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Edilizia: è crisi del settore

La situazione del settore dell’edilizia nel nostro paese è piuttosto preoccupante; secondo dati recenti risulta essere, all’interno della filiera produttiva, tra i più colpiti dalla crisi con una contrazione del fatturato per quel che riguarda il 2010 di circa il 7%, 18% in meno d’investimenti nell’anno 2009 con 29 miliardi di mancata produzione, – 30% di nuova edilizia abitativa, – 23% di edilizia non residenziale privata, – 16% di lavori pubblici ed oltre 2.000 imprese fallite.
A fare da eco a questi dati vi è anche la situazione dei lavoratori che, di riflesso, ha subìto un colpo tra i più duri degli ultimi anni.  La crisi del settore giunge come una mannaia dopo un periodo di vero e proprio boom che è durato all’incirca 15 anni e va a colpire un campo molto ampio caratterizzato da diversi settori; il grosso della crisi lo sta passando l’edilizia legata alle opere da realizzare, tanto quelle piccole, riferite agli enti locali e bloccate dal vincolo del patto di stabilità; quanto quelle grandi, vale a dire quelle inserite nel piano infrastrutturale.

Come si è arrivati alla crisi dell’edilizia:

Ma come si è arrivati a questo crollo verticale? Alla base di tutto vi sono, tenendo naturalmente in debita considerazione la crisi globale che ha inferto negli ultimi anni duri colpi all’economia mondiale, assenza di investimenti e risorse, fondi bloccati, lavori per infrastrutture fermi al palo, mancanza di regole per quanto concerne il mercato del lavoro di questo settore ed altri aspetti direttamente collegati a tali problematiche.
In che modo possa conciliarsi questa crisi del settore con un aspetto tipico della nostra società, vale a dire l’edificazione selvaggia cui si assiste da anni, è presto detto e facilmente intuibile; come premessa, occorre tener conto del fatto che il settore è caratterizzato per il 90 % da piccole o piccolissime imprese, in alcuni casi con soli 2 o 3 dipendenti e che di conseguenza la piccola impresa nel momento di crisi è maggiormente esposta al rischio chiusura.
Un altro aspetto di assoluto rilievo è dato dall’ illegalità che caratterizza il settore edilizio con una forte presenza di interessi illeciti ad iniziare dalla malavita organizzata; vicende come Expo di Milano, G8 della Maddalena, e L’Aquila ne sono l’esempio più lampante ed a ciò va necessariamente aggiunto il fatto che sempre più imprese utilizzano lavoro irregolare malpagato e di bassa qualità. Da tutto questo ne deriva un quadro piuttosto fosco caratterizzato da un mercato selvaggio dove possono aver la meglio le economie criminali illegali che utilizzano lavoro nero, materiali non di qualità, aziende controllate o colluse con affari sporche.
Il settore andrebbe necessariamente regolamentato, a confermarcelo è anche la Fillea (Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, dell’ Edilizia, ed Affini) nella persona di Barbara Cannata, Responsabile Comunicazione: “È un panorama nel quale servirebbero più regole per rendere il mercato più trasparente e rafforzare le imprese sane; sull’altro versante ci sarebbe bisogno di sbloccare i fondi per dare ossigeno ad un settore che è sempre fatto da traino nei momenti di crisi economica per la ripresa.”

Una crisi esplosa negli ultimi anni:

La Fillea ci conferma quindi la crisi cui il settore si dimena negli ultimi tempi:nel primo anno di crisi globale, vale a dire il 2008, l’edilizia ha retto ma l’esplosione c’ è stata dopo ed è stata impetuosa. La crisi durerà probabilmente di più degli altri settori; per il 2010 le previsioni sono pessime, peggioramento di continuo, solo nella seconda metà 2011 ci sarà una flebile ripresa.Vi è una grande quantità di invenduto; piccoli lavori di enti locali bloccati, grandi infrastrutture ferme o che proseguono a rilento. C’ è poi il problema dei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche, che soprattutto per piccole e medie imprese rappresenta un rubinetto; la maggior parte delle associazioni costruttori si lamentano dei ritardi.
Da questa fotografia si delineano meglio i contorni di una crisi dagli effetti deleteri; tra l’altro, come detto in precedenza, le problematiche si riversano per effetto domino anche sul mondo del lavoro: basti pensare che nel 2009 sono stati 137.000 i posti di lavoro persi.
È un sistema pieno di buchi neri nati dall’assenza di regole e controlli dove alla fine è penalizzata l’impresa sana ed il lavoratore, i 2 soggetti che pagano di più. Sul fronte lavoro in edilizia vi è un problema specifico, quello legato alle forme di protezione lavoratori ad iniziare dagli ammortizzatori sociali; l’edilizia è l’unico settore dell’industria in cui c’è una cassa integrazione molto ridotta, e poi c’ è indennità di disoccupazione che è la metà dell’industria; questo vuol dire che il lavoratore del cantiere edile, che non è dipendente a tempo indeterminato, nel momento in cui ci sono difficoltà nel lavoro ha tutele minori.

Tagli al personale e lavoro in nero: si assumono solo stranieri

Il quadro dipinge esattamente quello che sta accadendo in questo momento; aggiungiamoci il fatto che, in periodi di crisi, le imprese cercano di tagliare e fare cassa soprattutto diminuendo il costo del lavoro, e questo porta a fenomeni quali lavoro in nero, sfruttato, sottopagato.
Le stime Fillea in merito sono allarmanti: 300.000 i lavoratori irregolari, soprattutto migranti, in gran parte nelle mani di caporali. La crisi ha moltiplicato i mercati delle braccia, dove il costo di una giornata di lavoro è sceso a 25 euro. Secondo le stime Istat, il 17% della manodopera delle costruzioni è straniera e la deriva intrapresa dalle imprese edili è proprio quella di non assumere più italiani ma stranieri.
Sul versante lavoro servirebbero maggiori controlli e sanzioni per chi non è in regola – prosegue Barbara Cannata della Fillea – I lavoratori migranti sono ricattati,devono accettare contratti a perdere per non giocarsi il permesso di soggiorno.”
Uscire da questa situazione di illegalità non è semplice, servirebbe una maggior etica e più regolamentazione del settore in modo da far emergere le mele marce. In sostanza, pensare anche al ‘come’ si costruisce, alla qualità, mettendo al centro il tema della sostenibilità.
Perché spendere per opere quali ad esempio il Ponte sullo Stretto, di cui non sente l’esigenza nè il paese nè i territori di Sicilia e Calabria, invece di fare un piano di manutenzione di tutto il patrimonio? Invece di costruire nuove cose, iniziamo a fare un piano di manutenzione straordinaria di quello che già esiste, anche per evitare che accadano tragedie come quelle che purtroppo si sono verificate.
Anni fa abbiamo denunciato la situazione del patrimonio dell’ edilizia scolastica; il governo ha investito alcuni soldi che basteranno però solamente per il 20% dell’ edilizia che ha bisogno di interventi.
Questo vuol dire che si dovrà operare una scelta tra i tanti edifici fatiscenti; e lo stesso dicasi anche per tutto il patrimonio abitativo e pubblico. Il governo ha promesso molte cose ma non ha fatto molto, a cominciare dai tavoli con le parti sociali; è da tempo che se ne parla ma non siamo stati ancora convocati.

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Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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