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Stepchild adoption: tutto quello che c’è da sapere

Si sta parlando ultimamente di adozioni gay e della questione relativa alle unioni civili, che il Ddl Cirinnà vorrebbe concedere anche alle coppie omosessuali.
Si tratta di un argomento particolarmente ostico in Italia, in cui si dibatte da anni di dar vita ad un provvedimento simile ma la questione è stata sempre rinviata.
Con la proposta della senatrice del PD Monica Cirinnà, questo argomento è tornato in auge ed ora il disegno di legge è passato in Senato dove riceverà le votazioni segrete.
Sempre nell’ambito del Ddl Cirinnà, c’è la questione relativa alle stepchild adoption che costituisce un’altra spinosa vicenda all’interno delle unioni civili. La stepchild adoption, espressione inglese che indica “l’adozione del figliastro”, si definisce come quell’istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal convivente del proprio genitore biologico.

Stepchild adoption in Italia:

Come si può facilmente intuire, questa situazione è una conseguenza della rottura di un vincolo precedente da parte dell’adottante, vuoi per morte del coniuge o per separazione.
In poche parole l’adottante si porta uno dei figli proveniente dalla relazione precedente formando una famiglia ricostituita con il nuovo partner, previa autorizzazione giuridica secondo la legge in vigore.
Ciò è consentito in Italia con un’apposita legge del 1983, mentre ci sono 21 Paesi in tutto il Mondo in cui tale tipo di adozione è consentita anche alle coppie gay, tra cui c’è il Regno Unito, la Francia, gli Stati Uniti e la Spagna.

Ddl Cirinnà: cosa cambierebbe per le stepchild adoption

In Italia, come già anticipato, questo tipo di adozione non è prevista per le coppie dello stesso sesso e la situazione si può accostare a quella che vige già in Germania.
Nel 2007 è stata apportata una modifica alla norma che apre a queste adozioni anche alle coppie non sposate. Nei 23 articoli del Ddl Cirinnà, rientra anche la questione delle stepchild adoption, che appunto costituisce un altro riconoscimento di diritti alle coppie gay e agli omosessuali in generale.
Sarà questa la volta buona per apportare un’altra sostanziale modifica alla legge vigente in Italia? Niente è ancora certo e le opposizioni sono forti, con tanto di movimenti e proteste di piazza e partiti come la Lega che si sono schierati apertamente contro.

Laicità dello Stato: quanto pesa ancora la Chiesa nelle decisioni?

A pensarci bene, siamo di fronte ad una questione apparentemente superflua, ma che in realtà coinvolge diversi aspetti, non solo etici, della società italiana.
Prima di tutto torna con questa discussione anche il problema della laicità dello Stato, questione anche questa mai del tutto chiarita ed approfondita dai tempi del Concordato di Villa Madama del 1984.
Questo perché, chiaramente, il voto e l’opinione di Chiesa e credenti sono importanti nella questione e, dato il contenuto della dottrina Cattolica, essi non possono che essere contrari alle adozioni gay.
Ma, cosa più importante, emergono delle falle nella legislazione in quanto le situazioni reali spesso richiedono provvedimenti straordinari, o magari non conformi perfettamente a ciò che dice la Legge

Orientamento sessuale di chi adotta e decisione dei tribunali

Nel 2014 c’è stato un evento molto importante in merito alle stepchild adoption: il Tribunale di Roma ha riconosciuto praticamente la prima adozione omosessuale, anche se apparentemente in contrasto con la legge, permettendo ad una donna di adottare la figlia biologica della compagna.
In occasione di quella sentenza, il Tribunale per i minorenni di Roma ha anche specificato che l’orientamento sessuale dell’adottante non può costituire un ostacolo all’adozione quando questa si ritiene necessaria per il futuro dell’adottato.
In effetti il provvedimento è in linea con l’articolo 44 della legge 1983 sulla questione, che contempla questo tipo di adozione se “nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere con il genitore quel rapporto di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo“.
Detto in parole povere: se l’adottato ha una certa convivenza con i nuovi genitori già positiva, è opportuno riconoscere la situazione anche a livello formale, in Tribunale.

Surrogazione di maternità e Utero in affitto:

Il problema è più complicato di quanto può sembrare, da far perdere la testa a numerosi esponenti di primo piano della politica e della magistratura. In effetti ci sono situazioni estreme in cui questo tipo di adozione si rende necessaria.
Come nel caso in cui il genitore biologico perda la vita da single. In quel caso con la legge attuale il ragazzo sarebbe orfano. Dall’altro lato si potrebbe presentare un problema diverso che ha caratteri simili ed in cui l’Italia risulta sempre più conservatrice rispetto ad altri Paesi.
Si tratta della cosiddetta surrogazione di maternità, chiamata in tono critico “Utero in affitto”. Consiste nella gestazione e nel parto per conto di terzi da parte di una donna esterna alla coppia, effettuata quando la coppia stessa è impossibilitata ad avere un bambino.
Questa pratica, che in Italia è vietata, è collegata alla questione delle stepchild adoption, in quanto un’apertura alle adozioni gay potrebbe generare una sorta di compravendita internazionale di bambini da Paesi in cui la pratica è consentita.

Come modificare la norma?

Come spesso accade, la soluzione potrebbe essere una mediazione tra i diritti richiesti dalle coppie gay e la linea conservatore che prevede il no alla riforma.
La legge si interpreta tramite la giurisprudenza, che consiste appunto nell’interpretazione delle leggi in base ai singoli casi e ai precedenti. Come ha dimostrato il caso del 2014 o tanti altri casi in cui la legge avrebbe potuto arrecare danni agli interessi dell’adottato, è sempre nel concreto che si deve valutare come agire, e soprattutto in questo campo il lavoro di interpretazione è fondamentale.
Oltre a ciò, si rende quanto meno necessario una revisione della legge del 1983, in cui sono emerse imprecisioni e contraddizioni sull’estensione delle stepchild adoption.
Un aiuto può arrivare dai sistemi adottati dagli altri Paesi europei, che come abbiamo visto in precedenza sono già avanti su tale questione. In Europa c’è invece la Corte dei diritti dell’uomo che potrebbe dare indicazioni sulla strada da seguire in base al sistema vigente in Italia.

Pubblicato in Focus

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