostanziali; i gestori lamentano margini bassi e che il prezzo alto non dipende da loro; le compagnie petrolifere fanno orecchie da mercante; il numero di distributori continua ad essere troppo alto (24 mila circa) mentre troppo basso è ancora quello degli impianti low cost presso i grandi centri commerciali e supermercati.
Intanto, come dicevamo in apertura, l’ aumento incontrollato dei prezzi dei carburanti ha portato anche ad una inversione di tendenza nelle abitudini degli italiani: veri e proprio cultori del’uso dell’automobile infatti, ci stiamo ora convertendo all’uso dei mezzi pubblici. Nelle grandi città il numero di biglietti e di abbonamenti è cresciuto del 30%, e si tratta soprattutto di abbonamenti mensili o annuali: non una cosa passeggera quindi, ma ponderata e orientata nel tempo. Così come aumentano sempre più i numeri relativi al car sharing o all’utilizzo della bicicletta anche nelle grandi città.
Tutti questi fenomeni, oltre a segnare un imponente cambio di abitudini, potrebbe essere anche la più grande forma di protesta pacifica da parte dei consumatori: contro la crisi lasciare l’auto parcheggiata in garage. Almeno fino a quando la benzina continuerà a costare quasi 2 euro al litro.